PRISMA: COSA È DIVERSITÀ E COSA NORMALITÀ?

La nuova serie Prime Video ci dice che l’identità di genere per molti ragazzi è realmente fluida, e non c'è bisogno per forza di categorizzare. E i giovani di oggi sono molto più avanti delle generazioni precedenti nella capacità di esplorarsi

Alla fine dell’episodio 1, Andrea apre curioso un pacco arrivato dal corriere. Dentro c’è un vestito da donna, fatto di una stoffa leggera. Andrea, che ha un fisico slanciato, lo indossa, e si guarda soddisfatto allo specchio. Ma è qualcosa che rimane solo per lui, che non ha il coraggio di far sapere agli altri. Prisma, la nuova serie italiana Prime Video in streaming da oggi, 21 settembre, è questo: una serie sull’identità, di genere, ma non solo. È una serie sulle sfaccettature, sulla fluidità, sull’esplorazione del nostro corpo e della nostra natura. È un romanzo di formazione. «I creatori di Prisma sono andati in prima persone ad ascoltare storie vere, vissute, storie di giovani, che raccontano la diversità come la vivono loro, e come gli adulti ancora non riescono a capire» ci ha raccontato Nicole Morganti di Prime Video. «Quello che per tanti è diverso, per i ragazzi invece è la normalità. L’identità di genere per molti ragazzi è realmente fluida, e non c’è bisogno per forza di mettere dei paletti, di categorizzare, ma solo di accertarsi e fare un percorso di ricerca di se stessi». E ha definito Prisma una serie in qualche modo neorealista, per come abbia trovato le sue storie nella realtà.

Prisma: personaggi alla ricerca di se stessi

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Prisma è una serie sulle sfaccettature, sulla fluidità, sull’esplorazione del nostro corpo e della nostra natura

Prisma racconta la storia di due gemelli, Marco e Andrea (entrambi interpretati da Mattia Carrano). Andrea sembra quello più sicuro di sé, Marco è quello più insicuro e scontroso. Da lontano osserva Carola (Chiara Bordi), una ragazza che fa la sua scuola e che non ha mai avuto il coraggio di avvicinare. Durante l’estate ha avuto una relazione con Daniele (Lorenzo Zurzolo), ma ora sembra finita. Anche la storia tra Andrea e la sua ragazza è finita: lui l’ha trovata a letto con un’altra ragazza. E proprio quella ragazza, Nina (Caterina Forza), capita nella classe di Andrea, che sta ripetendo l’anno. Con un profilo falso, fingendosi una ragazza, Andrea intanto chatta con un ragazzo.

L’incontro con Giovanna Cristina Vivinetto

Prisma colpisce al primo sguardo, da subito. Lo fa per i temi, poco trattati dalla serialità italiana. Ma soprattutto per la delicatezza dello sguardo di Ludovico Bessegato e Alice Urciuolo, i creatori della serie, per  il tatto con cui trattano i loro personaggi, per la naturalezza con cui accade ogni cosa. È così perché la serie nasce da storie vere, e dall’incontro con persone reali. «Alice ha conosciuto una ragazza transgender, Giovanna Cristina Vivinetto, una poetessa famosa, che ha anche una parte in Prisma, in cui fa se stessa» ci ha svelato Ludovico Bessegato. «Giovanna ha un fratello gemello. Partendo dalla sua storia, Alice ha cominciato a tessere la trama e i personaggi primordiali. Io ho trovato questo spunto meraviglioso. Mi piaceva tantissimo la complessità dei personaggi, la fluidità, che non riguarda soltanto l’identità di genere del protagonista, ma tutti i personaggi, che hanno una complessità, una difficoltà ad essere incasellati in qualcosa». «L’incontro con Giovanna Cristina Vivinetto è avvenuto molti anni prima di scrivere Prisma, quando eravamo all’università», aggiunge Alice Urciuolo. «Lei ha pubblicato un libro di poesie, Dolore minimo (Interlinea 2018), che parla della sua transizione.  Lei è una ragazza transgender e nel libro c’è un racconto di quello che è stato indagare la propria identità di genere e la propria sessualità. È un racconto entusiasmante, molto individuale, una voce unica, che parla di temi che escono dal racconto mainstream che si faceva su questo tema». «C’è molto di Giovanna nel personaggio di Mattia», continua. «Giovanna ha un gemello e la cosa ci ha colpito, perché offriva in maniera molto diretta ed efficace la possibilità di esplorare il tema del doppio, e che cosa voleva dire per il protagonista avere davanti a se sempre se stesso, ma soprattutto un’altra persona che è come la società chiederebbe di essere, a lui e agli altri ragazzi che ci sono nella serie».

Le imposizioni culturali che abbiamo avuto

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«L’identità di genere per molti ragazzi è realmente fluida, e non c’è bisogno per forza di mettere dei paletti, di categorizzare»

«Il tema cardine di Prisma è questo: quello che indaghiamo è che cos’è un uomo oggi, che cos’è una donna oggi. Cosa ci si aspetta da una ragazza anche se è così giovane» riflette Alice Urciuolo. Che ci dà però un ulteriore spunto, legato al nostro passato. «C’è un’indagine sui ruoli di genere, che ha anche una chiave storica. Prisma non è ambientata in un luogo qualsiasi, ma nelle terre di Fondazione, Latina, Sabaudia, fondate dal Fascismo, che aveva fatto della società patriarcale il suo modello unico di famiglia, con il pater familias e la donna in una certa posizione. Questi luoghi portano il segno di cosa siamo stati e di tutta una serie di imposizioni culturali che abbiamo avuto. Ci sembrava importante parlare di questi temi in quel posto».

I giovani sono più avanti nella capacità di esplorarsi

Mattia Carrano interpreta un doppio ruolo, quello dei gemelli Andrea e Marco. E riesce a disegnare due ragazzi di inclinazioni diverse, giocando su sguardi, movimenti minimi del volto, postura. Se gli adulti fanno fatica a capire delle persone che sfuggono alle definizioni, anche i giovani sono a volte in difficoltà? «Non è una difficoltà» risponde l’attore. «È normale che fra i giovani ci si scopra, si abbiano delle paure. In una piccola città come Latina magari ha meno persone con cui parlare, gli arrivano meno informazioni. E poi ha il suo carattere. Ci sono persone che hanno più paura del pensiero altrui e altre meno». «Le persone giovani sono molto più avanti di quanto lo fossero quelle della mia generazione nella capacità di esplorarsi e di capire le proprie sensazioni» ragiona Ludovico Bessegato. «Credo che abbiamo un problema in questo Paese rispetto a certi temi, basta vedere i sondaggi, non siamo un paese all’avanguardia. Ma esiste una parte importante di ragazzi che sono all’avanguardia rispetto alle generazioni precedenti sulla capacità di riflettere e comunicare all’esterno certe sensazioni. Ho provato invidia per una generazione così libera così disponibile ad aprirsi e a farsi domande».

La disabilità non è raccontata in maniera pietistica

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Prisma, nuova serie italiana Prime Video, è in streaming da oggi, 21 settembre

In Prisma facciamo anche la conoscenza di Carola, una ragazza che ha una gamba amputata e porta una protesi. La sua disabilità entra nella storia in maniera organica, naturale. È soprattutto una ragazza alla ricerca di un nuovo amore, di qualcuno di cui fidarsi, e la sua protesi entra nei discorsi tra le altre cose, senza che ci sia mai enfasi, o uno sguardo pietistico. «Carola non va vista come il personaggio con la protesi, il personaggio con la gamba amputata» ci spiega Chiara Bordi, l’attrice che la interpreta. «Il fatto che abbia una protesi è una caratteristica, come il fatto che Andrea è biondo. Il fatto che ci sa un personaggio con la protesi in una serie tv sui giovani, che questa protesi non sia il centro della storia e che non sia raccontato in maniera pietistica, è importante. È importante che che sia rappresentata anche una ragazza come lei perché è la realtà. Carola è una ragazza che affronta rapporti con le persone, con i compagni di scuola e i genitori, è una comunissima ragazza di 16 anni che ha delle sfide e sta anche lei esplorando se stessa».

Siamo un’infinità di sfumature

In Prisma tutto è avvolto da una luce ovattata. Che non è quella artificiale e sospesa di una fiaba, ma quella del sole che si riflette su di noi creando ogni volta colori diversi. Come accade con il prisma. «Il prisma è una forma geometrica che associamo a quel magnifico cristallo Swarovski» ci spiega Ludovico Bessegato. «Quando viene attraversato da un raggio di luce del sole accade qualcosa. Il raggio di sole, che è neutro, senza colore, passando dal prima si trasforma e fa venire fuori un’infinità di sfumature. Questa cosa ci piaceva perché raccontava quello che volevamo dire. Che una cosa apparentemente monocolore, vista in un altro modo è la fusione di un’infinità di sfumature. Questo riguarda l’identità del protagonista ma tutti i personaggi, che sono difficilmente definibili».

 

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