VIOLENZA SULLE DONNE, AUSER: EDUCHIAMO AL RISPETTO

Auser lancia Educhiamo al rispetto, campagna che unisce nonni e nipoti sul tema violenza di genere. Vilma Nicolini alla politica: «Occorre superare gli stereotipi. Con i sostegni economici alle sole madri, diciamo alle donne che se non si sposano e non fanno figli valgono meno»

E se l’antidoto a uno dei mali più dolorosi del nostro tempo fosse una risposta immunitaria intergenerazionale? È la lente d’ingrandimento con la quale Auser, impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo delle persone anziane e nel valorizzare il loro ruolo nella società, tenterà di inquadrare questa Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Lo farà attraverso una campagna, Educhiamo al rispetto, che coinvolgerà nonni, nonne e nipoti e che prenderà il via da domani, 25 novembre, per svilupparsi poi in tante iniziative nel corso del 2024, l’anno del 35o anniversario della fondazione dell’associazione. Le volontarie e i volontari affronteranno con bambini e adolescenti il tema della violenza di genere attraverso workshop e seminari online, lo faranno anche in un incontro a Rimini l’11 dicembre, e poi organizzeranno incontri nelle scuole di ogni ordine e grado, coinvolgendo i giovani in uno scambio su esperienze e prospettive. L’uccisione della giovane Giulia Cecchettin – secondo una ricerca di SocialCom ha generato 16 milioni di interazioni sulle piattaforme in una settimana – ha fatto tornare l’argomento “femminicidio” in cima all’agenda dei media, che anziché portare avanti un’azione di formazione costante accendono i loro riflettori solo quando la cronaca presenta nuovi drammi da raccontare. «Chiamiamo le cittadine e i cittadini, le istituzioni e le organizzazioni a unirsi a noi in questo sforzo collettivo per costruire finalmente una società inclusiva, fondata sul rispetto e libera da ogni forma di sopruso», l’appello di Vilma Nicolini dell’Osservatorio Nazionale Pari Opportunità e politiche di genere di Auser.

Dal 2000 al 2018 più di 3000 femminicidi: nel 92% dei casi a uccidere è un uomo

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Negli ultimi quattro anni c’è stato un aumento dei casi in cui la vittima è donna. Nel 50% dei casi l’aggressore è il partner della vittima o un ex fidanzato, nel 77% dei casi a uccidere è un familiare e nel 92% un uomo

Nonostante l’aumento del 156% delle risorse economiche stanziate per prevenire e contrastare la violenza di genere, negli ultimi 10 anni gli episodi in Italia non sono affatto diminuiti. Anzi, risultano in crescita sul lungo periodo. Nel report curato dal Servizio analisi criminale della direzione centrale della Polizia di Stato, emerge come su 285 omicidi ben 105 vedano vittime le donne, delle quali 82 uccise in ambito familiare/affettivo. La statistica è drammatica. Dal 2000 al 2018 ci sono stati più di 3000 femminicidi e negli ultimi quattro anni, a fronte di un numero stabile di omicidi, c’è stato un aumento dei casi in cui la vittima è donna. Siamo passati cioè dai 112 del 2019 ai 125 del 2022 (+12%). In generale, nel 50% dei casi l’aggressore è il partner della vittima o un ex fidanzato, nel 77% dei casi a uccidere è un familiare e nel 92% delle situazioni l’assassino è un uomo. I principali motivi sono – statistiche alla mano – possesso e gelosia, seguiti da isolamento e disagio sociale. E quasi in un caso su due (44,6%) la vittima aveva precedentemente denunciato il suo assassino senza ricevere però la protezione adeguata. Le prime regioni italiane per questo genere di crimini sono, nell’ordine, Lombardia, Veneto, Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Toscana e Lazio. Numeri alla mano, nel 2015 ci sono stati 71 femminicidi, saliti a 72 nel 2016, scesi a 68 nel 2017 e poi sempre sopra quota 100: 142 nel 2018, 111 nel 2019, 116 nel 2020, 119 nel 2021, 125 nel 2022 e 105 in questo 2023 che purtroppo non è ancora terminato. Sempre negli ultimi 10 anni, come evidenzia Pagella Politica, sono stati approvati diversi decreti legge, disegni di legge, piani antiviolenza e commissioni d’inchiesta per contrastare il fenomeno. La media è di un provvedimento all’anno: si è partiti dalla ratifica della Convenzione di Istanbul del 2013, fino al recentissimo Ddl contro la violenza di genere approvato nei giorni scorsi dal Senato dopo la morte di Cecchettin; in quest’ultimo provvedimento è presente un pacchetto di misure che punta a rafforzare il “codice rosso” grazie al potenziamento di strumenti come l’ammonimento, il braccialetto elettronico, la distanza minima di avvicinamento e la loro applicazione ai cosiddetti “reati spia”.

La percezione delle molestie è cresciuta insieme al numero di episodi

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Nicolini: Oggi gli anziani sono considerati un peso, dicono che stiamo scippando ai giovani il futuro. E invece un futuro più giusto lo possiamo davvero costruire insieme»

Dieci anni rappresentano un orizzonte temporale utile a stilare un primo bilancio. Proprio dieci anni fa Vilma Nicolini assunse la responsabilità dell’Osservatorio Pari Opportunità. «Quando si parlava di molestie, più di qualcuno minimizzava» racconta l’esperta. «A forza di battere su questo tasto, le persone hanno cambiato approccio. Oggi è tutto più visibile e la percezione delle molestie, generiche e sessuali, è cresciuta purtroppo insieme al numero di episodi. Significa che si può e si deve fare molto di più». Nicolini è tra le donne che combatterono le prime battaglie femministe figlie del Sessantotto, il vero “turning point” nella consapevolezza della società insieme ad altri passaggi normativi fondamentali come il diritto al divorzio, l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, «che hanno fatto capire alle donne che non bastava il diritto di voto, ma ci voleva pure quello di cittadinanza». Poi c’è stato l’avvento della tv commerciale negli anni ‘80, «e con la mercificazione del corpo delle donne siamo tornati indietro». Ma quale contributo può dare la generazione a scendere in piazza per le donne, quella che ha conquistato i primi diritti? «Oggi gli anziani sono considerati un peso, dicono che stiamo scippando ai giovani il futuro. E invece un futuro più giusto lo possiamo davvero costruire insieme» ha aggiunto Nicolini. «Ed è quello che tramite #educhiamoalrispetto di Auser vogliamo fare».

Auser alla politica: perché arrivano i sostegni economici solo se sei madre?

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«Già il fatto che la premier si faccia chiamare al maschile la dice lunga. La nostra società vuole la donna con le palle, significa che per gestire il potere devi essere maschio. E se non lo sei, ti devi comportare da maschio»

Il punto di vista dell’osservatorio è importante nel comprendere anche le conseguenze del delitto Cecchettin, che per la sua drammaticità sembra aver fatto breccia in modo differente, rispetto ad altri, nell’opinione pubblica. «Ha smosso la nostra coscienza perché è una storia durata una settimana, ha riguardato due coetanei, due ragazzi di famiglie perbene e non emarginata, coinvolgendo una ragazza scomparsa a pochi giorni dalla sua laurea». L’unico modo per affrontare il problema è iniziare a riflettere sugli stereotipi che avvolgono la nostra società. È l’invito che Auser rivolge, ad esempio, alla politica: «Perché arrivano i sostegni economici solo se sei madre? Così stiamo dicendo alle donne che se non si sposano e non fanno figli valgono di meno. La nostra classe politica ha sempre sperato che le sessantottine facessero la fine delle partigiane dopo la guerra, tornate al loro ruolo di madri e moglie, zitte e mute in cucina. Ma non è successo. E così una parte di adulti sono stati educati al rispetto, mentre altri si sono trovati privi di un tetto di potere e hanno trasmesso questo sentimento di rivalsa ai loro figli. La mia era la generazione della mano morta, quella che ti toccava il culo sul tram… Pensavamo che i giovani avessero abbandonato certi retaggi, ma paradossalmente gli episodi di violenza riguardano più loro degli anziani». Eppure c’è un presidente del consiglio donna, obietterebbe qualcuno gridando alle pari opportunità ormai raggiunte. «Uno specchietto per le allodole», conclude Vilma Nicolini. «Non è sufficiente nascere donna, bisogna diventarlo. E già il fatto che la premier si faccia chiamare al maschile la dice lunga. La nostra società vuole la donna con le palle, significa che per gestire il potere devi essere maschio. E se non lo sei, ti devi comportare da maschio».

Social: nel 2023 il femminicidio ha generato un record di 852mila menzioni 

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Il tema femminicidio ha generato dal 1o gennaio al 20 novembre 2023 un numero record di 852 mila menzioni su web e social e un totale di 120 milioni di interazioni

In fondo, basterebbe partire dal linguaggio. «Parleremo proprio di questo nei nostri incontri: quali parole usiamo quando ci rivolgiamo ai nostri nipoti? Diciamo ai ragazzi “non fare la femminuccia” per farli smettere di piangere? Vogliamo conoscere il punto di vista degli adolescenti, sapere il loro modello di riferimento. Non vogliamo essere spettatori inattivi». Sempre dalla ricerca SocialCom, condotta con l’ausilio della piattaforma SocialData e voluta da Codere Italia, emerge come il tema femminicidio abbia generato dal 1o gennaio al 20 novembre 2023 un numero record di 852 mila menzioni su web e social e un totale di 120 milioni di interazioni, molto più di altri argomenti “critici” come l’immigrazione (638 mila menzioni e 38 milioni di interazione), i cambiamenti climatici (311 mila e 73 milioni), le discriminazioni e il razzismo (310 mila e 59 milioni), i furti e le rapine (268 mila e 35 milioni) e la sicurezza sul lavoro (88 mila e 15 milioni). Significa che la società, pur se impregnata di maschilismo, ha a cuore l’argomento ed è pronta ad affrontare in modo serio un dibattito. I principali commenti e reazioni riguardano emozioni come la rabbia, la tristezza, la preoccupazione e lo sgomento. “Cambiare”, “fermare”, “denunciare” e “raccontare” i termini più utilizzati dagli utenti. Bisogna intervenire ora, come sta facendo Auser, e non soltanto perché è arrivato come ogni anno il 25 novembre.

VIOLENZA SULLE DONNE, AUSER: EDUCHIAMO AL RISPETTO

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