LA CITTADINANZA ITALIANA DI SIRINE: UNA QUESTIONE D’AMORE

Atleta promettente, viene convocata regolarmente dalla nazionale di pugilato, ma non può partecipare alle competizioni internazionali perché "straniera"

di Maurizio Ermisino

Ci sono bambine che, giocando con i vestiti delle bambole, scoprono la loro passione per la moda. O che, montando su un cavallo, scoprono l’amore per l’equitazione. Può anche accadere che una bambina di cinque anni, accompagnando il cugino nella palestra dove fa pugilato, si avvicini a un sacco e cominci a prenderlo a pugni.

La passione per la boxe di Sirine Chaarabi, diciotto anni compiuti il 7 maggio, nasce così. Sirine è salita alla ribalta della cronaca in questi giorni perché ha scritto al Presidente della Repubblica per chiedere la cittadinanza italiana (per la quale ha lanciato anche una petizione su Change.org). Sirine è nata in Tunisia e vive in Italia da quando ha due anni. Da quattro anni viene convocata regolarmente nella nazionale italiana di pugilato, ma non può partecipare, dopo aver vinto tutto in Italia, alle competizioni internazionali. Ora, in vista degli europei di Sofia a luglio, e dei mondiali in India a novembre, vorrebbe la cittadinanza italiana per poter finalmente gareggiare per i colori del paese che ama, quello dove vive da sempre.

Se Sirine perdesse la possibilità di fare i mondiali, l’Italia perderebbe una grande atleta. E anche l’occasione per dimostrarsi un paese civile.

L’amore per la boxe

Per Sirine è una questione d’amore. Per l’Italia, il Paese dove vive da più di quindici anni. E per la boxe. Questo è uno di quegli amori viscerali, intensi. Quasi innati, verrebbe da dire.

cittadinanza italiana
Sirine Chaarabi è arrivata in Italia quando aveva due anni

«Mi sono avvicinata al pugilato grazie a mio cugino», racconta Sirine, che abbiamo raggiunto al telefono pochi giorni prima che partisse per il ritiro della nazionale. «Lo praticava anche lui e un giorno mi ha portato in palestra. Avevo cinque anni. L’ho accompagnato e mi sono detta: vediamo com’è fare boxe. Me ne sono innamorata: ho preso il sacco e ho cominciato a colpire. Ho iniziato così e non ho mai smesso».

Anche se poi qualcuno, e ci può stare, non era d’accordo, come la mamma. «Era uno sport maschile, e nessuno avrebbe pensato a una bambina che fa pugilato», ricorda Sirine. «Era il 2004, avevo cinque anni,  e il pugilato femminile non era ancora diffuso. Ho dovuto insistere per un annetto prima che si arrendesse. Mio padre invece è stato sempre d’accordo. Diceva: lasciamola fare ciò che ama».

La cittadinanza italiana comincia all’asilo

I ricordi dell’infanzia di Sirine non sono legati solo al pugilato, a quella palestra e a quel sacco preso a pugni. «In Italia ho molti ricordi soprattutto dell’asilo», spiega la campionessa. «È lì che ho iniziato a socializzare. Io ho una sorella gemella, e andavamo in classe insieme. Poi ci hanno diviso perché non socializzavamo, parlavamo la nostra lingua, e non imparavamo l’italiano. Da lì sono nate le prime amicizie, ho iniziato a parlare l’italiano, a fare i primi litigi con i bambini. L’asilo è quello che mi ha portato a diventare italiana».

Immaginiamo che, visto il talento di Sirine, non sarà stato facile per gli altri bambini litigare con lei. I ricordi di Chaarabi volano al fatidico primo match della sua carriera. «Del primo incontro ricordo l’ansia che c’è ad ogni match, anche adesso» ricorda l’atleta italiana. «Ricordo che mi scaldavo e non capivo cosa stava accadendo. Anche quando sono salita sul ring non riuscivo bene a comprendere. Il match fortunatamente è andato bene, è stata la prima vittoria, una bellissima esperienza. Una nuova esperienza: perché sul ring non è come in palestra. E ho iniziato a percepire il valore del pugilato».

I valori del pugilato

Già, il pugilato. Uno sport di valori, di sofferenza, di crescita. «Sul ring vai incontro al dolore, e lo sai. Cerchi di evitare, ma qualche colpo lo prendi», spiega Sirine quando le chiediamo cosa le piaccia di questo sport. «È come se fosse una sfida. Se il mio avversario mi dà due pugni, io gliene devo dare cento in più. È anche una sfida con me stessa: avendo fatto gli allenamenti, vai lì sapendo che hai fatto tanti sacrifici, tanti allenamenti duri, e sei lì per prenderti la vittoria che ti meriti».

cittadinanza italiana
Sirine è una promessa del pugilato italiano

I sacrifici valgono per tutti gli sport, ma chi conosce la boxe sa cosa vuol dire Sirine. I sacrifici sono anche le diete rigide, le tante rinunce anche dal punto di vista alimentare. Vivendo in Campania –  Sirine è di Caserta – non è affatto facile. «Sono molto golosa, dal dolce al salato», confida sorridendo. «Anche perché a casa mia si cucina sia italiano che tunisino. Ma nel pugilato c’è la categoria di peso e la devi rispettare».

Quanto ai modelli nel pugilato, tra i suoi idoli c’è sempre quel cugino che qualche anno fa le ha fatto conoscere questo sport. «E poi Muhammad Ali, come stile di combattimento», ci racconta Sirine. «Cerco sempre di guardare alcuni suoi match». Per lo stile, e probabilmente anche per il carattere, e per la consapevolezza, pensiamo noi.

Cittadinanza italiana: un iter troppo lungo

Il paradosso è che una ragazza che vive da sempre in Italia, che è una delle nostre migliori atlete, che è da anni nel giro della nazionale non può rappresentare l’Italia in nessuna competizione internazionale. «All’età di 14 anni avevo già la possibilità di disputare un mondiale e un europeo», racconta Sirine. «Adesso ho diciotto anni e sono ancora ferma a livello nazionale, non posso fare alcun passo in avanti. Ho questo problema da ben 4 anni, fin dalla prima convocazione in nazionale. La nazionale tunisina mi ha anche convocato, ma sinceramente non mi sento di far parte di quella rappresentativa. Mi sento italiana».

Quella della cittadinanza italiana di Sirine è una storia piuttosto lunga.  «Fino a qualche settimana fa ero minorenne» ci spiega. Ho già fatto la domanda tramite mio padre, un anno e mezzo fa, e sto ancora aspettando. Ora sono maggiorenne, e  sono indipendente da mio padre. Anche se lui acquisisse la cittadinanza, io rimarrei tunisina. Lui sarebbe italiano, e io tunisina».

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Il Caso di Sirine è arrivato in Parlamento

L’iter per la cittadinanza italiana sarà molto lungo. Ma proprio con la richiesta al Presidente si spera di accorciare i tempi. «Il vero obiettivo è arrivare al Presidente della Repubblica. Ci stiamo arrivando grazie ai deputati Khalid Chaouki e Camilla Sgambato, che stanno cercando di aiutarmi. Ci sono delle speranze, ma l’unico modo di arrivarci è con un aiuto politico» spiega Sirine.

È una vera e propria corsa contro il tempo. Difficile farcela per gli europei di luglio. Ma per i mondiali di novembre c’è qualche speranza. «Sono disposta a rinunciare all’europeo, e partecipare ai mondiali» racconta la nostra campionessa. «C’è ancora un po’ di tempo, e un po’ di speranza».

La speranza sono i mondiali. E poi, ovviamente, le Olimpiadi, il sogno di ogni atleta. «Ci ho sempre pensato, sin dall’inizio, da quando ero piccola» ci confida Sirine. «Già dalle Olimpiadi di Pechino del 2008, quando il pugilato femminile non era a livello olimpico. I primi match olimpici di pugilato femminile sono stati a Londra, nel 2012. Da lì ho iniziato ad avere più speranza, a crederci, a sognare. Meno male che esistono i sogni. Perché sennò saremmo veramente messi male».

LA CITTADINANZA ITALIANA DI SIRINE: UNA QUESTIONE D’AMORE

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