IMMIGRATI: NEL LAZIO UNA PRESENZA STABILE, DI GIOVANI E DI LAVORATORI

Presentato il 15° Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni. I decreti sicurezza creano precarietà

Una immigrazione matura e stanziale, fatta, però, di coesistenza più che di piena cittadinanza, di profonda distanza in termini di opportunità tra italiani e stranieri, con sacche di preoccupante esclusione dall’accoglienza per i migranti forzati, inasprita dal Decreto Sicurezza del 2018. È il quadro delineato dal quindicesimo Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni, presentato ieri. Un quadro di sospensione in cui si sommano le emergenze irrisolte – quella abitativa, le marginalità divenute nel tempo strutturali, la latitanza delle politiche di integrazione –  che l’emergenza Covid19 e la crisi che ne è conseguita hanno contribuito ad evidenziare ed aggravare.

 

Stabili gli stranieri, in calo gli italiani

Al primo gennaio 2019 i residenti stranieri nel Lazio superano le 683mila unità (556.826 nella Città metropolitana di Roma – 382.577 nella Capitale e 174.249 negli altri comuni – e 126.583 nelle altre province), quindi 13 migranti su 100 che sono in Italia vivono nella nostra regione, con un’incidenza sulla popolazione complessiva più alta della media nazionale (11,6%). Per Ginevra Demaio, curatrice storica del Rapporto del Centro Studi e Ricerche IDOS con il sostegno dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V, a colpire è l’evoluzione del fenomeno: «solo trent’anni fa l’incidenza sulla popolazione era del 2%. Se è vero che il fenomeno ha cambiato il volto della nostra regione, è vero anche che, da qualche anno, non abbiamo una grande crescita di nuove presenze: nel 2018 l’incremento è stato dello 0,6% ».

A diminuire ogni anno, invece, è la quota di popolazione di cittadinanza italiana: «tra 2014 e 2019 nel Lazio la popolazione complessiva è sempre calata nonostante l’aumento degli stranieri residenti (+67.003) e degli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana (+48.083). Nel 2018, per la prima volta, l’incremento della popolazione straniera (+3.935) non ha compensato il calo di quella italiana (-21.546) tanto che il Lazio perde più di 17mila residenti». Nell’ultimo quinquennio, quindi, la popolazione laziale risulta sempre in calo, per una serie di concause, secondo Demaio: una normativa nazionale che lascia poche possibilità di ingresso regolare, l’elevata mortalità della popolazione italiana e, non ultima, una ripresa dell’emigrazione, per cui «dal 2008 il saldo con l’estero della popolazione italiana è sempre negativo, come dimostrano, tra l’altro, i 16500 nuovi italiani originari del Lazio che, nel corso dell’ultimo anno, si sono iscritti al Registro degli italiani all’estero, l’Aire, il 61% delle quali si sono spostate con la motivazione ufficiale dell’espatrio».

Un quadro regionale stabile –  con l’81% dei residenti stranieri nell’area metropolitana di Roma, il 61% nella Capitale ed un 18,5% nelle altre quattro province – caratterizzato, come dicevamo, da un’immigrazione matura e stabile «come dimostrano, da un lato, le nascite da genitori stranieri (6700 nel 2018, il 16% del totale), dall’altro le nuove acquisizioni di cittadinanza italiana, legate, per lo più a  lungo-residenza, trasmissione dai genitori, raggiungimento della maggiore età».

 

Lavoro: una linea di confine

Gli stranieri intercettati dall’Inps sono 420mila. Di questi l’85% sono lavoratori. Solo il 6% sono titolari di pensione e il 7,9% di indennità di disoccupazione. «Già questo dato», commenta Demaio, «rispetto alla quota che nello stesso archivio registrano gli italiani, lavoratori per il 53% e pensionati o percettori di disoccupazione per la restante parte, dà l’idea di una popolazione giovane, attiva, impegnata nel mercato del lavoro». La Città metropolitana di Roma ne accentra la maggioranza (l’oltre l’80%), seguita dalla provincia di Latina (8,1%) e dalle altre tre province, che, insieme, raggiungono il 7,9% del totale.

 

immigrati a RomaGli stranieri sono il 18,7% del totale dei lavoratori e il 2,5% dei pensionati nel Lazio, impiegati soprattutto neI settore agricolo (48,9%) e domestico (85,3%) con un «confinamento nel mercato di lavoro subalterno», che, per Demaio, è preoccupante «perché introduce elementi di segregazione e disparità, come emerge dai dati Inail per cui il reddito medio annuo di uno straniero è la metà del reddito medio annuo di un italiano, senza contare la maggiore incidenza di incidenti sul lavoro». Nella Città metropolitana di Roma il 40,9% dei lavoratori immigrati è un dipendente di famiglie o convivenze a fronte del 7,3% tra gli italiani, e il 13,2% è occupato nella ristorazione/ricezione contro un 6% di italiani. L’edilizia ne impiega l’11,6% (contro il 3,9%) e il settore agricolo il 2,6% (contro lo 0,6%). Il 59,5% degli stranieri svolge, quindi, professioni a bassa qualificazione, nonostante uno straniero occupato su due, a Roma, possieda una formazione pari o superiore al diploma.

Il Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni ricorda anche che crescono le imprese gestite da lavoratori nati all’estero (sono quasi 80mila nel Lazio): del 31,8% nell’ultimo quinquiennio, del 3,5% solo nel 2018 e incidono per il 12,1% sull’imprenditoria regionale. La Città metropolitana di Roma ne accentra l’85,5% Sono soprattutto microimprese a gestione individuale o familiare. Anzio, Fiumicino, Guidonia Montecelio, Pomezia e Ladispoli si distinguono, dopo Roma, per il più alto numero di immigrati coinvolti in un’attività indipendente, tanto che ad Anzio; Guidonia Montecelio e Ladispoli l’incidenza sul lavoro indipendente locale supera quella della Capitale.

 Accoglienza e Decreto Sicurezza

Nel Lazio sono 415mila i permessi di soggiorno validi al primo gennaio 2019, cresciuti in tutte le province con la sola eccezione di Latina. Ciò che è interessante notare è il trend consolidato negli anni per cui aumentano i permessi di soggiorno di lunga durata (sono il 57% di quelli vigenti nel Lazio) mentre sono in calo del 6,2% quelli di breve durata, soprattutto a Roma e Latina. «A questi», sottolinea Demaio, «la politica dovrebbe prestare più attenzione per capire cosa accade alle persone a cui sono scaduti». In calo nel 2018 anche i nuovi rilasci, con un crollo di quelli per motivi di asilo e umanitari, non più previsti a seguito del Decreto Sicurezza (ne abbiamo parlato qui). «Da sottolineare la forte impennata, nel 2018, di cancellazioni dalle anagrafi soprattutto della città di Roma per irreperibilità o scadenza del permesso di soggiorno (23600, più della metà del totale). Si tratta soprattutto di cancellazioni da residenze fittizie, i primi effetti – temiamo – del Decreto Sicurezza, che a ridosso della sua emanazione ha determinato allontanamenti forzati dalle strutture di accoglienza di persone con il permesso di soggiorno per protezione umanitaria. Di queste 23mila persone abbiamo difficoltà a tenere traccia, chi lavora sul territorio sa che si tratta di nuove marginalità, spesso prodotte dalla stessa normativa, che voleva invece ridurre il disagio sociale».

In base ai dati, continua Demaio, il Siproimi (la nuova Rete del sistema di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati che sostituisce gli SPRAR) e i centri di accoglienza straordinaria, insieme, hanno accolto 8500 persone nel corso del 2019, 4870 la pima, 5900 i secondi. «In questo caso è evidente il protagonismo della provincia di Frosinone: questa accoglienza si concentra per il 40% nella Città metropolitana di Roma, ma su 110 comuni sede di Cas ben 42 (il 38%) sono nella provincia di Frosinone. Uno sbilanciamento che, quando appesantisce eccessivamente il territorio, non è mai positivo, come nella Capitale, con una concentrazione nell’area Est».

Mentre l’associazionismo ed il terzo settore assicurano un supporto ai servizi pubblici del territorio per garantire a tutti gli stranieri, anche senza permesso di soggiorno, l’accesso alla salute e alla formazione e il Lazio si evidenzia come la quarta regione per presenza di studenti stranieri nelle scuole pubbliche e  cresce il numero di quelli che si iscrivono all’università,  restano dinamiche di disparità ed esclusione con cui siamo costretti a fare i conti, come sottolinea anche Mons. Giampiero Palmieri, delegato per la Pastorale dei Migranti e dei Rom, Diocesi di Roma. «La storia che stiamo vivendo con la diffusione del Covid 19 dice molto sulla fondamentale miopia di certe politiche portate avanti sui permessi di soggiorno, sulle residenze. Abbiamo a che fare con un effetto boomerang: 23mila persone in più che hanno perso il permesso di soggiorno sono una mina vagante, non sappiamo come stanno, non accedono alle cure sanitarie; quanto vissuto con il Covid è la prova di quanto una politica non inclusiva e non capace di integrare sia poi un boomerang per la società che la produce».

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