PIANO SOCIALE DEL LAZIO: LE POLITICHE SOCIALI REGIONALI VERSO UN FUTURO MIGLIORE?

Presentato ieri il primo Piano sociale del Lazio dal 1999. In attesa di approvazione le prime quattro delibere che dovrebbero renderlo operativo

È stato presentato ieri il Piano Sociale del Lazio 2017-2019 , il documento di programmazione del sistema integrato di servizi ed interventi sociali e sociosanitari nella Regione, il primo dal 1999. «Per vent’anni siamo andati avanti senza una programmazione organica», ha commentato Rita Visini, Assessore alle Politiche sociali della Regione, «ed una legislazione che recepisse quella nazionale. Ora, con il piano sociale che segue e si rifà alla legge n. 11 del 2016 di riforma del welfare, abbiamo la possibilità di programmare e misurare seriamente le politiche sociali». Tra le novità «il budget di salute, la co-progettazione e la programmazione partecipata tra pubblico e terzo settore, il coinvolgimento degli utenti dei servizi».
Il tutto con circa 583 milioni di euro complessivi, compresi 132 milioni di euro del Por FSE 2014-2020 su inclusione sociale e lotta alla povertà.

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Nell’ottica del Piano, la Casa della salute potrebbe essere il luogo ideale di integrazione tra sociale e sanitario

Il piano, nella volontà della Regione, è incentrato sui livelli essenziali delle prestazioni , su una logica di integrazione, prossimità, innovazione. Innovazione nei processi partecipativi, nello sviluppo di comunità responsabili, nella co-progettazione con il terzo settore, nella valutazione di impatto. «I pilastri del Piano sociale del Lazio sono cinque», ha spiegato Vincenzo Panella, Direzione regionale Salute e Politiche sociali. «La governance – e quindi una maggior qualità della programmazione territoriale e un miglioramento degli Uffici di piano -, l’integrazione socio-sanitaria – con il rafforzamento dei Pua, i punti unici di accesso, e l’integrazione delle Unità di valutazione multidimensionali -, la partecipazione e la co-progettazione , il sistema informativo socio-sanitario – con strumenti come la cartella informatizzata – , i Lea delle prestazioni – che la legge n.11 del 2016 individua in sette tipologie di servizi (segretariato sociale, servizio sociale professionale, messa a regime dei pua, pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza, assistenza domiciliare, residenzialità e centri di accoglienza, semiresidanzialità) -».

«L’uscita dal piano di rientro», ha commentato Panella, «ci permetterà di mettere in pratica finalmente l’integrazione socio-sanitaria. Nel tempo, per motivi di organizzazione e burocrazia, abbiamo separato tutto ciò che era possibile separare, il sociale dal sanitario, l’ospedale dal territorio. Ora bisogna rimettere insieme i pezzi».

Gli obiettivi del Piano sociale del Lazio

Il Piano punta molto su accessibilità e coinvolgimento, su un modello di welfare comunitario, plurale, generativo. Quindi sulla sussidiarietà, la sinergia tra tutti i soggetti sociali, l’integrazione socio-sanitaria, la connessione tra servizi e mondo della formazione e del lavoro.

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Alcuni degli obiettivi individuati per il triennio riguardano anziani e persone in povertà

E lo fa mirando a otto obiettivi, da raggiungere nel prossimo triennio:

Il lavoro sulla povertà. Mediante un’integrazione del reddito di inclusione, l’istituzione del “reddito di dignità” e l’incremento di risorse sul bando povertà, che passerà dai 3 ai circa 5 milioni.
Il welfare comunitario. La maggior collaborazione tra tutti gli attori che hanno responsabilità socio-assistenziali, compresi coloro a cui gli interventi sono destinati e le loro famiglie.
Una maggior prossimità. Contro la solitudine, soprattutto degli anziani, il potenziamento dei servizi di prossimità e il sostegno a famiglie e caregiver.
Omogeneità territoriale delle infrastrutture e dei servizi in tutta la regione, in termini di qualità ed equità nella distribuzione e nell’accesso.
Migliorare l’accesso ai servizi ed il passaggio da un servizio all’altro, investendo sui Pua
Generare l’autonomia delle persone, pensando gli interventi in modo da non generare dipendenza dall’assistenza.
Migliorare il sistema puntando su programmazione e valutazione, nel rispetto delle caratteristiche dei diversi territori.
Lavorare sull’aspetto conoscitivo a monte di una buona programmazione

E le priorità di intervento

Sugli anziani. È previsto un potenziamento di assistenza domiciliare e semiresidenzialità ed un sostegno a chi si avvale di assistenti familiari
La vita indipendente. L’idea è che l’intervento sociale e sociosanitario siano progettati in forma domiciliare. Capacitazione e rafforzamento dell’autonomia, progettualità che ruotano intorno alla persona.

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Il Piano sociale del Lazio prevede un intervento forte sulle povertà educative

Genitorialità e minori. Il Piano sociale del Lazio pone tra le priorità i servizi necessari per garantire i diritti e le migliori opportunità ai minori. Lotta alla povertà educativa, quindi, e investimento su adozione, affidamento familiare, accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
Giovani. Accanto a quanto previsto nel quadro delle politiche giovanili, il Piano mira a sostenere i giovani, la loro autonomia e partecipazione ai processi decisionali, rispetto a creatività, formazione e lavoro – con l’alternanza scuola-lavoro, i programmi “Garanzia Giovani” e “Torno Subito” – , abitare – anche con il co-housing – , credito.
Violenza di genere.  Contro la violenza di genere il Piano punta su una maggior infrastrutturazione, una governance di collaborazione e lavoro di rete, formazione del personale e interventi di qualità, oltre che sulla prevenzione.
Accoglienza e integrazione dei migranti. E quindi monitoraggio dei flussi migratori, potenziamento dell’accoglienza diffusa, maggior integrazione degli Sprar, l’impulso all’empowerment personale, all’apprendimento linguistico, all’inserimento sociale e lavorativo.

Un nuovo giro di boa

«Interpreto l’approvazione del Piano sociale del Lazio», ha affermato Nicola Zingaretti, presidente della Regione, «non come un punto di arrivo ma come un nuovo giro di boa.

L’assenza di una visione strategica nelle politiche sociali non è una scelta neutra, poiché favorisce la nascita di conventicole nella gestione dei servizi. Siamo andati avanti senza norme chiare e senza progettualità in un momento in cui l’Italia ha smesso di produrre ricchezza e ha avuto l’incapacità di distribuire quella prodotta secondo principi di equità».

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Nelle intenzioni del Piano la collaborazione con il terzo settore non sarà più episodica, ma continua e non solo episodica. Le intenzioni saranno realtà?

Ora, quindi, in previsione dell’uscita dal piano di rientro e potendo programmare e valutare, le politiche sociali e socio-sanitarie nel Lazio dovrebbero avere un futuro migliore. C’è sempre, tuttavia, un certo scarto tra l’enunciazione di principio e la messa in atto nel concreto del quotidiano. E qualche punto di domanda resta, come ha sottolineato Francesca Danese, portavoce Forum Terzo Settore Lazio: «Se si vuole parlare di co-progettazione servono risorse certe in tempi certi, l’investimento su una formazione che intrecci sanitario, sociale, volontariato, un monitoraggio ed una valutazione che tengano conto del valore sociale aggiunto prodotto dalle organizzazioni di cittadini».

Il ruolo del terzo settore

In Regione si mira alla co-progettazione, alla co-programmazione, ad una integrazione con il terzo settore non più episodica e meramente consultiva come avveniva per i piani di zona. Ora si mira ad una collaborazione che interessi ogni fase del processo e che sia realmente partecipativa, ad una sussidiarietà circolare, ad una logica di empowerment e di responsabilità personale anche del cittadino che è destinatario dei servizi. In una parola al “territorio socialmente responsabile”. Tra le novità, quindi, la presenza di tavoli permanenti suddivisi per tematica e convocati con continuità, un gruppo operativo di co-progettazione, un gruppo di valutazione di impatto sociale.
Avverrà tutto questo? Non avverrà? E Come? Per ora ci sono le prime quattro delibere – su co-progettazione, sistemi partecipativi per la definizione dei piani di zona, uffici di piano e integrazione socio-sanitaria – da approvare per «iniziare a dare le gambe a questo piano sociale».

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