CASE FAMIGLIA: I FONDI SONO INSUFFICIENTI

L’appello al sindaco Roberto Gualtieri. «Non si tratta solo di risolvere il problema di 415 persone con disabilità. Una comunità si misura nella sua capacità di prendersi cura»

«Abbiamo scritto più volte al sindaco Gualtieri privatamente, lo stiamo sollecitando pubblicamente: il tema che poniamo non è quello di risolvere il problema di 415 persone con disabilità, ma è un tema politico. Una comunità si misura nella sua capacità di prendersi cura». A parlare è Luigi Vittorio Berliri, presidente dell’associazione Spes contra Spem e di Casa al Plurale, quest’ultima è un’associazione di secondo livello, un’associazione di associazioni, fondazioni, cooperative sociali che si occupano di case famiglia per persone con disabilità. «Casa al plurale non gestisce direttamente servizi, ma riunisce enti molto diversi. Quello che ci accomuna tutti è la voglia di fare bene le cose, di avere attenzione per le persone».

Servono 18 milioni di euro

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“Occorrono almeno 18 milioni di euro per adeguare le tariffe per le 415 persone con disabilità in casa famiglia”

Nella lettera aperta indirizzata al sindaco Gualtieri si legge che “le tariffe delle case famiglia furono fissate nel 1995 con una delibera sperimentale della giunta Rutelli, paragonandole a quelle delle case di riposo. Da allora nessuna manutenzione, nessuno ci ha messo le mani, nessuno al governo della città, finora, si è chiesto se nel mentre non fossero cambiate le norme, i costi del lavoro e nessuno si è chiesto se quel primo calcolo del tutto approssimativo e inesatto fosse corretto e se sì in base a cosa. Esiste uno studio , presentato pubblicamente in Campidoglio a novembre 2022, definito congruo dai dirigenti del dipartimento politiche sociali. Veniamo al punto: occorrono almeno 18 milioni di euro per adeguare le tariffe per le 415 persone con disabilità in casa famiglia (e ancora di più ne occorrono per i minori in casa famiglia)”.
«Io non ho un tumore, ma se sapessi che in Italia, se dovessi ammalarmi di cancro, sarei destinato a morire perché nessuno mi cura e non si vogliono spendere soldi per la chemioterapia, il problema sarebbe mio. Io non voglio vivere in un paese così. Da noi c’è uno stato sociale differente rispetto ad altre nazioni in cui se non hai i soldi non puoi curarti. Il problema riguarda tutti: le persone con disabilità, i loro familiari, tutti coloro che hanno a casa un congiunto con disabilità e si pongono la domanda: e dopo che ne sarà di mio figlio, mio fratello, mio nipote? E diventa un problema di comunità, un tema pubblico. La comunità si misura dalla capacità di prendersi cura, di fare scuole, di asfaltare le strade, di far passare i mezzi pubblici. La politica decide quali sono le priorità, è lei che ha la responsabilità di amministrare i soldi», dice Berliri. «In tanti modi si possono incrementare le casse del Comune, ad esempio si potrebbe mettere la tassa per i turisti».

7 euro al giorno in più non sono sufficienti

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Berliri: «Il Comune di Roma mette a disposizione case famiglia dove vivono piccoli gruppi di persone con disabilità. Nessuno si è preso la briga di chiedere quanto costano queste strutture»

Il motivo più a monte della lettera al sindaco è che, da tanti anni, le associazioni stanno denunciando una situazione che sta diventando insopportabile. «Il Comune di Roma mette a disposizione delle bellissime case famiglia dove vivono piccoli gruppi di persone con disabilità, da accudire giorno e notte, con persone specializzate. Nessuno si è preso la briga di chiedere quanto costano queste strutture. Abbiamo fatto uno studio per calcolare quanto il Comune deve erogare, l’abbiamo reso pubblico, chiunque può contestarlo, entrando nel merito dei numeri. Il Consiglio comunale di Roma ha stanziato una piccola cifra aggiuntiva, di 7 euro al giorno in più a persona per quest’anno, di 7 euro in più nel 2024 e di 7 euro in più nel 2025. Per far funzionare bene questo servizio servirebbero ogni giorno 100 euro in più: ringraziamo per i 7 euro ma è totalmente insufficiente», continua il presidente. «Inoltre, da quando abbiamo iniziato a dire al sindaco che i fondi sono insufficienti, l’indice Istat è salito del 15%. L’incremento di 7 euro, su 100 euro, equivale al 3% di quello che occorrerebbe. Noi chiediamo al sindaco un adeguamento all’Istat, è obbligatorio per legge, c’è una determina del Consiglio comunale. Abbiamo chiesto parere a tre avvocati per essere certi di quello che andiamo a chiedere, tutti ci hanno dato ragione e hanno scritto nero su bianco che il Comune è obbligato a riconoscere l’incremento dell’Istat, che se non lo facesse si potrebbe essere citato in giudizio. Ovviamente noi vorremmo comporre questa vicenda non nei tribunali, ma politicamente. Lo sollecitiamo ormai da un anno e mezzo, anche tramite consiglieri comunali ed assessori, ma finora non c‘è stata nessuna risposta». Nello studio sui costi delle case famiglia, che sul sito di Casa al plurale viene aggiornato continuamente, ogni mese, in base all’indice Istat «che sta aumentando ad una velocità impressionante», si può leggere che l’importo giornaliero di ciascuna persona ospite (a seconda se disabile o meno, e del grado di disabilità) va dai 192,08 euro ai 368,60 euro, mentre le rette attuali variano da 79,05 euro a 144,37 euro.

Come funziona una casa famiglia

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«Nel comune di Roma le case famiglia sono una sessantina. Il modello del Dopo di noi funziona a singhiozzo»

Una casa famiglia funziona esattamente come qualunque casa: si esce a fare una passeggiata, vengono amici a cena, i parenti vengono a prendere gli ospiti per portarli un weekend fuori. Due-tre operatori sociosanitari qualificati, giorno e notte, si prendono cura di queste persone, oltre a un gruppo di volontari che si alternano. «Emilia, non vedente, in carrozzina, con un ritardo mentale importante, per mangiare ha bisogno di una persona che si dedica solo a lei per imboccarla. Siccome si mangia tutti insieme, non in batteria, ma come in ogni casa, con la tovaglia apparecchiata e in un ambiente organizzato in modo piacevole, se un operatore sta imboccando Emilia, ce ne vorrà un altro che imbocca Luca, un altro che aiuta Stefano, un altro ancora che sta attento a Cinzia e via dicendo. Nel comune di Roma le case famiglia sono una sessantina. Sul modello del Dopo di noi, il comune sta sperimentando, funziona a singhiozzo».
Nella lettera indirizzata al sindaco si dice che, delle necessità urgenti delle case famiglia “occorre parlarne, pubblicamente, perché dare risposta ai più fragili è dare risposta a tutta la città: è una responsabilità collettiva! Come possiamo, assieme, arrivare a questo obiettivo? Vogliamo fare un piano di azione pluriennale?”. Speriamo arrivi presto una risposta.

Immagini Casa al Plurale

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