I “DIMENTICATI” DEI VACCINI. UN PROBLEMA DA AFFRONTARE

Vaccini per homeless, migranti irregolari, chi è senza codice fiscale: la Regione Lazio non ha ancora dato indicazioni

In Italia non si contano più gli open day per permettere a tutti di accedere al vaccino contro il Covid-19, tuttavia c’è qualcuno che non ha ancora la possibilità di vaccinarsi, soltanto perché non ha il codice fiscale. È quanto accade ai senza dimora, ma anche agli immigrati senza permesso di soggiorno in alcune regioni d’Italia. A sollevare il caso è un articolo del New York Times di qualche giorno fa, citato in un editoriale di Salvatore Geraci dal titolo “I dimenticati del vaccino”.

Il responsabile sanitario della Caritas di Roma commenta la vicenda, raccontata appunto dal NYT, di un 63enne croato senza dimora a cui non è stato ancora riconosciuto il diritto di avere un vaccino, nonostante l’età e le precarie condizioni di salute. «Questo immigrato è un nostro paziente», scrive Geraci, «un paziente del Poliambulatorio della Caritas di Roma e, come lui, altre centinaia di persone sono in attesa del vaccino cui hanno diritto ma che non riescono ad avere».

Numeri grandi

A Redattore Sociale, Geraci torna a denunciare il ritardo accumulato nei confronti dei più deboli – i cui numeri a livello nazionale sono molto più preoccupanti – e la mancanza di direttive da parte delle istituzioni. “Di fatto non ci sono state indicazioni nazionali per la vaccinazione delle persone che non hanno la tessera sanitaria», spiega Geraci . «Gli immigrati senza permesso di soggiorno, così come li ha stimati l’Ismu, in Italia sono circa 500 mila: si tratta di persone che potrebbero non accedere alle vaccinazioni perché non hanno la tessera sanitaria. A questi bisogna aggiungere tutti coloro che hanno regolarizzato la propria posizione, circa 200 mila, ma che nella migliore delle ipotesi hanno solo un codice fiscale temporaneo, che non dà la possibilità prenotare il vaccino sui portali. Poi ci sono i senza dimora che non hanno un documento o è scaduto. I numeri, a questo punto, diventano significativi: c’è una fascia della popolazione che dal punto di vista amministrativo è praticamente tagliata fuori dai sistemi ordinari per poter accedere alle vaccinazioni».

Senza contare quanti, pur con tutti i documenti in regola, non riescono ad accedere alle informazioni utili per prenotare, anche solo per il semplice fatto che il portale regionale del Lazio è solo in lingua italiana, sottolinea Geraci.

Il diritto c’è

Eppure il diritto ad accedere al vaccino “c’è, è chiaro nelle norme italiane, è stato ribadito da più parti», scrive Geraci; «l’Aifa, l’agenzia del Farmaco, da mesi ha anche indicato il modo per superare l’impasse amministrativo dovuto alla mancanza della Tessera sanitaria». Tuttavia, in alcune regioni italiane l’ostacolo non è stato ancora superato. «Da una parte occorre cambiare il sistema», spiega Geraci, «accettando anche il codice fiscale temporaneo o altro, e poi occorre dare il mandato a tutte le Asl di vaccinare tutte queste persone, indipendentemente dal passaggio attraverso il portale. Si tratta di meccanismi che alcune regioni hanno già realizzato, come in Emilia Romagna o in Friuli Venezia Giulia, dove oltre al portale è possibile prenotare il vaccino direttamente alle Asl anche senza il codice fiscale. Qui nel Lazio non abbiamo ancora avuto indicazioni puntuali e le Asl, che nella migliore delle ipotesi stanno raccogliendo i nominativi, non hanno ancora avuto un input per poterli vaccinare».

Percorsi ordinari e straordinari

Tra chi si rivolge all’ambulatorio della Caritas, però, la volontà di vaccinarsi c’è, così come molte potrebbero essere le soluzioni per avviare le vaccinazioni tra chi non può o non riesce a prenotare il proprio turno sul portale. «Si potrebbe fare un open day tanto per avviare le vaccinazioni per queste persone », spiega Geraci. «Ma io credo che ci sia la necessità di sostenere percorsi ordinari. In alternativa si può fare un piano misto, con percorsi ordinari e percorsi straordinari, con il coinvolgimento dell’associazionismo e della Croce rossa». La speranza è che tutto si risolva nel più breve tempo possibile e che si tratti “solo di un ostacolo burocratico”, ma il ritardo accumulato preoccupa non poco. «Quando questa situazione perdura diventa anche un atto politico e bisogna stare attenti», precisa Geraci. «Noi siamo convinti che la regione Lazio sia molto attenta su questi temi e lo ha sempre dimostrato, ma in questo caso la vediamo incerta. Vacciniamo tutti e i senza dimora no? Non volevamo che superassero tutti gli altri, ma almeno che venissero trattati come il resto della popolazione”.

Questo articolo di Gianni Augello è tratto da Redattore Sociale.

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