ROM, SINTI, CAMMINANTI. PRESENTATO A ROMA IL PAESE DEI CAMPI

Il report annuale e una piattaforma sulla situazione degli insediamenti in Italia. È Il Paese dei campi, a cura della 21 Luglio, pensato per giornalisti, decisori politici e attivisti, che mira anche a diffondere buone pratiche per il superamento

È stata inaugurata in occasione della Giornata internazionale dei Rom, Sinti e Camminanti, presso il Senato della Repubblica la prima mappa interattiva che monitora lo stato dei campi rom di tutta Italia. Si chiama Il Paese dei Campi ed è stata realizzata dall’associazione 21 Luglio, organizzazione no profit che tutela i diritti di gruppi e individui in condizione di segregazione estrema e di discriminazione.

I numeri di Roma

Collegandosi al sito, ci si trova di fronte a una cartina geografica della Penisola, corredata da pallini rossi che indicano la posizione geografica degli agglomerati sul territorio. Nel Lazio se ne contano quindici, quasi tutti all’interno della capitale e nella provincia limitrofa. A differenza di altre regioni che ospitano anche centri di raccolta e aree residenziali monoetniche, quelli locali sono soprattutto campi. Se quelli sinti sono nei quartieri San Basilio e Collatino, quelli rom spaziano dal Foro italico e Lombroso a Castel Romano, il più popolato. In mezzo si collocano la Monachina, Salone, via Salviati, Schiavonetti, Candoni, La Barbuta, via Ortolani, Arco di Travertino e Gordani, Lontano dal raccordo anulare l’Al Karama di Latina. Quelli ancora aperti sono otto, in fase di superamento uno e definitivamente chiusi quattro.

il paese dei campi
La presentazione in Senato

Il commento dell’associazione 21 Luglio

Cifre che sono state spiegate nel corso della presentazione a Palazzo Madama. «Finora abbiamo scontato l’assenza cronica di informazioni», ricorda il presidente dell’associazione 21 luglio Carlo Stasolla . «Una mancanza che nasconde una verità: solo un rom su tredici vive in un campo, il resto abita case normalissime. Nonostante non sia necessario farlo, quasi tutti fanno fatica a dichiararsi appartenenti all’etnia per paura di incorrere nello stigma sociale. Anche se l’accesso a Internet e le politiche di integrazione hanno favorito la fuoriuscita dalle gabbie mentali in cui queste persone si erano rinchiuse per timore». All’intervento del portavoce ha fatto seguito un approfondimento sulle caratteristiche di alcune di queste enclave. Come quella di via Candoni, nella periferia sud. Nata nel 1996, l’area è ancora aperta e dà ospitalità a 765 persone. Per essere definito in via di superamento un campo deve essere destinatario di uno provvedimento pubblico che preveda azioni ed eventualmente fondi per la chiusura. L’unico esempio capitolino lo troviamo a Castel Romano, per il quale sono stati stanziati 500 mila euro.

Prospettive

Il report digitale è stato apprezzato anche dall’Unione nazionale anti discriminazioni razziali (Unar). Il suo direttore, Triantafillos Loukarelis, lo ha definito essenziale per la definizione di una nuova strategia per l’uguaglianza. Il Paese dei campi «permette la diffusione delle buone pratiche per affrontare la questione, fornendo linee guida alle amministrazioni interessate a fare altrettanto», afferma. «Anche perché mantenere o sgomberare un insediamento costa di più che chiuderlo. Azione che ovviamente deve essere preceduta da un processo di costruzione di fiducia reciproca: solo attraverso l’ascolto è possibile costruire politiche personalizzate per nuclei e singoli. Procedimento da tenere a mente quando nei prossimi anni arriveranno in Italia rom e sinti provenienti dal confine russo e ucraino. Finora oltreconfine sono stati discriminati, mentre noi abbiamo tutto il tempo per predisporre un’accoglienza adeguata».

Il Paese dei campi: fiducia per il futuro

Un messaggio di fiducia per il futuro lo ha portato il direttore della Caritas di Roma Benoni Ambarus. «Questa mappa rappresenta un segno di speranza», dice . «Notiamo con dispiacere quanti dissimulano la propria identità per non cadere vittime del pregiudizio. La parola campo è un eufemismo: tanti vivono in manufatti abitativi da terzo mondo, posizionati ai margini delle grandi città come fossero dei reietti, rifiuti da abbandonare. La loro integrazione deve passare per tre verbi: immaginare, che sia possibile uscire fuori dallo stallo; sperare, di restituire dignità a queste persone umanizzandole; e lavorare, per accelerare il cambiamento. Finora su quest’ultimo punto la capitale ha mostrato carenze preoccupanti. Spero che la nuova giunta possa provvedere».

Immagini associazione 21 Luglio

 

ROM, SINTI, CAMMINANTI. PRESENTATO A ROMA IL PAESE DEI CAMPI

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