ROMA, ULTRABLU: GIOIOSA RIVOLUZIONE DI ARTE, DIVERSITÀ, VITA

A Roma Ultrablu promuove arte e cultura generate dalla neurodiversità, con un atelier, un bar e una casa editrice. Un posto che è terapeutico, proprio perché non lo è

Entrare nello spazio di Ultrablu, in piazza Americo Capponi 7, a Roma, a pochi passi da San Pietro, mette immediatamente addosso una sensazione positiva. È un mondo vitale, accogliente, stimolante, creativo. Dove sta accadendo qualcosa di molto importante: una sorta di gioiosa rivoluzione culturale, in cui le diversità convivono e possono davvero trovare dignità e fondersi con il mondo.  È uno spazio in continuo mutamento ed evoluzione, in cui si trovano un atelier di arti visive e performative, frequentato quotidianamente da numerosi artisti, una galleria e uno spazio eventi, una casa editrice, una libreria e un cocktail bar. Ultrablu è un’associazione di promozione sociale che nasce nel 2017 e che si occupa di promuovere arte e cultura generata dalla neurodiversità. Lavora con artisti giovani, dai 13 ai 30 anni. Lo spazio di Ultrablu è un luogo accogliente, gioioso, rilassante, con le sue tinte di bianco e verde chiaro. «Conoscendo il carattere dei ragazzi abbiamo pensato a una condivisione degli spazi tra esterno e interno» ci ha spiegato Gaia Peruzzi, fondatrice di Ultrablu.  «Abbiamo pensato di fare tutto in vetro, ma con una porta che potesse isolare il lavoro dei ragazzi, perché hanno bisogno di tranquillità per lavorare. Abbiamo deciso di rendere il luogo il più trasparente possibile, con delle pareti bianche, e dei pavimenti di resina grigia, per non contrastare le opere».

Non il solito corso d’arte

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«Non ci interessa solo il lato artistico, ma la vita»

Ultrablu nasce nel 2017 da un’idea di Virgilio Mollicone, oggi il presidente, professore di grafiche pittoriche al liceo Ripetta. «Ci aveva detto che per una vita aveva insegnato a ragazzi con lo spettro autistico e non sapeva come mai non si fosse mai accorto di questi ragazzi» ci spiega Gaia Peruzzi. «Il contatto con uno di loro, a un certo punto, gli ha aperto un mondo. È stato talmente affascinato da fondare questa associazione. Io stessa, nel 2017, facevo volontariato alla Peter Pan. Da una vita cercavo un posto per far esprimere a mio figlio le sue capacità artistiche. Ma non volevo un corso d’arte, perché lui non ci si sarebbe trovato. Serviva qualcosa che gli somigliasse. Una terapista mi ha parlato di Virgilio, che aveva aperto Ultrablu due mesi prima insieme alla madre di un ragazzo. E così è nato tutto».

Case d’autore

Da due anni Ultrablu è arrivata nella sua nuova sede, dove ci sono un laboratorio, un bar, una libreria, dove finalmente si possono ospitare più ragazzi. «Serviva un posto più grande. ma non solo» ci spiega Gaia Peruzzi. «Ci serviva anche per sviluppare qualcosa di diverso. Non ci interessa solo il lato artistico, ma la vita. Abbiamo dei progetti futuri, quando avremo una stabilità economica, per fare delle case d’autore. Delle abitazioni dove i ragazzi potranno andare a vivere, come accade già in Germania, per condividere la vita e l’arte. Vorrebbe dire autonomia, dignità, socializzazione. Tutto quello che un essere umano ha diritto di avere nel corso della propria vita, e che spesso a questi ragazzi viene negato».

Solo la vicinanza abbrevia le distanze

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«Questi ragazzi sanno che, quando vengono qua, non li consideriamo persone rotte da aggiustare»

Che nella sede di Ultrablu ci siano l’atelier e il bar è importante per vari motivi. «La mattina molti dei nostri ragazzi imparano a servire ai tavoli» ci spiega la fondatrice. «Non è che tutti diventeranno Picasso. E allora il bar serve anche per insegnare loro un mestiere. Ma anche per avere un contatto che sia costruttivo sia per il ragazzo che per il normotopico che incontra un ragazzo neurodivergente. Perché questi ragazzi sono persone che non abbiamo occasione di incontrare da nessuna parte, a meno di non essere insegnanti. La convivenza delle diversità è proprio questa: solo la vicinanza abbrevia le distanze». Conoscere, e conoscersi, è fondamentale. Perché questi ragazzi sono imprevedibili, fuori dalle etichette: sfuggono e non disegnano mai entro le righe. Questa cosa, nella nostra società, è qualcosa che spaventa».

Un posto terapeutico proprio perché non lo è

Creare, fare arte è qualcosa che dà libertà, autostima, grandi soddisfazioni. «Il beneficio, per loro, non riguarda solo l’arte» ci spiega Gaia Peruzzi. «Ma deriva da questo posto. Loro sanno che, quando vengono qua, non li consideriamo persone rotte da aggiustare. Loro sono sempre stati ospedalizzati, sono stati sempre costretti a frequentare posti in cui si richiede di essere diversi. Sono spazi che sono terapeutici: non esistono spazi di socializzazione dove possono esprimere loro stessi. Questo posto diventa terapeutico proprio perché non lo è, perché i ragazzi sanno che loro ci piacciono come sono. Non si sentono giudicati. Se pensi di cambiarli si svuotano della loro essenza». La cosa che funziona, a Ultrablu, è proprio l’assoluta normalità in cui si lavora, e la commistione tra i vari artisti. «Abbiamo artisti neurotipici, per quanto possa esserlo un artista, e neurodivergenti che lavorano insieme» ci spiega la fondatrice. «Girando nell’atelier e nel laboratorio non si distinguono gli uni dagli altri. Il neurotipico non è il tutor dell’altro: c’è uno scambio artistico, non sai chi contamina chi. Quando i ragazzi entrano qui corrono subito verso il laboratorio: dove altro possono trovare tutti questi coetanei che lavorano insieme, amici con cui parlare? Alla fine c’è l’effetto terapeutico, ma è involontario. Ovunque vieni apprezzato, ovunque credono tu valga qualcosa, è un posto che ti fa bene».

Disegnare la Tosca con degli animali

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«Aiutiamo i ragazzi nell’editing e in questo modo i ragazzi guadagnano, possono avere i proventi del loro lavoro, sono capaci di autodeterminarsi».

Ultrablu è anche una casa editrice, che è stata presente anche a Più libri più liberi, che stampa i lavori dei ragazzi, soggetti realizzati in completa autonomia. «Li aiutiamo nell’editing, ma questo accade con qualsiasi artista» ci spiega Gaia Peruzzi. «E in questo modo i ragazzi guadagnano, possono avere i proventi del loro lavoro, sono capaci di autodeterminarsi. A volte è difficile farlo capire anche alle famiglie, c’è un processo di accettazione che vale anche per loro: quando vengono le prime volte qui i ragazzi le madri tendono a dire loro come fare le cose. Invece vanno lasciati fare». Tra i libri che abbiamo visto ci ha colpito in particolare uno degli artisti, un appassionato di opera lirica, che ha disegnato la Tosca zoologica, andando in giro per Roma a ripercorrere i luoghi della Tosca e rappresentando i protagonisti della storia come animali. A guardare quel libro viene in mente che potrebbe diventare un cartone animato, una serie. Perché i personaggi hanno uno stile preciso (quello che si chiama il “charachter design”), un tratto originale, unico che non somiglia ad altri. Nell’atelier c’è anche una postazione digitale, con computer e schermi, per disegnare e montare video animati. E grandi novità potrebbero venire anche da qui. Ultrablu ha partecipato anche a molti bandi regionali, e ha vinto anche un bando per Lazio Street Art, un progetto, nato dalla parte femminile degli artisti, che andrà in scena nello spazio davanti alla sede nei prossimi mesi

La malattia vera è la solitudine

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«Ci piace considerarci come una comunità auto educante»

«Stiamo portando avanti una rivoluzione culturale, una rivoluzione gioiosa» ci spiega orgogliosa Gaia Peruzzi. «E non facciamo fatica, siamo convinti del valore che queste persone possono avere per la società. Non lo dico da mamma ma da attivista». «Ultrablu è davvero un progetto di vita» continua. «Si parte dal fatto che abbiamo artisti con grandissime capacità. Non facciamo terapia, o arte terapia. Ci piace considerarci come una comunità auto educante. Che è importante per la crescita della loro autodeterminazione e per la loro dignità umana e lavorativa. Uno dei grandi tabù è l’esclusione dal mondo del lavoro: la percentuale delle persone neurodivergenti che lavorano è quasi inesistente». Anche per questo Ultrablu vorrebbe occuparsi anche di persone adulte, che vivono il disagio maggiore. «Gli adulti a un certo punto scompaiono» ci spiega Gaia Peruzzi. «Il Ministero prevede che tu sia autistico fono a 18 anni, poi di te non gliene frega niente a nessuno. La malattia vera non è l’autismo, che è una neurodivergenza. La malattia vera è la solitudine. La maggior parte di questi ragazzi fa una vita che scorre parallela alle vite dei loro coetanei, senza che queste vite possano mai incrociarsi».

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