RIETI, MENSA DI SANTA CHIARA: FACCIAMO UN APPELLO ALLE ISTITUZIONI

A Rieti la Mensa di Santa Chiara continua a non avere una sede stabile. Stefania Marinetti: «Faccio appello alle istituzioni: venite a mangiare da noi, a toccare con mano, a rimboccarvi le maniche»

di Pier Luca Aguzzi

Ad un anno dal problema che affligge la Mensa Santa Chiara di Rieti, il non avere più una sede in cui accogliere le persone in difficoltà, abbiamo incontrato Stefania Marinetti, presidentessa dell’associazione che gestisce la struttura.

Quando nasce la Mensa Santa Chiara?
«La Mensa nasce nel 2002 dall’Ordine Francescano Secolare. San Francesco, del quale il territorio reatino è ricco di segni, pensò una regola non solamente per i frati e le clarisse, ma anche per le persone come noi, che vivono nel secolo, nel mondo. La nostra sede è a Fonte Colombo, lì si vive appieno la regola di san Francesco che prevede il vivere tra i lebbrosi e le persone in difficoltà. Io ne faccio parte e così è nata la nostra Mensa, il nostro modo di tradurre il Vangelo nella vita. Il nostro modo di tradurre la parola di Dio è stato aprire una finestra sulla città di Rieti. Nel 2002 non c’era il minimo sentore di ciò che sarebbe accaduto negli anni successivi: crisi economica, terremoto, pandemia. Non avevamo una palla di vetro, ma volevamo avere una relazione con le persone e le loro fragilità. Così venti anni fa iniziammo questa avventura nel Monastero delle Clarisse, che ci ospitarono all’inizio in una piccola stanza. Nei primi due anni del nostro percorso abbiamo avuto due o tre persone al massimo, ma siamo stati perseveranti, non mollando. Poi ecco l’arrivo di numeri importanti di persone in difficoltà, fino ad oggi quando abbiamo toccato anche punte di 250 pasti al giorno».

Quale la situazione attuale per la Mensa di Santa Chiara?

Mensa di Santa Chiara
Nella foto Stefania Marinetti

«La Mensa ha iniziato la sua opera fornendo cibo la domenica e i giorni festivi, oggi  invece diamo un pasto tutti i giorni, a pranzo e cena, dando vita anche a nuovi servizi. Molte persone sanno che la Mensa è in grande difficoltà, soprattutto di spazi. Il terremoto di Amatrice 2016 non è stato solamente di Amatrice, ma di tutto il reatino. Il Monastero che ci ospitava a Rieti, in centro storico, aveva fragilità strutturali e così per otto mesi siamo stati in una tensostruttura allestita in piazza Mazzini, successivamente ci siamo spostati nuovamente al Monastero facendo rientrare i nostri fratelli bisognosi. Con l’arrivo della pandemia i numeri son lievitati e così siamo stati costretti a distribuire pasti caldi all’aperto, poi nuovi problemi strutturali con conseguente inagibilità del Monastero stesso, così il calvario è proseguito con lo spostamento in via Sant’Agnese, fino alla temporanea chiusura della Mensa. Da settembre 2022 al 1° febbraio 2023 siamo stati in via Sant’Agnese, distribuendo panini o pizza, poi,- grazie alla Prefettura e al Generale della Caserma Verdirosi, siamo andati nella Caserma militare di piazza Beata Colomba dove ci è stata messa a disposizione una cucina ed ora, infine, da inizio mese ci troviamo al mercatino del quartiere Micioccoli, dove ci sono alcune cucine, ma chiaramente non può essere questa la sede stabile. Siamo in attesa che tutte le istituzioni ci diano una risposta, un segno della loro presenza. Non è possibile proseguire così, non tanto per il nostro sacrificio, ma soprattutto per tutte le persone che non hanno voce, sono invisibili, perlopiù italiani, ma anche per tanti fratelli immigrati che vengono da noi a prende un pasto al giorno».

Cosa rappresenta per voi e per le persone bisognose la Mensa di Santa Chiara?
«Per noi la Mensa non significa solamente dare un pasto, ma ricreare la socialità, una relazione di ascolto, restituendo la dignità a chi purtroppo l’ha persa e farli stare in fila all’aperto sembrava di rubare loro la dignità, nuovamente».

Dove opera la Mensa?
«Il nostro raggio d’azione si è ampliato nel tempo con persone che ci chiamano, intervenendo noi un po’ in tutta la provincia. Non è facile arrivare a Rieti da Borgorose o Poggio Mirteto, così siamo noi che spesso andiamo dai bisognosi. Qui mi piace sottolineare il messaggio di Papa Francesco, questa Chiesa che esce non solo da Fonte Colombo, ma che esce anche dai luoghi destinati ad un servizio per chi ha difficoltà, anche per noi quindi, uscire da un luogo protetto per aiutare chi ha bisogno, abbattendo anche la vergogna di chi si sente a disagio nel farsi vedere in richiesta di aiuto. Di fronte, con noi, hanno veramente una sorella o un fratello, che non giudica, che ascolta il problema, come il pagamento dell’affitto o di una utenza, oppure come essere aiutati nel fare la spesa o nell’affrontare il costo di un funerale per seppellire i propri cari. Adesso la Mensa Santa Chiara è in difficoltà, abbiamo chiesto aiuto anche ad un’associazione di Milano. La Mensa ha rischiato di chiudere. Abbiamo bloccato il pagamento delle utenze e affrontare la preparazione di 150 pasti ogni giorno, nella maniera più oculata possibile, è difficile. A persone che mangiano un pasto solo una volta al dì non puoi dare un piatto di pasta buttato lì, senza cura».

Adesso è la Mensa Santa Chiara ad aver bisogno di aiuto. A chi fare un appello?
«Non faccio appelli alla cittadinanza, perchè la Città dà molto, ha sempre dato molto. L’appello lo faccio invece alle istituzioni, non possono dimenticare. Le invito a venire a vedere, a mangiare con con i meno abbienti, con chi è in difficoltà, perchè è semplice guardare da fuori o guardare dai posti comodi. E’ facile anche interagire con me, che rappresento la Mensa. Chiedo alle istituzioni di venire e rimboccarsi le maniche, perchè ciò che vediamo è vergognoso nel 2023.  Tutti devono muoversi per trovare un luogo caldo. Personalmente farei fatica a varcare certe soglie».

Il ruolo dei volontari quanto è importante?
«Ringrazio i tanti volontari che ci aiutano, li ringrazio fortemente per il grosso sacrificio al quale sono sottoposti da ormai sette anni, e non si risparmiano mai. Bisogna sapersi organizzare, cucinare, pulire, smistare le donazioni, mettendosi alla pari dell’altro, senza far emergere differenze ed imbarazzi, e loro questo lo sanno fare benissimo».

Qual è la vostra speranza?
«Innanzitutto è ora di smetterla di pensare che ci siano persone che vengono alla Mensa Santa Chiara per approfittarsene. Noi non diamo soldi, le utenze ai meno abbienti le paghiamo noi. Ci sono persone che vengono solamente per consumare un pasto e vi assicuro che c’è tanta disperazione. Nel territorio reatino, pieno di segni della presenza di san Francesco d’Assisi, questi pensieri non debbono esistere, per favore usciamo da queste logiche. Venire a chiedere un piatto di pasta non è approfittarsi. L’obiettivo è quello di non essere per sempre assistenzialisti. Rieti, il territorio, gli enti, debbono dare un futuro a tutti. Vorremmo chiudere la Mensa dicendo ok, non c’è più bisogno di lei. Questo è il nostro sogno, il nostro intento, e nessuno ci può impedire di sognare qualsiasi cosa accadrà».

Immagine di copertina: Mensa di Santa Chiara

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