TECNOCAPITALISMO. CON LORETTA NAPOLEONI SUI TECNOTITANI E LA LOTTA PER IL BENE COMUNE

Una chiacchierata con Loretta Napoleoni sul suo "Tecnocapitalismo". «L’innovazione tecnologica ci appartiene, è frutto del progresso dell’umanità, come ai tempi della Rivoluzione industriale ci appartenevano i mezzi di produzione. E, come allora, bisogna riconquistarla per metterla al servizio del bene comune»

di Laura Badaracchi

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«La rivoluzione tecnologica ridisegna continuamente la nostra vita personale e tutto ciò che le sta intorno: l’economia, la politica, i rapporti umani. È un processo di cambiamento incessante, per ora inarrestabile, che ci logora. Ma non tutti sono vittime dell’ansia della trasformazione. Un ristrettissimo gruppo di individui, gente che conosce e controlla l’innovazione tecnologica, ha creato ricchezze inimmaginabili sfruttandola: sono i Tecnotitani». Ne è convinta Loretta Napoleoni, economista e saggista di fama internazionale: i suoi libri sono tradotti in 21 lingue. In Tecnocapitalismo. L’ascesa dei nuovi oligarchi e la lotta per il bene comune, edito da Meltemi, spiega perché dietro alla nostra ansia «non c’è la paura dell’ignoto ma la velocità con cui il presente diventa futuro».

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Loretta Napoleoni, economista e saggista: «Nei periodi di grande trasformazione, il vero risultato dei visionari di successo non è dato dalle dimensioni delle ricchezze accumulate, bensì dal loro contributo al salto in avanti del progresso dell’umanità, cioè del bene comune». Ph Gianluca Moretto

Chi sono i Tecnotitani?
«Conosciamo bene i loro nomi, ma fino a qualche mese fa li associavamo soltanto alle loro imprese: Elon Musk con Tesla, Jeff Bezos con Amazon, Mark Zuckerberg con Facebook e Meta. Oggi questi personaggi sono entrati nel gotha della politica. All’inaugurazione del secondo mandato di Donald Trump erano tutti presenti: un segno inconfondibile dell’alleanza strategica fra tecnologia e politica; un accordo che Trump sta usando come leva per creare un nuovo ordine mondiale, che finirà per escluderci ulteriormente dalla gestione del pianeta traslando l’ansia e la confusione di cui siamo vittime anche nella sfera politica».

Perché la tecnologia è diventata una minaccia?
«La minaccia tecnologica è talmente grande che riesce difficile descriverla senza rischiare di tralasciarne aspetti importanti. Semplificarla non è auspicabile: parte del problema che abbiamo di fronte nasce proprio dalla reticenza a processare la complessità del cambiamento, ma è imperativo farlo. Internet doveva essere il “grande equalizzatore”, una forza democratica globale. Invece, con i soldi stampati elettronicamente per salvare le banche nel 2008, Wall Street ha finanziato un nuovo tipo di capitalisti seriali, i Tecnotitani, che hanno sequestrato l’innovazione tecnologica, privando i lavoratori dei loro diritti e arricchendosi al di là di ogni più fervida immaginazione. Poi è arrivata la gig-economy, un altro presunto equalizzatore digitale, dove “ognuno era il proprio capo”, ma era solo un’altra illusione perché ha cancellato i diritti dei lavoratori».

Quindi la tecnologia ha due facce…
«L’innovazione tecnologica ci appartiene, è frutto del progresso dell’umanità, come ai tempi della Rivoluzione industriale ci appartenevano i mezzi di produzione. E, come allora, bisogna riconquistarli, strapparli dalle mani dei tecnocapitalisti per metterli al servizio del bene comune. Per farlo bisogna prima di tutto prendere coscienza dello sfruttamento di cui siamo vittime per mano dei Tecnotitani. Uno sfruttamento che, pericolosamente, ci sta portando alla follia».

Con quali conseguenze?
«Il salario minimo dei lavoratori è sceso sotto il livello di cinquant’anni fa, in molti ambiti l’intelligenza artificiale ha già cominciato a rimpiazzare gli esseri umani e il Sogno americano è un lontano ricordo. I più poveri e i malati non sono più inutili, tutt’altro: sono una fonte di profitto per le grandi industrie farmaceutiche e tutto il comparto. Oggi una persona anziana con un cancro allo stadio terminale può essere tenuta in vita dieci anni in più rispetto al passato per fare esperimenti, e Medicare, il sistema sanitario pubblico americano, fa guadagnare milioni di dollari alle aziende sanitarie private».

E i conflitti si inseriscono in questo quadro a tinte fosche?
«La guerra in Ucraina è sì una tragedia umana di proporzioni epiche, ma è stata anche una fonte di profitto per le industrie degli idrocarburi e delle armi. Il conflitto ha causato la riapertura degli impianti a carbone e ha consentito agli Stati Uniti e alla maggior parte dei Paesi europei di modernizzare i loro vecchi sistemi di armamento scaricandoli sull’Ucraina. L’inatteso ritorno della corsa agli armamenti tipica della Guerra fredda ha dato nuova linfa al complesso militare-industriale in Russia, negli Stati Uniti e in tutto il mondo a discapito della green economy, tenuta in sospeso per tutta la durata della guerra e abbandonata dall’amministrazione di Trump, e dell’approvvigionamento alimentare globale, dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria di base e del sostegno ai soggetti più bisognosi della società. La vita stessa si sta svalutando, anche se i leader mondiali hanno alzato i tassi d’interesse per combattere il nemico economico numero uno della gente: l’inflazione, siamo più poveri».

Come invertire la rotta?
«Nei periodi di grande trasformazione, il vero risultato dei visionari di successo non è dato dalle dimensioni delle ricchezze accumulate, bensì dal loro contributo al salto in avanti del progresso dell’umanità, cioè del bene comune. Senza queste conquiste collettive, la maggior parte delle innovazioni è destinata a danneggiare la società, tramite impoverimento, oppressione o addirittura frodi. Un ristretto gruppo di imprenditori ferrati nell’hi-tech, in effetti, è riuscito a cogliere la velocità del cambiamento e a ricavare immensi benefici dal Futuro Presente grazie alla conoscenza dell’innovazione tecnologica. Queste persone capiscono la tecnologia e la controllano. Purtroppo, troppo spesso abusano di questo vantaggio straordinario e invece di metterlo al servizio del bene comune lo usano per interessi propri, danneggiano la società».

Quali rischi corriamo e come usare la tecnologia a nostro vantaggio?
«La reazione più comune è crogiolarsi nella nostalgia, idealizzare il passato e detestare il presente e il futuro. Per questa ragione, non siamo interessati a comprendere e controllare la tecnologia e siamo felici di essere consumatori, clienti, persino dati, in un modo che si adatta ai nostri bisogni immediati ed egocentrici. La tecnologia, può aiutarci a patto che impariamo a controllarla e ad avvalercene in maniera appropriata, cioè a metterla al servizio del bene comune. Se lasciata nelle mani dei Tecnotitani, al contrario, danneggerà noi e il pianeta. Basti pensare alla rivoluzione tecnologica dell’auto elettrica, che consuma una frazione dell’energia da idrocarburi dei veicoli tradizionali, a condizione però che l’elettricità sia generata da fonti rinnovabili. Ben poco – o quasi nulla – viene fatto per affrontare il problema della produzione e dello smaltimento delle batterie delle auto elettriche, che hanno una considerevole impronta di carbonio, perché l’obiettivo finale di chi controlla questa tecnologia rimane la redditività, non la sostenibilità; cioè l’avidità, non il bene comune».

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tecnocapitalismoLoretta Napoleoni
Tecnocapitalismo
L’ascesa dei nuovi oligarchi e la lotta per il bene comune
Meltemi Editore, 2025
pp. 302, € 19

 

 

 

 

 

TECNOCAPITALISMO. CON LORETTA NAPOLEONI SUI TECNOTITANI E LA LOTTA PER IL BENE COMUNE

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