GENOCIDIO DI SREBRENICA: PERCHÉ I GIOVANI NON DIMENTICHINO

Un progetto e un percorso di alternanza scuola-lavoro per aiutare i giovani a capire come le guerre nella ex Jugoslavia hanno cambiato l'Europa

“Se comprendere è impossibile conoscere è necessario”. Così scriveva Primo Levi in “Se questo è un uomo”. Ed è con questo intento che ieri si sono volute ricordare le 8372 vittime del genocidio di Srebrenica perpetrato dall’esercito e dalle formazioni paramilitari della Repubblica Serba di Bosnia Erzegovina guidato dal generale Ratko Mladic.
L’11 luglio 1995 l’esercito entrò in città, gli uomini e i bambini musulmani furono separati da donne e anziani. Dopo un interrogatorio, i maschi tra i 12 ed i 77 anni vennero uccisi e sepolti in fosse comuni. Ciò avvenne in un territorio dichiarato protetto dall’Onu.

Questo evento drammatico in particolare, (ma tutto il conflitto esploso in ex Jugoslavia tra il 1991 ed il 2001) ha rappresentato molto di più: è stato il tentativo di distruggere la normalità della convivenza di popoli con culture e soprattutto credi religiosi differenti, in una terra abitata da mezzo milione di abitanti di cui la metà musulmana e l’altra metà ripartita tra ortodossi, cattolici, ebrei e atei. Prima del conflitto e della terribile deriva del sentimento nazionalista, le feste religiose erano di tutti, i matrimoni misti erano la regola, la tolleranza non era un concetto o una prescrizione, era la cultura. Una vera e propria pulizia etnica.
Un pezzo di storia europea recente, molto vicina a noi, ma poco conosciuto da molti.

 

IL PROGETTO. Consapevoli di questo e forti della vicinanza che da anni Spes Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio ha con la Comunità bosniaca a Roma, ha aderito al progetto europeo Balkan Kaleidoscope, nell’ambito del Programma Europa per i Cittadini.

 

genocidio di Srebrenica
Un momento della conferenza stampa Srebrenica 8372, il genocidio che si è tenuta a Roma in occasione della commemorazione delle vittime

Il progetto, proposto da LDA Subotica, Serbia, in partenariato con 10 Paesi, tra cui Francia, Germania e Italia, e 11 organizzazioni differenti ha lo scopo di studiare e approfondire le guerre nella ex Jugoslavia e le conseguenze che hanno avuto sull’Europa contemporanea per promuovere fra i giovani la comprensione della storia europea e un sistema di valori comuni per incoraggiare il rispetto, la tolleranza e la considerazione nei confronti delle diversità di ogni paese.

Abbiamo così trasformato questo lavoro in un percorso di alternanza scuola – lavoro e coinvolto 35 studenti del Liceo Scientifico Statale Camillo Cavour di Roma con l’obiettivo di aiutare i giovani a comprendere meglio le complesse e delicate problematiche del dialogo interculturale e interetnico, sviluppando allo stesso tempo la capacità degli insegnanti di utilizzare la metodologia multiprospettiva come strumenti di apprendimento facili da usare.

32 studenti hanno scelto questo progetto nella realizzazione del percorso di alternanza scuola – lavoro, grazie anche alla sensibilità verso il tema della dirigente del Liceo, la professoressa Ester Rizzi e alla referente per l’Alternanza scuola – lavoro, professoressa Alessandra Carlini.

Durante il percorso, gli studenti delle classi IV D, IV G e IV H coinvolti hanno partecipato al percorso di conoscenza e ricerca curato dai Centri di Servizio per il Volontariato del Lazio che ha previsto in una prima fase degli incontri in aula sui seguenti temi:

  • La Jugoslavia prima della guerra: ricostruzione geografica con carte geografiche;
  • La situazione economica, politica e nazionale in Jugoslavia poco prima della dichiarazione dell’indipendenza della Slovenia e della Croazia;
  • La guerra in Slovenia, “la guerra dei dieci giorni”;
  • La guerra in Croazia: Knin, Vukovar, Dubrovnik;
  • La guerra in Bosnia ed Erzegovina: assedio di Sarajevo e della altre città come Visegrad, Prijedor, Mostar….); il Genocidio di Srebrenica;
  • La guerra in Kossovo e l’intervento della NATO;
  • I profughi di guerra (Croazia, Bosnia, Kossovo).

Attraverso diverse attività portate avanti con i ragazzi in questi mesi, tra cui incontri di formazione frontale sui temi storici e politici riguardanti il conflitto, gruppi di lavoro tematici e di approfondimento, attività di educazione non formale ed utilizzo di mezzi audio e video,  raccolta di  testimonianze personali di chi ha vissuto il conflitto in ex Jugoslavia e promozione di narrativa critica e imparziale pensiero, abbiamo provato a far immergere i giovani in una realtà a loro anagraficamente molto vicina ma totalmente sconosciuta. Gli argomenti sono stati trattati anche attraverso la visione di video e di testimoni diretti dei fatti, che hanno incontrato i ragazzi raccontando le loro storie e rispondendo alle loro domande.

In occasione della commemorazione delle vittime di Srebrenica: Srebrenica 8372, il genocidio, svoltasi l’11 luglio su iniziativa del Senatore Pier Ferdinando Casini e in collaborazione con la Comunità di Bosnia ed Erzegovina a Roma “Bosnia nel cuore”  presso il Senato della Repubblica, alla presenza del Senatore, della senatrice Emma Bonino e dell’Ambasciatore di Bosnia ed Erzegovina in Italia S.E. Josip Gelo, Margherita Salerno e Giuseppe Caciari, hanno rappresentato gli studenti che hanno partecipato al percorso di alternanza scuola–lavoro.

 

LE TESTIMONIANZE DEI RAGAZZI. «La caratteristica di questi incontri», ha raccontato Margherita, «è lo stretto contatto con i testimoni oculari, i membri della comunità bosniaca a Roma “Bosnia nel Cuore”, che ci hanno raccontato le loro esperienze personali facendoci sentire ancora più vicini a questa frazione di storia. Le persone intervistate, infatti, ci hanno fatto leggere la storia con gli occhi di chi l’ha vissuta, facendo trapelare l’emotività durante il racconto. Toccando così vicino il tema siamo riusciti ad immedesimarci nel periodo storico e capre, quindi, la situazione vissuta in quegli anni. Andando avanti con il progetto ci siamo resi conto dell’assurdità del fatto che noi italiani, così vicini a questi territori, spesso siamo all’oscuro dell’accaduto e ci limitiamo a delineare il più grande conflitto europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale con un semplice “divisione della Jugoslavia”, senza rifletter su come e perché è stato raggiunto un simile risultato».

 

genocidio di Srebrenica
Margherita Salerno e Giuseppe Caciari hanno rappresentato gli studenti che hanno partecipato al percorso di alternanza scuola–lavoro

Giuseppe ha riportato ciò che questa esperienza ha dato a lui: «Solo attraverso la conoscenza e lo studio della storia noi tutti possiamo impegnarci per evitare che ci siano altri giorni da ricordare, perché è solo con l’impegno civile ed il rispetto per gli altri che si riesce a superare ogni divergenza. Come disse Primo Levi “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare”».

Oltre alla testimonianza sul percorso fatto, i ragazzi hanno presentato il video La Bosnia in mano alle donne, protagoniste e vittime insieme. Migliaia di donne musulmane furono stuprate dai soldati serbi. Secondo la testimonianza video di Ado Hasanovic, regista di Sarajevo, nato e cresciuto a Srebrenica, che aveva solo 7 anni quando il padre lo portò via da quei luoghi, «la pratica dello stupro nei campi di prigionia è stata una delle armi utilizzate per dividere la comunità durante la guerra». Le donne però hanno avuto un ruolo importante per la sopravvivenza della Bosnia: «le donne hanno protetto la Bosnia», dice Ado, «perché mentre gli uomini combattevano, loro hanno assunto il ruolo di padrona di casa, il boss della casa. Senza di loro, non si sarebbe potuto sopravvivere. Hanno salvato la Bosnia sia in modo fisico che intellettuale».

Un’esperienza, quella vissuta dagli studenti durante questo progetto, molto positiva che in questa sede ha ottenuto il plauso del senatore Casini che si è impegnato a portare al Ministro dell’Istruzione questa buona prassi sperimentale fatta al Liceo Cavour, come esempio e stimolo alla realizzazione di altri progetti formativi rivolti alle scuole di conoscenza dei fatti storici recenti.

La senatrice Emma Bonino ha ricordato i fatti di Srebrenica attraverso il racconto di chi ebbe la possibilità di raggiungere il campo organizzato, nei giorni subito successivi all’eccidio: «Il silenzio era l’elemento che colpiva immediatamente. Un silenzio innaturale, dovuto alla totale assenza di uomini e ragazzi; erano presenti, infatti, solo donne, anziani e bambini molto piccoli». Nonostante questa evidenza, per molto tempo la comunità internazionale negò la possibilità che qualcosa di orrendo potesse essere accaduto sotto gli occhi dell’ONU. Vani i tentativi di far valere l’interpretazione più logica, per quanto agghiacciante.

Una verità scomoda, riconosciuta solo, e parzialmente, nel 2017, con l’attribuzione delle responsabilità al governo olandese, presente con le proprie forze militari per conto dell’ONU. «Oggi i fatti di Srebrenica», ha continuato, «devono fornirci le lenti attraverso le quali guardare le stragi in corso, per questo ricordare Srebrenica vuol dire far in modo che si realizzi quell’auspicato “mai più”; perché quando c’è strage di legalità, poi c’è strage di uomini. In questo senso, il percorso europeo deve ancora compiersi; un percorso nel quale la Bosnia Erzegovina potrà inserirsi a pieno titolo solo quando avrà affrontato anche le proprie contraddizioni interne».

 

Immagine di copertina Wikipedia Commons

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