ROMA, MUNICIPIO I: UN PATTO DI COMUNITÀ CONTRO SOLITUDINE E RABBIA

Nasce una rete tra 72 realtà del territorio per costruire i servizi di cui ciascun cittadino ha bisogno

Il Primo Municipio ha dato vita ad uno strumento innovativo, il Patto di Comunità, per costruire una rete unitaria e dinamica. La difficile situazione sociale, che stiamo vivendo in seguito alla diffusione del Covid-19, impone a tutti un lavoro comune, indispensabile a fornire risposte concrete per il territorio. «La sfida che vogliamo raccogliere, tutti insieme, è cercare di dare una prima risposta collettiva, coordinata, collaborativa, perché nessuno si senta escluso o abbandonato», si legge nel Patto, che raccoglie 72 realtà del territorio, molto eterogenee, a cui continuano ad unirsi altre: da Scomodo alla Croce Rossa, da CSV Lazio ad AISM Roma, dal Progetto Viva gli Anziani ad Alzheimer Uniti Roma, da Comunicazione e cultura Paoline Onlus agli Amici di via Plava.

Un patto di comunità contro la rabbia

«Abbiamo voluto costruire uno strumento che dia risposte di rete nell’emergenza, che non faccia sentire nessuno solo, perché trova una comunità pronta ad accogliere. Nello stesso tempo il Patto di Comunità ci permette di costruire una rete di servizi permanente, nel futuro e anche nella definizione dei prossimi piani sociali», dice Emiliano Monteverde, Assessore alle Politiche Sociali del I Municipio. «Vogliamo rispondere concretamente alle esigenze del territorio ed imparare per la futura teoria».

Le adesioni sono in gran parte del mondo del sociale, ma sono presenti anche associazioni di tutela di spazi e parchi: reti di cittadini consapevoli del fatto che le persone che vivono nei territori sono un elemento fondamentale del territorio stesso. Ogni associazione o realtà propone servizi, che magari non tutti conoscono e la rete serve proprio ad aiutarsi (per aiutare) a vicenda. Poi ci sono attività che si possono costruire unendo offerte che ogni associazione propone: il Patto di Comunità ha lo scopo di fare da regia, è un luogo che raccoglie.

«Il tema è mettere insieme bisogni ed offerte, ognuno può essere un canale di segnalazione dei problemi e delle necessità che incontra, per dare risposte e non far sentire le persone sole: questo ci dà il quadro della situazione delle domande», continua Monteverde. «La solitudine e la disperazione oggi sono diverse da quelle di marzo-aprile, creano rabbia; dobbiamo tenere conto di questa trasformazione, bisogna far sentire vicinanza alle persone, far sapere loro che c’è una comunità fatta di associazioni».

Un’idea di comunità del futuro

«Il Patto dà il metro di una comunità diversa, che vogliamo costruire oggi, per dare risposte alle fragilità collegate alla pandemia, ma è un’idea di comunità del futuro, di come dovremmo costruire questa città anche dopo questo momento», afferma Sabrina Alfonsi, presidente del I Municipio di Roma. «È il figlio cresciuto dell’iniziativa “Aiutiamoci a casa nostra”, nata con l’emergenza sanitaria. Il Patto vuole essere un modo per riconquistare fiducia nelle istituzioni. Facendo sentire nessuno solo, permette di acquistare fiducia in tutti gli altri».

 

patto di comunità
Volontari di Portici Aperti

Il Patto di Comunità è un’iniziativa in linea con i risultati della prima indagine sui corpi intermedi realizzata da Ipsos e promossa dalla Fondazione Astrid e dalla Fondazione per la Sussidiarietà, per fornire materiali conoscitivi inediti in vista dello studio su “Ricerca su ruolo, problemi e compiti dei corpi intermedi nella società e nella democrazia italiana”, che sarà pubblicata nei primi mesi del 2021. Il 70% degli italiani considera il ruolo dei corpi intermedi importante per uscire dall’emergenza sanitaria e nella fase di ripartenza. Le associazioni di volontariato godono della fiducia maggiore (72%), seguite dalle associazioni di tutela dei consumatori (61%) e dalle fondazioni culturali (58%). Al quarto posto, a sorpresa, si collocano le amministrazioni pubbliche locali (49%) che escono rafforzate dall’emergenza sanitaria. Secondo la maggioranza (54,8%) la pluralità nel mondo associativo è un elemento positivo a livello di rappresentatività.

Una “rete nella rete”

Tra coloro che hanno aderito al Patto c’è anche Portici aperti, realtà che riunisce molte associazioni dell’Esquilino, nata da un’esperienza fatta sul campo nel periodo del primo lockdown. «Un anno fa abbiamo messo in rete le varie associazioni territoriali, che si occupano normalmente anche di altri aspetti della vita del rione», dice Gennaro Berger, portavoce pro tempore di Portici aperti. «Questo Patto di comunità è molto importante: noi abbiamo delle risorse, anche dormienti, che al momento del bisogno possono essere riattivate; allo stesso modo possiamo intercettare situazioni che possono essere affrontate in modo ottimale da altre associazioni. Vorremmo che le istituzioni fossero ancora più capillari, ma se non lo faranno, ci daremo da fare come abbiamo sempre fatto».

Questa rete di associazioni riunisce: Esquilino in comune, Esquilino Vivo, Abitanti via Giolitti, Casa dei diritti sociali, CIES Matemu, Comitato Piazza Vittorio partecipato, RES, ReFoodgees-Roma SalvaCibo, Slow food Roma, Retake Roma, Binario 95, Ora d’Aria onlus.

«Alla fine del 2019 ci siamo messe insieme per organizzare un pranzo sociale per le famiglie più bisognose, fissato per aprile scorso, poi è iniziata l’emergenza sanitaria e il pranzo ovviamente non si è più potuto fare. Il nome è nato perché si parlava di porti aperti e chiusi, e abbiamo pensato a “portici aperti”. Ci siamo trovati con una struttura già organizzata, ma senza più uno scopo e ci siamo reinventati per dare da mangiare alle persone in difficoltà e con problemi. Offriamo un pacchetto di servizi ampio, anche relativo alle problematiche del lavoro».

“Nessuno escluso” è un progetto di distribuzione alimentare di Emergency (foto Renato Ferrantini)

Portici aperti offre tanti pranzi per tante persone tutti i giorni. Mentre alcune famiglie avevano un supporto del comune, del municipio, quelle rintracciate da Portici aperti non avevano altre risorse o ammortizzatori sociali. «Con il massimo dell’impegno abbiamo distribuito pranzi per 220 nuclei familiari a giugno, luglio e agosto, ancora più problematici per l’esaurimento delle scorte e per l’assenza di lavoro. Ora seguiamo circa 40 famiglie italiane e straniere, anziani, persone in transito sessuale. Abbiamo ricominciato con le nostre attività di spesa sospesa e di pannolino sospeso nei piccoli esercizi. Le persone ci contattano direttamente sulla pagina Facebook, altre mediate da insegnanti o vicini di casa, altre le abbiamo rintracciate grazie alla nostra conoscenza del territorio, ad esempio l’Associazione Genitori Di Donato: scuola molto inclusiva, con tanti studenti immigrati. Alcuni utenti, in questi mesi, si sono ripresi e ci danno una mano come volontari. È veramente una bella esperienza”.

Il filo rosso

«Abbiamo iniziato a giugno a collaborare con il I Municipio con la consegna di beni e alimenti di prima necessità con il progetto “Nessuno escluso”» spiega Pietro Protasi, Coordinatore Nazionale dei Volontari di Emergency. «Quest’iniziativa è ottima, siamo assolutamente d’accordo con i principi di collaborazione e condivisione alla base del Patto, soprattutto in una città così dispersiva come Roma. Per quanto riguarda l’attività di volontariato credo sia un elemento fondamentale, spero che si possano mettere insieme le forze di diverse realtà che agiscono in ambiti diversi, anche con approcci differenti: unisce associazioni laiche e religiose, ad esempio. Bisogna cercare di contribuire per allargare il tema dei diritti a chi per tanti motivi ne è fuori, credo che questo sia un filo rosso comune che coinvolge tutte le associazioni che si muovono nell’ambito del volontariato. Sono anche curioso di vedere come questa proposta venga declinata».

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