LAZIO. IL VOLONTARIATO CHIEDE UN PATTO TERRITORIALE PER LA PARTNERSHIP

Politiche sociali, lavoro, diritti: se Amministrazione, non profit e privati non progettano insieme, non sarà possibile trovare risposte innovative

Il termine “partnership” rischia di essere una di quelle parole che, più diventano di moda e si diffondo, più perdono di significato. O meglio, acquistano mille significati diversi, perché ciascuno lo declina a modo proprio. In modo, per lo più, riduttivo.

Invece si tratta di un concetto chiave, che, se applicato correttamente, può davvero contribuire a mettere in campo politiche sociali più efficaci e risposte nuove a problemi come l’occupazione, l’inclusione sociale, la crescita.

 

pratiche di partenariato
Da sinistra: Francesca Danese, Paola Capoleva ed Elisabetta Longo al workshop sul partenariato

UN PATTO TERRITORIALE PER LA PARTNERSHIP. Se ne è discusso il 22 novembre, durante il workshop organizzato dalla Regione Lazio (Assessorato alle Politiche Sociali, Sport e Sicurezza) e da CESV (Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio) su Strategie e pratiche di partenariatoPer CESV  è stata l’occasione per lanciare la proposta di istituire un vero e proprio Patto Territoriale per la Partnership, che stabilisca un quadro di regole chiare e coerenti, che valgano per  le diverse iniziative nell’ambito delle politiche sociali e dell’inclusione, che si stanno realizzando sul territorio laziale, e all’interno del quale si possano costruire relazioni stabili e trasparenti.

La proposta è stata raccolta da Rita Visini, assessore Assessore alle Politiche sociali, Sport, Sicurezza della Regione Lazio: «La buona sussidiarietà», ha dichiarato, «è un valore che sta nella Costituzione ed è soprattutto un elemento imprescindibile per un sistema di politiche sociali realmente rispondente ai bisogni delle persone e dei territori».

 

IL QUADRO NORMATIVO. «È per questo che abbiamo varato da poco le linee guida sulla co-progettazione sociale tra amministrazioni locali e Terzo settore», ha ricordato Visini.«La proposta del Cesv va nella stessa direzione e può essere uno strumento importante per rafforzare il sistema regionale dei servizi sociali».

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Rita Visini, assessora alle politiche sociali della Regione Lazio

«Ci spinge in questa direzione anche l’Europa», spiega Paola Capoleva, presidente di CESV, «che ha adottato il Codice europeo di condotta sul partenariato nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento europei (Regolamento n.240/2014): proprio da qui emerge come la partnership implichi una stretta collaborazione tra le autorità pubbliche, i partner economici e sociali, nonché i rappresentanti della società civile a livello nazionale, regionale e locale, durante tutte le fasi – dalla preparazione, all’implementazione, al monitoraggio, fino alla valutazione – della programmazione e della progettazione. Tutto questo, perché la somma di risorse e competenze genera un valore aggiunto e fa crescere le comunità».

In questa direzione vanno anche la legge di Riforma del Terzo Settore (106/16) ed il relativo Codice (Dlgs 117/17), in cui non solo viene prevista una stretta collaborazione fra lo Stato, gli Enti locali e le diverse aggregazioni dei cittadini ma, soprattutto, viene stabilito come strategico il coinvolgimento del Terzo settore per la co-programmazione e la co-progettazione (art. 55 del Dlgs 117/17).

 

LA CULTURA DIETRO LE PRATICHE DI PARTENARIATO. D’altra parte, come ha ricordato Tiziana Biolghini, Dirigente dell’Area Sussidiarietà Orizzontale, Terzo Settore e Sport della Regione Lazio, ormai ci sono pratiche di partenariato concrete e molto positive (come la Fattoria sociale Garibaldi di Roma), ma restano aperti due problemi:

  • la necessità di costruire un modello che misuri l’impatto sociale (ad esempio, secondo Biolghini, «il modello della Fattoria sociale Garibaldi produce più benessere, rispetto agli istituti post manicomiali, costa meno ed è rispettoso delle dignità delle persone);
  • quella di «costruire una contaminazione culturale, perché le Amministrazioni fanno ancora resistenza ad adottare il metodo della coprogettazione e quindi a lavorare in partnership».

 

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Luigi Martignetti, segretario della rete europea REVES

COSA È LA PARTNERSHIP.  Resta, più volte richiamato, il problema di definire che cosa si intende quando si parla di partnership. Luigi Martignetti, segretario generale di REVES (il Network europeo delle Città e delle Regioni per l’economia sociale), ha spiegato che «Il concetto di partnership è ben presente nelle policies dell UE, nei fondi strutturali e di investimento nella direttiva appalti, nella soft law. È quindi una presenza ampia, che però non risolve le ambivalenze: le interpretazioni del termine sono diverse».

Martignetti ha individuato quattro elementi indispensabili per attuare pratiche di partenariato efficaci:

  1. Tutti i soggetti della partnership beneficiano dello stesso status. Non vuole dire che tutti fanno le stesse cose: ruoli e funzioni restano diversi, ma i programmi vanno costruiti insieme, altrimenti si tratta solo di consultazioni.
  2. La partnership si basa sulla condivisione di un ambito: per condividere davvero è necessario sapere che cosa si condivide e quindi avere una Carta, una vision, una mission… comunque un documento scritto.
  3. La partnership funziona, se ha ha un modello di governance. Non tutti fanno tutto e non tutti partecipano necessariamente ad ogni azione, ma tutti ne hanno la possibilità. Il sistema decisionale si basa sul consenso.
  4. Una partnership operativa deve funzionare concretamente. Se non si dà una struttura leggera di coordinamento, possibilmente indipendente, rischia di essere poco efficace.

 

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