ISTITUTO STATALE PER SORDI: SARÀ CHIUSURA SENZA UN INTERVENTO IMMEDIATO

La manifestazione davanti a Montecitorio per rompere la "sordità delle istituzioni". Studenti, famiglie e associazioni al fianco dei lavoratori

“L’Istituto Statale per Sordi muore nel silenzio dello Stato”. Dietro allo striscione esposto in piazza di Monte Citorio durante il sit-in di protesta, si sono radunati i lavoratori precari dell’Istituto Statale per Sordi, gli studenti dei loro corsi, rappresentanti delle associazioni, utenti del centro e le loro famiglie. La protesta di mercoledì 7 giugno torna a chiedere misure necessarie al salvataggio dell’Istituto, sempre più a rischio chiusura.

Da due mesi i lavoratori non ricevono lo stipendio e in mancanza di finanziamenti adeguati o soluzioni alternative l’Istituto dovrà chiudere. Questo non comporterebbe soltanto la perdita del lavoro per i circa venti lavoratori (di cui un terzo sordi), ma avrebbe anche gravi ripercussioni sui servizi offerti alla comunità sorda dallo stesso e dalla miriade di realtà che lo affiancano nella struttura di via Nomentana.

Cosa serve per salvare l’Istituto Statale per Sordi di Roma

Due sono le questioni aperte, sulle quali i lavoratori e la CGIL chiedono un intervento immediato del Governo. «La prima è quella dei finanziamenti», spiega Silvia Simoncini, della Segreteria Nazionale CGIL, «necessari per pagare gli stipendi dei lavoratori, la seconda è  l’accelerazione per l’approvazione del Regolamento relativo all’Istituto». Un regolamento che si aspetta da venti anni, previsto dalla legge Bassanini del 1997, che lo trasformerebbe in Ente Nazionale di supporto all’integrazione delle persone sorde. «Tale regolamento è di primaria importanza, perché permetterebbe all’Istituto di assumere il suo ruolo e avviare anche un processo di stabilizzazione dei lavoratori (tutti ancora con contratti co.co.co ndr), come previsto dal Decreto Madia».

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“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, i cartelloni ironici nei confronti del Governo

Il problema è che da parte delle istituzioni non sembrano arrivare risposte. « Dopo il presidio davanti al Miur», dice Luca Bianchi, uno dei lavoratori dell’Istituto, «ci era stato promesso dal Vice Capo di Gabinetto del Ministero che avrebbero promosso un tavolo tecnico per la ricerca di soluzioni condivise. Il tavolo avrebbe anche dovuto aiutare l’istituto ad affittare l’ala della struttura di via Nomentana (di proprietà dell’Istituto ndr) lasciata libera dalla Provincia, portando almeno qualche introito in più, in attesa dei finanziamenti e del regolamento. Ma ad oggi dal Ministero nessuno si è fatto sentire né hanno risposto ai nostri solleciti. Un piccolo aiuto», continua Bianchi, « è arrivato dal Comune di Roma, che tramite la Città Metropolitana si è mosso per pagare gli affitti rimasti inevasi dalla Provincia di Roma».

Duecentottantamila euro, che forse aiuteranno per il pagamento degli stipendi arretrati, ma che non salveranno l’ Istituto Statale per Sordi nemmeno nel breve termine. Un tentativo di finanziamento era stato fatto attraverso un emendamento a firma Mauri (Pd) alla manovra in via di approvazione; emendamento che è stato però cancellato e che difficilmente troverà spazio al Senato, dove il testo rimarrà blindato. A tutto questo si aggiunge lo spettro delle elezioni anticipate, che comporterebbero ulteriori ritardi, fatali per il futuro dell’Istituto.

Le voci della protesta: studenti, associazioni e famiglie

Perché l’Istituto Statale per Sordi va salvato? Lo abbiamo chiesto ai manifestanti, che armati di tamburi, fischietti e guanti per protestare anche utilizzando la lingua dei segni, hanno affiancato i lavoratori nel sit-in di protesta.

«Perché è una realtà multidimensionale che attraverso le sue attività fa affacciare chi partecipa a una realtà che non avrebbero modo di conoscere», dice Cristiana, che nell’Istituto ha studiato la lingua dei segni, ha fatto il Servizio Civile Nazionale e studia oggi per diventare interprete. «È una porta sul mondo della sordità, chiuderlo significherebbe chiudere quella porta, e non ce ne sono tante ».

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Dimostrazione di una lezione nella Lingua Italiana dei Segni

«Se chiudesse l’Istituto, andrebbero perse tutte le iniziative e i servizi che danno un valore aggiunto alla scuola presente all’interno degli edifici di via Nomentana», spiega Giovanna Filose. «Mia figlia è sorda, a settembre andrà in prima elementare, il contatto con l’Istituto è fondamentale per tutte le attività che propone, per la produzione di materiale didattico, i seminari e gli incontri anche per noi genitori. Perderemmo molto in caso di chiusura».

Chiusura che rischierebbe di colpire anche le associazioni e altre entità che, in comodato d’uso o con un canone di affitto concordato molto vantaggioso, hanno sede presso gli edifici dell’Isituto Statale per Sordi di via Nomentana. «Siamo lì dal 2003»  ci dice Luisa Gibellini, logopedista della Cooperativa Le Farfalle, «diamo servizi a ragazzi sordi e sordi con altre disabilità; essere lì favorisce gli scambi tra tutte le realtà e migliora la qualità di tutti i servizi».

Ci sono anche l’Associazione Famiglie Italiane dei Sordi Bilingui (AFISBI), un Centro Anziani frequentato dagli ex allievi sordomuti dell’istituto statale, una compagnia teatrale per sordi, il Centro Assistenza per Bambini Sordi e Sordociechi Onlus e altro ancora. «Collaboriamo sempre» ci dicono tutti; e nel caso in cui dobbiate cercare un’altra sede in affitto a prezzi di mercato? «Impossibile, non ce la faremmo».

ISTITUTO STATALE PER SORDI: SARÀ CHIUSURA SENZA UN INTERVENTO IMMEDIATO

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