IL FUTURO NEGATO DEI GIOVANI. SOPRATTUTTO DI PERIFERIA

Un'indagine della Caritas sui giovani di Roma ribadisce le differenze tra chi sta periferia e chi sta in centro. Che un futuro ce l'ha, ma all'estero

Come percepiscono il futuro proprio e della città i giovani romani? Raccontare sogni e aspirazioni, paure e ostacoli di ragazze e ragazzi è una grande sfida, soprattutto se a farlo sono gli adulti che spesso li considerano lontani dal loro vissuto. Anche gli strumenti di ricerca classici (come i questionari su campione) limitano l’analisi delle loro esperienze restituendo dati quantitativi sterili e poco rappresentativi.

 

Il futuro negatoPer questo motivo la Caritas di Roma, in collaborazione con il Servizio diocesano di Pastorale Giovanile hanno scommesso su un nuovo tipo di ricerca più focalizzata sull’ascolto dei loro racconti e meno attenta a numeri e percentuali (adottando un metodo simile a quello dei focus group).

Protagonisti di questo esperimento, durato un anno, sono state classi di liceo, università, gruppi scout, parrocchie dislocate sul territorio romano. A raccogliere ed elaborare i dati è stato il sociologo Mario Pollo, curatore del volumeIl futuro negato. Progetti e sogni di adolescenti e di giovani romani”.

 

IN CENTRO E IN PERIFERIA. Sfogliando la ricerca salta subito all’occhio una distinzione netta tra le risposte raccolte dai giovani che abitano le periferie della capitale e quelli che abitano le zone più centrali, segno evidente che l’appartenenza a una classe sociale o all’altra influenza il presente e le scelte future di questi ragazzi. «Dalle testimonianze dei giovani che abitano le periferie», spiega Pollo, «emerge uno svantaggio sociale che li porta a non avere fiducia in loro stessi e nelle loro risorse: per molti di loro è difficile progettare il proprio futuro in una prospettiva a medio-lungo termine e da ciò scaturisce la difficoltà di compiere delle scelte anche durante il presente. Totalmente diversa è invece la condizione dei giovani del centro, che invece hanno un’idea di futuro chiarissima, scandita da passaggi e obiettivi ben precisi».

I giovani di periferia, secondo lo studio, soffrono l’assenza di servizi, investimenti e risorse destinate alla loro formazione e si riferiscono a contributi non solo economici, ma anche di tipo educativo nei singoli quartieri. Dall’altra parte, chi è cresciuto all’interno di un ceto medio-alto prende in considerazione di partire per l’estero, anche se attaccato alle proprie radici romane.

Particolare è anche la motivazione per cui i ragazzi del centro scelgono la propria scuola secondaria: la maggior parte di loro sceglie un liceo per non deludere le aspettative dei propri genitori (qui entra in gioco lo status sociale) e nel momento in cui lo studente non regge il carico di studio viene trasferito in una scuola privata. Alcuni di loro affermano che i licei pubblici non sembrano far nulla per impedire tale dispersione scolastica, mentre gli istituti tecnici e professionali diventano ghetti per i meno volenterosi.

 

I QUARTIERI. Che rapporto hanno i giovani romani con i loro quartieri? Chi è cresciuto in periferia da una parte apprezza la bellezza e la fama di Roma, ma percepisce anche la bassa qualità di vita e gli scarsi servizi all’interno del suo municipio; molti di loro soffrono la vita frenetica e vorrebbero trasferirsi in quartieri più centrali.

Gli adolescenti del centro hanno consapevolezza che il tenore di vita tra le loro vie è più alto, ma – a parere loro – non tutti gli abitanti sono consapevoli di questa fortuna. Qui i conflitti che emergono sono di tipo politico: ci sono scontri tra famiglie cattoliche e ebraiche o tra frange di sinistra e altre legate all’estrema destra.

 

giovani e volontariatoQUALE SOCIETÀ. Ciò che in tutti i gruppi è emerso è la ricchezza delle esperienze associative. I gruppi di un liceo hanno definito i rapporti faccia a faccia “un antidoto alla virtualità dei social”, sperimentando ciò all’interno di una vita associativa. Confermano questa visione anche i gruppi scout e parrocchiali coinvolti nella ricerca ribadendo che campi estivi o gite fuori porta diventano occasioni per instaurare relazioni profonde e più significative (al di là della motivazione religiosa o semplicemente aggregativa).

Tra i temi trattati all’interno dei focus group c’è stato anche quello del cambiamento sociale e politico. Nella discussione di un gruppo di adolescenti del litorale romano è emersa l’assenza di meritocrazia nella società in cui prevalgono più le raccomandazioni e lo status familiare nel determinare il futuro di ciascuno.

Oltre a ciò stigmatizzano la scarsa cura sia dei cittadini che dei governanti al bene comune, scuola compresa. Nonostante l’adesione al movimento studentesco ispirato a Greta Thunberg, alcuni di loro percepiscono le azioni individuali a difesa dell’ambiente come inefficaci, di fronte ai comportamenti della maggioranza degli abitanti.

 

GLI ALIENI. Il fatto che questa indagine non voglia restituire dei dati aggregati a campione è positivo perché ci restituisce un’immagine frammentata di giovani romani più simile a quella reale che incontriamo nel quotidiano. Ci spiace prendere atto che ancora oggi esista un enorme divario culturale tra periferia e centro sintomo che l’ascensore sociale oggi, sia ancora bloccato.

«Gli adulti», conclude Pollo, «considerano i giovani come degli alieni sbarcati sulla terra e caratterizzati da discontinuità, per niente simili a loro. Ma, in verità, non vogliono riconoscere che i giovani sono i figli della cultura sociale in cui si sono formati e del mondo adulto che li ha cresciuti».

La ricerca completa con il dettaglio dei singoli focus group è scaricabile a questo link.

Qui sotto, il video del TGR Lazio sulla ricerca.

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org

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