CRESCE IL NUMERO DEI CENTRI PER GLI UOMINI MALTRATTANTI. ECCO PERCHÈ SONO IMPORTANTI

Non basta tutelare le donne vittime, occorre prevenire la violenza, che nasce anche da fattori culturali. E intervenire sui percorsi degli autori

di Ilaria Dioguardi

Un incontro organizzato a Roma dall’associazione Maschile Plurale, nello Spazio culturale polifunzionale Moby Dick, è stato un’occasione di confronto ed approfondimento tra tutte le esperienze impegnate nel contrasto alla violenza maschile contro le donne, sul tema del lavoro con uomini che agiscono violenza, più in generale sulle iniziative per prevenirla e per trasformare la cultura che la genera.

Alla giornata hanno partecipato molte associazioni, per contribuire al dibattito attorno al Piano antiviolenza iniziato tra i soggetti che partecipano all’Osservatorio presso il DPO (Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

«Il fatto che Maschile Plurale non gestisca servizi indirizzati agli uomini, ma si ponga su un piano diverso, raccogliendo esperienze e professionalità, permette di svolgere una funzione di stimolo e di riflessione con più libertà», afferma Stefano Ciccone dell’Associazione Maschile Plurale.

Il supporto alle donne vittime di violenza e il lavoro con gli uomini violenti sono parte di un’unica attività di contrasto dello stesso fenomeno.

Il lavoro con le donne e quello con gli uomini

«Il punto di partenza, condiviso tra chi si occupa di violenza maschile, ma non ancora nella società in generale, è che la violenza non possa essere attribuita a soggetti con devianze o patologie, ma abbia solide radici in una cultura condivisa e in modelli di relazione tra i sessi basati su una disparità di potere tra donne e uomini, che viene confermata da istituzioni e rappresentazioni dei media», dice Ciccone.

centri per gli uomini maltrattanti
Roma, 2016. La manifestazione Non Una di Meno, contro la violenza sulle donne

Non è possibile affrontare il tema della violenza limitandosi alla repressione dei colpevoli. «La discussione dell’ultimo periodo su questo tema ha chiarito un punto: il fenomeno della violenza tra i sessi è un fenomeno complesso, se vogliamo contrastarlo non è sufficiente intervenire nel supporto alle vittime per sostenere i loro processi di autonomia e fuoriuscita da dinamiche di violenza, ma dobbiamo anche intervenire sui comportamenti degli autori e non solo a posteriori, quando la violenza è compiuta”.

Il lavoro di supporto alle donne vittime di violenza e quello con gli autori vanno considerati come parte di un’unica attività di contrasto dello stesso fenomeno. «Il problema che vogliamo affrontare è lo stesso: la violenza maschile verso le donne, nelle sue tante forme, possiamo affrontarla aiutando le donne a liberarsi di una relazione violenta e ad uscire dalla violenza subita, ma anche lavorando con gli uomini per prevenire che quella violenza si verifichi o si ripeta: possiamo sostenere le donne in un percorso di autonomia e accompagnare gli uomini a misurarsi con l’autonomia femminile e a non percepirla come una minaccia per la propria identità», continua Ciccone.

Le tre P della convenzione di Istanbul

Il 1 agosto 2014 è entrata in vigore la Convenzione del Consiglio d’Europa (Coe) sulla “Prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica”, approvata nel 2011 a Istanbul, firmata da 32 Paesi e ratificata da 13. È uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per gli Stati, che mette chiarezza sulle strategie da adottare, riassunte nelle 3 P: Prevenzione, Protezione, Punizione. Con un unico obiettivo: eliminare ogni forma di violenza e sopraffazione nelle relazioni di genere.
Lavorare con uomini che agiscono violenza non significa prospettare una riduzione delle pene o attenuare la disapprovazione sociale per la violenza di genere.

«Noi crediamo sia proprio il contrario: l’invocazione della pena porta a delegare alle forze dell’ordine o ai sistemi repressivi la gestione di un problema e, quindi, a marginalizzarlo».

Centri per gli uomini maltrattanti
A destra, Stefano Ciccone, dell’associazione Maschile Plurale

Se la violenza è fatta dagli uomini nei confronti delle donne è anche nell’interesse delle donne la costruzione di un intervento rivolto agli autori.  «Non ha alcun senso considerare i centri che lavorano con uomini violenti come iniziative “a favore degli uomini”. Così la scelta di porre gli uomini al centro non vuol dire marginalizzare le donne, ma accettare che i comportamenti maschili sono l’origine del problema da affrontare».

Nel rapporto con gli autori di violenza si pone, ad esempio, il problema della formazione. «La storia ci dice che i centri antiviolenza sono nati a partire da una storia politica del movimento delle donne e sappiamo che l’empatia e la solidarietà sono una risorsa che integra e qualifica le professionalità delle operatrici nel loro rapporto con le donne che si rivolgono ai centri. Per i centri per gli uomini maltrattanti, il riferimento a un movimento di riflessione critico sulla mascolinità diffuso e consolidato è, ovviamente, più difficile ed è dunque più forte il rischio di nascita di esperienze improvvisate», spiega Stefano Ciccone.

Si corre il rischio di una specularità: da una parte, i Centri Antiviolenza per le donne, dall’altra i Centri Uomini Maltrattanti per uomini violenti. È importante la verifica della qualità degli interventi in materia per evitare superficialità, e considerare i Centri Antiviolenza e i Centri Uomini Maltrattanti come parte di un percorso integrato, non in concorrenza, come si rischia a volte che accada.

I dati sui centri per gli uomini maltrattanti

Non si parte da zero, esistono elaborazioni e ricerche e si sono già realizzate numerose occasioni di scambio. LeNove è un’associazione che sta seguendo, da alcuni anni, l’apertura e lo sviluppo dei centri per gli uomini maltrattanti e degli spazi di ascolti che si rivolgono agli uomini maltrattanti.

Centri per uomini maltrattanti
Il libro sulla violenza maschile curato, tra gli altri, da Maria Merelli

«Si tratta del terzo censimento, ma manca un’anagrafe completa e sistematica di questi servizi, andrebbe fatta al più presto” spiega Maria Merelli dell’associazione LeNove. «Il fenomeno è in crescita, nel 2011-12 i centri, spazi e servizi in Italia erano 18, nel 2014 sono saliti a 29, nel 2016 ne abbiamo contati 44. Si registra una presenza di spazi e centri per gli uomini maltrattanti soprattutto nel Nord Italia. I soggetti promotori sono, in 26 casi su 44, enti privati, ma la tendenza è un aumento delle iniziative di enti pubblici (soprattutto Asl)».

Tutti i dati della ricerca verranno presentati alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, il prossimo 26 maggio alle ore 10. «Forse è arrivato il momento di una maggiore regolamentazione in materia, i Centri per gli Uomini Maltrattanti rappresentano un’opportunità per gli uomini che agiscono o hanno agito violenza, per le loro famiglie e per la comunità intera».

 

 

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