DALL’EMERGENZA USCIREMO PIÙ POVERI. ECCO COSA POSSIAMO FARE

Intervista con Roberto Rossini sulle possibili misure da adottare: reddito di emergenza, nuove politiche attive del lavoro, sostegno al terzo settore...

«L’esplosione del Covid-19 ha determinato un’emergenza sanitaria che arriverà ad aprire una questione sociale», dice a Reti Solidali Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà. I dati delle varie agenzie sono concordi nell’indicare in circa un milione e ottocentomila le famiglie povere nel nostro Paese. Un recente studio di Bankitalia stima che, se le misure strettamente restrittive dovessero durare due mesi,  come nei fatti sta succedendo, altri 260mila nuclei familiari potrebbero scivolare in condizioni di povertà.

Nuove politiche del lavoro

«Il rischio», commenta Rossini, «è trovarsi con un esercito di poveri in arrivo», incluse anche persone che, in tempi normali, difficilmente rientrerebbero nella categoria. «Perché dobbiamo riflettere su una cosa: molti di coloro che prima dell’esplosione del Coronavirus avevano un lavoro, quel lavoro, dopo, potrebbero non trovarlo più, per lo meno nel medio periodo».

Reddito di emergenza
Roberto Rossini, presidente delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà

In un Paese come l’Italia, in cui il turismo è uno dei pilastri del Pil, si può pensare ad esempio a una guida turistica in partita Iva in una qualsiasi delle nostre città d’arte o a un aiuto cuoco di un ristorante di medie dimensioni. «Per questo diventa importante da un lato estendere le maglie del reddito di cittadinanza e dall’altro ripensare le politiche attive del lavoro. Perché il tema diventerà non solo quante persone ricollocare, ma anche in quali figure alla luce dei cambiamenti in atto».

E secondo il presidente delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la Povertà, il reddito di cittadinanza va ampliato “allargando le maglie della condizionalità”, sia verso gli esclusi perché troppo ricchi (in base a una dichiarazione dei redditi che riguardava il 2018), ma oggi a rischio, prevedendo un Isee aggiornato, in modo che possano accedere al contributo, sia verso l’area grigia e borderline dei poverissimi che, magari anche solo perché impossibilitati a dimostrare la residenza continuativa in Italia negli ultimi due anni, ne sono rimasti fuori.

Il reddito di emergenza

«Il decreto Cura Italia (che, ottenuta la fiducia in Senato, dopo Pasqua passerà al vaglio della Camera, N.d.r) ha indicato una direzione apprezzabile», rileva Rossini. Ma rimangono ancora fuori troppe situazioni, troppi lavoratori che sono rimasti senza reddito e senza coperture. Quali? Solo per indicarne alcuni: colf e badanti non del tutto regolari, stagionali del turismo senza contratti attivi dal 2020, autonomi senza Partita Iva al 23 febbraio, persone che stanno per finire il sussidio di disoccupazione in un periodo in cui le attività produttive sono ferme. Ma pensiamo anche solo ai cittadini non italiani in condizione di irregolarità, ai braccianti che sono rimasti in Italia, o al lavoro completamente in nero. Un’area che non ha letteralmente più nulla». Che poi vuol dire ritrovarsi in strada. «Allora occorre mettere a punto un intervento che ricomprenda queste persone. Si parla di Reddito di Emergenza, si può pensare all’allargamento del Reddito di Cittadinanza connesso a nuove politiche del attive del lavoro, ma un intervento è necessario».

Sostenere il Terzo settore

E a proposito di strada, la situazione è tale che diventa importante non soltanto il sussidio, o «il sostegno alimentare previsto dal Cura Italia, che è una buona cosa e, anzi, andrebbe potenziato, ma la costruzione di una grande rete di protezione sociale, che abbia fra i suoi attori i Comuni e il Terzo settore, che ben conosce le fragilità e i suoi luoghi. Possono dover servire più mense, dormitori, servizi a bassa soglia. Oltre a una questione di reddito c’è una questione di connessioni sociali».

Ecco, il Terzo Settore. Anch’esso su una linea del fronte anche e a maggior ragione in tempi di Coronavirus. Tantissime associazioni ed enti, anziché fermarsi, hanno rimodulato i loro interventi sui bisogni dell’emergenza e hanno continuato, magari faticando, a sostenere le persone più in difficoltà. «È un fatto», conclude Rossini. «Il nostro Paese ha un capitale sociale di corpi intermedi, che collabora con le istituzioni e che alimenta valori che danno respiro alla democrazia: solidarietà, legalità, impegno. Ma abbiamo bisogno di essere sostenuti in maniera più concreta. E di raccontare di più ciò che facciamo».

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