
SUICIDIO: SERVONO INTERVENTI STRUTTURALI
In Italia ogni giorno 10 persone si tolgono la vita. Telefono Amico Italia gestisce 6mila richieste di aiuto l’anno, ma non c’è un piano nazionale per la prevenzione del suicidio. Cristina Rigon: «Oggi non esiste un numero integrato nel sistema di emergenza. Servono interventi strutturali e politiche che considerino la salute mentale una priorità. Il Terzo Settore non può essere lasciato solo»
12 Settembre 2025
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In Italia ogni giorno 10 persone si tolgono la vita. Sono oltre 300 al mese e il fenomeno è in crescita. Telefono Amico Italia gestisce 6mila richieste di aiuto all’anno da parte di persone attraversate da pensieri suicidi o preoccupate per qualche persona vicina. A oggi, però, non c’è un piano nazionale per la prevenzione dei suicidi. Se ne è parlato a Roma, durante una conferenza stampa in Senato con cui rompere il silenzio e chiedere un impegno alle istituzioni ad azioni strutturali e a procedere sul disegno di legge attualmente depositato in parlamento. L’obiettivo è un unico numero nazionale e l’integrazione nel sistema nazionale di emergenza.
Suicidio: i dati sono allarmanti
A dare una fotografia dei dati aggiornati sull’incidenza del suicidio in Italia Cristina Rigon, presidente di Telefono Amico Italia. Ogni mese, ha spiegato, si tolgono la vita circa 300 persone e il fenomeno è in crescita: il tasso negli ultimi due anni (0,40 suicidi ogni 10mila abitanti) è il massimo osservato dal 2015. In particolare, nell’anno più recente monitorato, il 2022, sono stati registrati 3.934 suicidi; nel 2021 erano stati 3.870 e nel 2020 3.748. In particolare, nel 2022 c’è stato un incremento in quasi tutte le fasce di età, tranne quella 65-79 anni. Tra i più giovani, l’ulteriore incremento tra il 2021 e il 2022 ha fatto seguito ad un aumento molto rilevante osservato tra il 2020 e il 2021 (+16%). Nell’ultimo anno analizzato sono stati rilevati complessivamente 552 suicidi di giovani con età compresa tra i 15 e i 34 anni; 1.927 suicidi di adulti con età compresa tra i 35 e i 64 anni e 1455 casi di suicidio tra gli over 65. Telefono amico Italia nel 2024 ha ricevuto oltre 6700 chiamate da persone attraversate da pensieri suicidi, e oltre 3mila nei primi 6 mesi del 2025. Quasi 20 contatti al giorno sono legati al rischio suicido. Telefono Amico Italia ha 100mila contati in un anno, ma probabilmente ne perde altrettanti a cui non riesce a rispondere. «Mesi fa mi sono confrontato con Telefono Amico, e ho sentito questi dati allarmanti. Parliamo di persone che in alcuni momenti si sentono completamente sole: prima di arrivare a gesti estremi c’è la volontà di essere ascoltati. Il numero di telefono e quello di WhatsApp nascono proprio da questo, dal bisogno di comunicare». Così Guido Quintino Liris, medico, senatore e promotore del disegno di legge attualmente depositato in Parlamento.

Non parlarne è un suicidio
Da qui nasce l’appello. «Telefono Amico esiste solo grazie al volontariato» spiega Cristina Rigon. «Oggi non esiste un numero di pubblica utilità integrato nel sistema di emergenza e sostenuto dalle istituzioni pubbliche. Servono interventi strutturali e specifici per la prevenzione del suicidio, politiche che considerino la salute mentale una priorità. Attualmente ci sono più di 720mila suicidi all’anno in tutto il mondo. E un suicidio ha un impatto su molte più persone, sulle famiglie e sulle comunità. Il Terzo Settore non può essere lasciato solo». La campagna Non parlarne è un suicidio nasce da qui, per rompere lo stigma e parlare di prevenzione.
Queste persone non vorrebbero morire
È delicato e complicato parlare di suicidio, perché tante sono le variabili che rendono il soggetto a rischio. «Queste persone non vorrebbero affatto morire, ma che il loro dolore mentale, divenuto insopportabile, sia alleviato», spiega Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma e Direttore della Unità Operativa Complessa di Psichiatria presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma. «Quando mettiamo al centro l’individuo e riconosciamo la sua sofferenza stiamo prevenendo il suicidio. Le helpline danno la possibilità di chiamare un interlocutore sensibile, che diventa un’àncora per far riemergere la volontà di vivere». Diventa allora importante «dare voce e assistenza ai survivors, a coloro che sperimentano la perdita di una persona cara» commenta il medico.
Europa: dopo il Covid sono aumentate le telefonate a tema suicidio
Le helpline si sviluppano negli anni cinquanta, la prima nasce a Londra per iniziativa di un ecclesiastico, poi è la volta di Berlino e di tutti i paesi europei. Negli anni Sessanta le principali helpline sono già costituite. «Nel tempo queste helpline sono diventare generaliste» ci spiega Diana Rucli, direttrice dell’International Federation of Telephone Emergency Services (IFOTES). «Accogliere tutte le dimensioni del disagio colloca la prevenzione anche lì dove non si è ancora giunti al suicidio conclamato. Il 30% di telefonate a livello europeo riguardano la solitudine e le difficoltà relazionali: se non interveniamo rischiamo che queste situazioni possano degenerare». Alla fine degli anni Novanta e nei primi Duemila in Europa le telefonate con tema suicidario non erano altissime. In epoca pre-Covid erano il 5%, oggi sono il 9,8%. E nelle chat hanno raggiunto il 29%.
I numeri unici negli altri Paesi europei
All’interno dei Paesi della rete IFOTES sono già presenti dei numeri unici. «Il primo modello sono i numeri verdi, i 1800, adottati soprattutto 20 anni fa prima delle recenti definizioni dei piani nazionali», spiega la presidente. «Il secondo sono i numeri di emergenza, numeri brevi come il 112: sono presenti in Austria, Belgio, Svizzera. Il terzo tipo è il numero unico europeo per il disagio degli adulti, 116123». Il primo numero telefonico in Spagna è nato nel comune di Barcellona, grazie alla Fundació Ajuda i Esperança. Nel 2024 ha ricevuto oltre 33mila chiamate di aiuto, 11mila conversazioni nella chat. «Quanto alla prevenzione del suicidio sono arrivate 24mila chiamate, 300 con rischio imminente» spiega Elena Peretto, Responsabile dell’Area Internazionale e Tecnologica della fondazione. «270 si sono trasformate in attivazione del servizio di emergenza, 100 sono stati gli interventi che hanno salvato la vita». Questo tipo di servizio non sarebbe stato possibile senza l’aiuto delle istituzioni pubbliche.
Prevenzione del suicidio: i passi necessari
Ecco perché si chiede aiuto alle istituzioni. «Siamo 600 volontari e non migliaia» spiega Cristina Rigon. «Al momento riusciamo a garantire 14 ore di supporto al giorno. Le richieste di aiuto continuano ad aumentare e da soli non riusciamo a garantire tutto il supporto necessario». Per questo si chiede un piano nazionale. L’istituzione di un numero di pubblica utilità h24 legato alle istituzioni e dedicato precisamente al suicidio (oggi è un servizio telefonico generalista, che risponde a qualsiasi forma di disagio). L’adozione di un piano nazionale che unisca scuola, sanità lavoro, forze dell’ordine, un piano coordinato di tutte le realtà che intercettano il fenomeno suicidario. La promozione di competenze socio-emotive dei giovani, in modo che capiscano che si suicidio si può parlare, che non si è sbagliati, non si è diversi. E una campagna nazionale anti stigma, per un’informazione responsabile. Si tratta poi di avere dei protocolli clinici nel pronto soccorso e centri di salute mentale. «Come in tutte le patologie alcuni sintomi vanno riconosciuti» aggiunge il senatore Liris, sottolineando la centralità, nella medicina preventiva, della figura dei medici di medicina generale e confermando il coinvolgimento del Terzo Settore nei tavoli decisionali in questo percorso.
