PER MOTIVI DI GIUSTIZIA. CONTRO IL CAPORALATO SERVE LA BUONA POLITICA

Sarà presentato oggi, 15 luglio, ad Aprilia il volume di Marco Omizzolo in un incontro promosso da Tempi Moderni e Reti di Giustizia con il supporto di CSV Lazio

«L’individualismo su cui si fonda l’attuale modello di economia rende difficile la costruzione di legami tra le persone e in particolare con gli immigrati e lascia il precariato nella sua invisibilità persistente. Esiste un antidoto? Esistono una speranza e un percorso collettivo. Senza alcun dubbio. In circa vent’anni di lavoro sul campo, di impegno accanto agli ultimi, ai dannati di questa Terra, delle nostre campagne, ai reietti e sfruttati dal capitale, ho visto quella speranza coltivata e custodita con un coraggio e una capacità di lotta ed elaborazione che mi hanno lasciato senza fiato e spinto a continuare, ogni giorno, la battaglia e l’analisi». Lo scrive Marco Omizzolo, sociologo Eurispes, presidente dell’associazione di promozione sociale Tempi moderni e docente di Sociopolitologia delle migrazioni all’Università Sapienza, nel suo ultimo e corposo volume Per motivi di giustizia, edito da People. Per motivi di giustizia sarà presentato questo pomeriggio, venerdì 15 luglio, alle ore 18 presso il Comitato di Quartiere Toscanini “Casetta” del Parco Europa in Via Francia ad Aprilia (Latina), in un incontro promosso dalle associazioni Tempi Moderni e Reti di Giustizia – il sociale contro le mafie, con il supporto di CSV Lazio (per informazioni, cell. 348/7137968, aprilia@csvlazio.org). Insieme all’autore interverranno Fabrizio Marras (“Reti di Giustizia”), il bracciante indiano e testimone di giustizia Balbir Singh e Mario German De Luca del CSV Lazio.

per motivi di giustizia
Lavoratori nei campi

Per motivi di giustizia: storie di sfruttamento in carne e ossa

Questo volume, svela l’autore, è «il secondo tempo del libro precedente Sotto padrone, edito da Feltrinelli nel 2019, che comprendeva gli anni in cui ho vissuto da infiltrato come bracciante e nelle baracche in diverse aziende agricole dell’Agro Pontino, reclutato da caporali indiani, per studiare il grave sfruttamento dei migranti in agricoltura». Omizzolo è stato animatore a Latina il 18 aprile 2016 e il 21 ottobre 2019 dello sciopero di oltre 4 mila braccianti indiani contro i caporali e dell’occupazione di varie aziende agricole locali. Nel 2019 il Presidente Sergio Mattarella lo ha nominato Cavaliere della Repubblica per meriti di ricerca e impegno contro il caporalato e lo sfruttamento. Nel libro appena uscito, invece, sono racchiuse «le storie degli ultimi due anni, elaborate in presa diretta e raccolte perché nel Pontino abbiamo aperto con l’associazione una serie di sportelli e progetti di accoglienza e sostegno per i braccianti indiani, uomini e donne, ma anche per italiani, romene e romeni. Raccogliamo anche le loro domande di giustizia, abbiamo insegnanti per i corsi d’italiano, operatori che li aiutano ad accedere ai servizi sanitari locali».

Il fenomeno è vasto: «In tutta Italia sono circa 40 mila i braccianti sfruttati; fra loro anche italiani, a volte pensionati con meno di 70 anni, che arrotondano una pensione misera: non sono ghettizzati come gli immigrati, parlano correttamente la lingua, sanno come difendersi».

Il sociologo si è appassionato a queste vicende sia per l’esperienza familiare, sia per gli studi e l’incontro con le persone sfruttate: «Non sono un applicatore di concetti teorici: ho conosciuto braccianti indiani a cui avevano dato fuoco perché avevano chiesto di riconoscere parte dei loro diritti, reclusi nelle baracche, pagati 50 centesimi l’ora. Il libro vuole scuotere contro l’indifferenza, perché le loro battaglie hanno vantaggi per tutti e quindi riguardano tutti. Si deve andare oltre i numeri, i concetti, e capire ciò che c’è dietro: donne e uomini in carne ed ossa. E tutto accade a un metro da noi, non nei Paesi di origine o nel viaggio migratorio».

per motivi di giustizia
Marco Omizzolo con Balbir Singh

Uscire dal caporalato con l’inclusione sociale

Omizzolo vive a Sabaudia, in provincia di Latina, a 80 chilometri da Roma, dove caporalato è sinonimo di sfruttamento, omertà, mafie, compresi «liberi professionisti come avvocati e commercialisti, e a volte anche mediatori culturali e sindacalisti, che aiutano questi criminali». Ma i nodi stanno venendo al pettine, grazie alle denunce degli sfruttati e alla «straordinaria svolta positiva che va riconosciuta all’Ispettorato generale del lavoro, alle Forze dell’Ordine e Procure. Sono cresciute enormemente le attività repressive, dopo la legge 199/2016 nata dalla morte di Paola Clemente e dallo sciopero dei braccianti indiani nel Pontino. Mancano però le riforme, la buona politica: finché non cancelleremo la legge Bossi-Fini, che produce sfruttamento e caporalato, da questo sistema non usciremo mai. E agli immigrati che hanno denunciato i padroni padrini come premio non andrebbe dato solo il permesso di soggiorno, ma anche un’abitazione e la sicurezza. Occorre anche stabilire che il contratto è l’elemento centrale: il padrone che non lo rispetta deve essere colpito e denunciato», osserva Omizzolo.

A riguardo, esemplare è la storia di Balbir Singh, indiano sikh di 49 anni, che lavora per sei anni in un’azienda agricola dell’Agro Pontino alle dipendenze di un padrone italiano che lo considera un animale senza diritti. «”Bisogna fare presto perché questo rischia di morire. Non resiste più. Vive tra i maiali, dentro una roulotte. Il padrone lo picchia da anni. Dobbiamo salvarlo”, mi venne detto, e ancora: “Non abbiamo mai visto una cosa del genere. È incredibile. Incredibile. Quel ragazzo rischia di morire e il padrone è un vero mafioso”. Eppure Balbir si ribella, lo denuncia e si costituisce parte civile nel relativo processo nonostante sappia di aver “infastidito” la ’ndrangheta». Lui è uno dei tanti «ultimi e ultime che mi hanno dimostrato come sia possibile uscire dallo sfruttamento e dallo schiavismo, lavorando insieme al processo di inclusione sociale e libertà. Oggi cammino, incontro e parlo con uomini e donne liberi». Il sociologo – padre colono veneto e madre italiana considerata straniera perché nata in Tunisia e profuga da bambina nel suo Paese – ammette: «La matrice familiare mi ha ispirato negli studi, nel lavoro, nelle scelte». Nella Prefazione il sociologo Franco Ferrarotti evidenzia: «La ricerca di Omizzolo richiama l’autentica vocazione della sociologia, troppo spesso ridotta a pura e semplice “ingegneria sociale”. Tutte le scienze vengono tradizionalmente distinte in base al loro oggetto. Ma l’oggetto della sociologia non è un oggetto. È un soggetto, una persona, con una sua specifica esperienza biografica esistenziale. La storia di vita è, dunque, un testo da ottenere direttamente dai “ricercati”, in modo tale che la ricerca si fa con-ricerca e la sociologia diventa partecipazione».

—————————————————-

per motivi di giustiziaMarco Omizzolo
Per motivi di giustizia
People
€ 20,00

PER MOTIVI DI GIUSTIZIA. CONTRO IL CAPORALATO SERVE LA BUONA POLITICA

PER MOTIVI DI GIUSTIZIA. CONTRO IL CAPORALATO SERVE LA BUONA POLITICA