SICUREZZA E PREVENZIONE NEL POST PANDEMIA. IL CORSO PER LE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO

Dal 30 settembre, e fino a dicembre, sarà possibile prendere parte al corso di formazione su sicurezza e prevenzione nel post pandemia destinato a volontari, presidenti, coordinatori e responsabili delle OdV del Lazio. Perché è importante partecipare

di Lucia Aversano

Coping, debriefing, crisis management sono tutti termini che riguardano la psicologia dell’emergenza e che in questi ultimi anni, per via della pandemia, sono diventati ricorrenti in diversi settori. La pandemia, infatti, ha determinato una svolta nelle nostre vite che ha coinvolto tutti gli ambiti dell’esistenza. Il mondo del lavoro, in primis, si è dovuto adattare a un nuovo ordine, fatto di regole e attività che hanno imposto maggiore sicurezza in azioni che prima si facevano con assoluta normalità. Così come il mondo del lavoro, anche il mondo del volontariato ha dovuto adeguare la propria attività all’interno di un contesto mutato rispetto al passato, sia durante la pandemia che dopo. Operare nel volontariato oggi, rispetto al passato, richiede maggiore consapevolezza verso gli aspetti che riguardano la prevenzione e la sicurezza. Per tale motivo, il Centro di Servizio del Volontariato del Lazio ha realizzato un percorso formativo in collaborazione con l’ISPRO, l’Istituto di Studi e Ricerche sulla Protezione Civile e la Sicurezza da titolo “Gestire emergenza, prevenzione e sicurezza, anche dopo la pandemia”. Il corso, della durata di 3 giorni, si terrà a partire dal 30 settembre e nei mesi di ottobre, novembre e dicembre in quattro  diverse sedi: Roma Città, Frosinone e Ariccia.

Tutte le informazioni sul corso “Gestire emergenza, prevenzione e sicurezza, anche dopo la pandemia” sono disponibili sul portale CSV Lazio a questo link, dal quale è possibile iscriversi.

L’obiettivo è quello di fornire le nozioni di base e gli strumenti necessari a chi ha dei ruoli di responsabilità all’interno di una Organizzazione di Volontariato, sui diversi aspetti della sicurezza. Luigi Fabbri, presidente dell’ISPRO, ci spiega perché è fondamentale la formazione in questo campo, soprattutto per coloro che gestiscono le associazioni.

post pandemia
Luigi Fabbri, presidente ISPRO: «I volontari chiedono maggiori sicurezza e preparazione e quest’esigenza deve essere accolta da chi dirige le associazioni, dalla più grande alla più piccola».

Volontari di oggi rispetto a volontari di ieri, cosa è cambiato?

 «La pandemia ha sicuramente determinato una svolta nelle nostre vite che ha coinvolto tutti noi e ha cambiato il nostro modo di essere, e questo non si può non ripercuotere nell’attività di volontariato. Il modo di fare volontario è cambiato durante la pandemia e oggi fare il volontario non è più solo un atto di bontà d’animo. I volontari chiedono maggiore sicurezza e maggiore preparazione per svolgere le loro attività, e quest’esigenza deve essere accolta da chi dirige le associazioni, a partire dalla più grande fino alla più piccola».

Quali sono le competenze che oggi vengono richieste a chi gestisce un organizzazione di volontariato?

«I dirigenti, o coloro che hanno l’onere e l’onore di gestire un’organizzazione di volontariato, hanno diverse responsabilità. Tra queste rientrano anche quelle verso coloro che operano all’interno dell’associazione. Non è più possibile oggi gestire le risorse all’interno di un’associazione come prima. Il lavoro dei volontari, seppur non retribuito, è pur sempre un lavoro che va fatto in sicurezza. E non nego che, la maggior parte dei dirigenti non sappiano di avere degli adempimenti. Infatti, nella mia esperienza, ho notato che il Testo Unico sulla Salute e la Sicurezza, il decreto legge 81 in vigore dal 2008, a volte viene disatteso.»

 E il corso si concentrerà anche sugli aspetti legislativi della sicurezza…

«Nei moduli che compongono il corso ci sarà, oltre alla prevenzione, anche una parte destinata al quadro normativo che oggi richiede una conoscenza certamente più approfondita.»

Psicologia, comunicazione, prevenzione, conoscenza della legislazione in merito. Sono diversi gli ambiti che verranno trattati nel corso, ci può spiegare il perché?

«Il corso è di 14 ore ed è suddiviso in 3 giornate, al suo interno c’è anche una parte di laboratorio finale perché bisogna lavorare anche sulla psicologia di chi fa volontariato.  C’è una parte dedicata proprio alla psicologia dell’emergenza, soprattutto per le associazioni di protezione civile. È necessario che si conoscano i fattori di rischio, è necessario che si parli dei fattori di protezione e che chiariamo la finalità della parola resilienza. Bisogna far apprendere ai volontari il supporto psicosociale e come si differenzia il supporto tra maxi emergenze ed emergenze minori. Ci sono diverse modalità per la gestione delle crisi come il coping o debriefing, e questi concetti non vanno solo chiariti, ma devono far parte del bagaglio culturale di chi dirige un’associazione di volontariato.»

Oltre a gestire le crisi, il corso ha come obiettivo anche quello di formare sulla gestione delle risorse umane…

 «Chi gestisce un’associazione di volontariato deve saper gestire le risorse umane come in un’azienda. Nel senso che le modalità di gestione sono le stesse, in quanto si tratta di saper gestire le persone prendendo da ciascuno di loro il meglio, potenziando le loro capacità professionali. Qui il ruolo del dirigente è fondamentale. Chi gestisce un’associazione deve avere la leadership del suo gruppo, deve saper cogliere i problemi all’interno del gruppo, e deve avere capacità di problem solving. Bisogna imparare dalle aziende alcuni modelli di gestione delle risorse umane. C’è molto da fare perché gli operatori sono cambiati rispetto al passato e sono diminuiti.»

In che senso gli operatori sono cambiati e diminuiti?

«Il mondo del volontariato oggi, numericamente parlando, non è ancora in crisi ma ci si sta avviando. Il terzo settore, forse, non ha saputo comunicare bene all’esterno le bellezze del volontariato. Non ha comunicato bene verso la scuola né tantomeno verso il mondo del lavoro.  Man mano che questa generazione va in pensione, da volontario o da dirigente di associazione, le associazioni entrano in crisi.  Al momento, l’unico modello che non vive questo tipo di crisi è quello della protezione civile. Molti ragazzi si avvicinano al mondo del volontariato proprio attraverso le associazioni di protezione civile, forse per l’operatività, o forse per la divisa. Fatto è che tutto il resto del volontariato ormai è anziano e spesso non è più adatto, sia fisicamente che psicologicamente, alle attività finora svolte.»

E il corso che inizierà a breve affronterà anche questo tema?

«Sono tante le cose che noi cercheremo di seminare durante il corso e offriremo delle soluzioni alle domande che il volontariato oggi si pone, tra cui ad esempio come fare co-progettazione. Abbiamo già fatto, prima a Latina poi a Rieti, un’esperienza formativa di questo tipo e c’è stato un notevole entusiasmo perché c’è fame di formazione; c’è voglia di imparare e di avere risposte alle nuove questioni che sono nate in questi ultimi due anni.»

 

 

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