SALUTE, FIBROMIALGIA: QUATTRO I CENTRI SPECIALIZZATI INDIVIDUATI NEL LAZIO

Il report di Cittadinanzattiva, richiesto dalle associazioni, rivela poca trasparenza e troppe differenze regionali. Le associazioni: «Chiediamo l’erogazione dei fondi previsti dalla legge e l’inserimento nei LEA».

di Ilaria Dioguardi

Cittadinanzattiva ha condotto, nel 2022 e nei primi mesi di quest’anno, un’indagine civica per l’impiego e la destinazione dei fondi ripartiti destinati alle Regioni dedicati allo studio, alla diagnosi e alla cura della fibromialgia. Il report, richiesto da AISF – Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica Odv, Associazione Fibromialgici Libellula Libera APS e CFU Comitato Fibromialgici Uniti-Italia Odv, rivela che c’è ancora molto da fare per dare risposte concrete ai bisogni di salute delle persone affette da fibromialgia e dei loro familiari e garantire un equo accesso alle cure e in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale.

Rapida erogazione dei fondi

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Una delle panchine viola dedicate alla sindrome fibromialgica inaugurate per sensibilizzare sulla malattia

Il contesto normativo è in stallo. Nonostante la legge di Bilancio 2022 abbia istituito un Fondo per lo studio, la diagnosi e la cura della fibromialgia – con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2022 – e malgrado un decreto successivo lo abbia ripartito tra tutte le Regioni (tranne le Province autonome di Trento e di Bolzano), nessuna di esse ha di fatto ricevuto la propria quota. Secondo la legge, le Regioni sono tenute, dallo scorso dicembre, ad individuare sul proprio territorio uno o più centri specializzati per la gestione delle persone con fibromialgia e in grado di assicurare ai pazienti una presa in carico multidisciplinare.
«Questo report è stato richiesto da noi associazioni  per capire cosa si stesse facendo dei fondi, alla luce dei 5 milioni di euro che erano stati stanziati per la sindrome fibromialgica e che, con un decreto dell’8 luglio 2022, dovevano essere distribuiti a tutte le Regioni», dice Giusy Fabio, vice presidente AISF – Associazione Italiana Sindrome Fibromiagica Odv. «Se le quote non fossero state assegnate entro il 31 dicembre scorso, si sarebbero persi i fondi. Oltre ad una verifica dell’utilizzo degli stessi fondi, ci interessava anche capire se avessero individuato i centri di riferimento. Il decreto parla chiaro: bisogna trovare dei centri multidisciplinari per la cura, la diagnosi e, in parte, per la ricerca sulla fibromialgia. Quasi tutte le Regioni non hanno risposto alle associazioni per avviare dei tavoli, per capire come lavorare insieme. Ci può stare che ci siano dei tempi lunghi per questioni burocratiche, ma, prima di tutto, pretendiamo risposte dalle Regioni: non si può rischiare che i fondi vadano persi, sono gli unici che il governo ha riconosciuto per questa patologia», continua Giusy Fabio. «Vogliamo responsabilizzare, con quest’indagine, chi ci governa. Non ci siamo sentiti affatto tutelati finora. Io personalmente sono andata in diverse Regioni, in molte di esse non si era a conoscenza di un decreto che assicurava la spartizione di questi fondi. Noi associazioni abbiamo sensibilizzato, informato, fatto un lavoro importante senza nemmeno essere considerate; siamo a contatto diretto con i pazienti che si rivolgono a noi, almeno un confronto ce lo saremmo aspettato».

Inserimento della malattia nei LEA

Le associazioni chiedono al più presto un aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). «La commissione nazionale ha valutato la fibromialgia meritevole di essere inserita nei LEA, ha confermato che è una patologia cronica invalidante, ora serve urgentemente un aggiornamento per l’inserimento della malattia nei LEA», dice Fabio. All’indagine (cinque domande inviate con la procedura di accesso civico generalizzato) hanno risposto tutte le Regioni, tranne la Calabria, il Friuli-Venezia Giulia e la Puglia. La Campania ha fornito una risposta interlocutoria che riferisce che è tutto in fase di programmazione. Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Piemonte, Sardegna e Toscana hanno fornito risposte molto complete in termini di informazioni riportate. Basilicata, Liguria, Lombardia, Molise, Umbria, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto hanno riportato poche indicazioni. Tutte le Regioni comunicano di aver inoltrato la richiesta di accesso ai fondi stanziati. Le Regioni Lazio, Marche, Piemonte e Toscana hanno dato indicazione sulla ripartizione dei fondi, insieme a Emilia-Romagna e Sardegna che hanno anche fornito dettagli numerici. Solo 13 Regioni (Lazio, Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta, Veneto), oltre ad aver individuato il centro o i centri per diagnosi e la cura della fibromialgia, hanno anche specificato quali sono e dove si trovano. «Il Lazio ha collaborato con le associazioni. Io personalmente ho collaborato con i burocrati per avviare un tavolo cercando di dare informazioni in merito ai centri», spiega Giusy Fabio. Nel Lazio sono stati individuati questi quattro centri specializzati: Reumatologia del San Camillo Forlanini, Terapia del dolore dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Reumatologia del Policlinico Umberto I, Reumatologia della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli- IRCCS.

Fibromialgia: ne sono affette due milioni di persone in Italia

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Giusy Fabio: «Il mancato riconoscimento della malattia toglie tutti i diritti, anche sul lavoro»

Secondo una stima, in Italia 2 milioni di persone sono affette da fibromialgia, una malattia che colpisce soprattutto le donne, anche se sono in crescita le diagnosi negli uomini e soprattutto negli adolescenti. La fibromialgia è una sindrome da sensibilizzazione centrale che colpisce l’apparato muscolo-scheletrico, caratterizzata da un’alterazione dei neurotrasmettitori. Causa stanchezza e affaticamento molto invalidanti, «tali da non poter compiere anche i più normali gesti quotidiani. Quest’errata percezione che hanno le persone fibromialgiche altera anche tutte le altre funzionalità, quali il colon, la vescica. I pazienti hanno anche problemi cognitivi, quali la memoria a breve termine, difficoltà di concentrazione e di apprendimento, problemi ginecologici, disturbi del sonno e dell’umore», spiega la vice presidente. «Il paziente fibromialgico è colpito a 360 gradi: nel corpo, nella testa e, io dico, anche nell’anima: perde dignità. Quello che si faceva prima non si riesce a fare più. Il mancato riconoscimento della malattia toglie tutti i diritti, anche sul lavoro. Gli stessi familiari hanno difficoltà a credere ai sintomi provati dal paziente, se la malattia ha difficoltà a venire diagnosticata dai medici. La fibromialgia rende invalidi, anche da un punto di vista cognitivo. È una patologia subdola e pericolosa perché spesso ci si sente non compresi. Fortunatamente, i tempi della diagnosi si sono ridotti, non si arriva a due anni, è aumentata molto la conoscenza della malattia. La diagnosi avviene purtroppo anche in età pediatrica, dai 9-10 anni».

Puntare sulla consapevolezza del paziente

L’AISF – Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica OdV ha sede a Milano, ma è dislocata su tutto il territorio grazie a delle sezioni locali, costituite da un referente del paziente e un referente medico. A Roma la sede è in via Rosa Raimondi Garibaldi 40. «Collaboriamo a stretto contatto con i medici, per offrire un percorso diagnostico, terapeutico, assistenziale e solidaristico, anche grazie ai volontari. Puntiamo molto sulla consapevolezza del paziente, che deve diventare un po’ medico di se stesso per affrontare la malattia al meglio, seguito ovviamente da professionisti».

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