CONTRO LA DELINQUENZA GIOVANILE OCCORRE VINCERE LA POVERTÀ, ANCHE EDUCATIVA
La presidente del Seac: "Il volontariato fa bene perché porta beni relazionali". Ma servono percorsi concreti di reinserimento
- Claudia Farallo
- 02-12-2016
Il 2 e 3 dicembre torna a Roma l’annuale assemblea del Seac, il Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario, in questa edizione dedicata a “Minori autori di reato e altre vulnerabilità dietro le sbarre“. Ne abbiamo parlato con la presidente, Laura Marignetti.
Minori autori di reato. Perché la scelta di questo tema?
«Il tema della giustizia minorile che affrontiamo in questo 49° Convegno nazionale si pone in stretta connessione con quello delle misure di comunità che abbiamo già trattato nel Seminario di Milano, “Il volontariato per le misure di comunità”, lo scorso mese di maggio.
Nella recente riorganizzazione del Ministero della Giustizia, infatti, i due sistemi, quello minorile e quello dell’esecuzione penale esterna, sono stati ricompresi nell’unico “Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità”, con l’intento di promuovere una nuova cultura della pena che segni anche per gli adulti, come già realizzato per i minori, l’abbandono di un sistema carcerocentrico a favore di un ventaglio più ampio di misure sanzionatorie alternative alla detenzione. La scelta del tema non fa che confermare l’attenzione di sempre, rivolta dal Seac verso queste prospettive di sviluppo della giustizia penale e la volontà di coltivare un’adeguata preparazione per il volontariato che rappresenta».
Quando si dice “i giovani sono il futuro”, quali sono le strade percorribili?
«Per quanto riguarda i giovani, che entrano nel circuito penale, è doveroso interrogarsi sulle origini della devianza e risalire alle carenze educative che chiamano in causa le responsabilità degli adulti. Per intervenire prontamente ed efficacemente al fine di stroncare sul nascere i comportamenti criminali prima che prendano una forma definitiva, è necessario offrire loro prospettive concrete di recupero e di reinserimento sociale, che li mettano in condizione di progettare il proprio futuro».
Cosa possono fare le istituzioni contro la delinquenza giovanile?
«Già all’inizio del decennio, negli “Orientamenti pastorali 2010-2020” la Chiesa segnalava l’emergenza educativa.
Come può contribuire il volontariato?
«Il volontariato è veicolo di beni relazionali e in quanto espressione di solidarietà e condivisione è anche antidoto all’individualismo e all’egocentrismo. L’offerta di relazione con chi è chiamato a rispondere di una condotta deviante può essere l’inizio di un percorso di ripensamento, pentimento e riabilitazione. Può rappresentare un’esperienza significativa anche nella vita di un giovane.
Questa è prima assemblea nazionale sotto la sua presidenza. Una sfida?
«Alle soglie del 50° anniversario dalla fondazione, il Seac continua a guardare al futuro, anticipandone anche i segnali di cambiamento e facendo tesoro dell’esperienza passata, mi auguro, con sempre maggiore coinvolgimento attivo della base associativa tutta».
