IL MOVIMENTO NONVIOLENTO, CONTRO TUTTE LE VIOLENZE

Una lunga storia, quella del movimento nonviolento, non solo contro la guerra, ma anche contro l'odio e le discriminazioni. Intervista a Adriano Moratto e Massimo Bracchi

di Irene Bracchi

La marcia della pace Perugia-Assisi, giunta quest’anno alla sessantesima edizione, come ogni anno ha rilanciato la riflessione sulla pace e sui modi per costruirla. Riflessione che ha coinvolto anche i giovani in servizio civile, che proprio per l’esperienza che stanno facendo, dovrebbero riflettere su questi temi. Ne abbiamo parlato con Adriano Moratto e Massimo Bracchi del Movimento Nonviolento di Brescia.

Come nasce il movimento nonviolento e che legami ha con la marcia Perugia-Assisi?
Adriano Moratto. «Il movimento nonviolento è la prosecuzione della prima marcia Perugia Assisi, ideata da Aldo Capitini su imitazione di alcune marce antinucleari che si erano tenute in Inghilterra. All’epoca era molto avvertito il tema del pericolo rappresentato dagli armamenti nucleari: basti pensare che solo un anno dopo ci sarà la crisi di Cuba. Stava inoltre crescendo a livello mondiale l’esigenza di uscire dalla contrapposizione della guerra fredda, con la volontà di rivalutare l’importanza dei popoli, della presenza e della partecipazione popolare alla politica. Il movimento nonviolento è quindi la volontà di continuare il percorso nato con la marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli. La grande partecipazione che c’era stata alla marcia dimostrava, infatti, un reale interesse delle persone a queste tematiche e un bisogno di portarle avanti».

movimento nonviolento
La prima bandiera della pace, ideata da Aldo Capitini

Che legami ci sono tra il movimento nonviolento e il servizio civile?
Massimo Bracchi. «Il movimento ha un legame enorme con il servizio civile, tenendo conto che il servizio civile nasce dall’obiezione di coscienza. Già nel 1948 Pietro Pinna, per esigenze di opposizione integrale alla guerra, si era opposto alla cartolina verde che gli imponeva di fare il militare e, anche per evitare di essere accusato di codardia, proponeva la possibilità di fare un servizio alternativo. All’epoca dei fatti vi erano state anche proposte concrete di servizi alternativi al quello militare, come l’ipotesi di sminare intere aree del Paese, perché vi erano ancora molte mine dalla guerra finita da poco. La campagna per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza prosegue fino alla prima legge del dicembre 1972, a seguito della quale il movimento nonviolento accolse i primi ragazzi del servizio civile. Con l’abolizione dell’obbligo del servizio militare il movimento nonviolento ha continuato il proprio impegno per il servizio civile e tuttora ha dei progetti attivi».

C’è continuità tra il servizio civile che veniva organizzato allora e quello di oggi?
Adriano Moratto. «Fino a quando c’era l’obbligo di leva, era molto forte la volontà di opporsi al militarismo, mentre adesso è diventato forse più un impegno sociale, la volontà di interrogarsi su cosa si possa fare per la propria società con azioni non armate e pacifiche. Nel nostro caso i ragazzi del servizio civile si occupano ad esempio di studio e informazione su tematiche come quella dei conflitti e delle forti contrapposizioni che stanno emergendo sempre di più, analizzando anche le tecniche per affrontarli e risolverli, cercando anche le “ragioni dell’altro” e lavorando sulle modalità di comunicazione».

Quali sono gli ideali del movimento nonviolento, l’idea su cui nasce e come possono attuarsi oggi concretamente?
Massimo Bracchi. «L’obiettivo primario del movimento è la lotta integrale alla costruzione della guerra vista come momento focale della violenza, ma anche l’esclusione della violenza in ogni settore della vita sociale, individuale e nazionale. Le fondamentali direttrici sono: l’opposizione integrale alla guerra; la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l’oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso ed alla religione; lo sviluppo della vita associativa nel rispetto di ogni singola cultura e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un’altra faccia della violenza dell’uomo. Il Movimento opera con il solo metodo non violento, che implica il rifiuto dell’uccisione e della lesione fisica, dell’odio e della menzogna, dell’impedimento del dialogo e della libertà di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta non violenta sono: l’esempio, l’educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la non collaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. Per attuare questi ideali qui a Brescia, ad esempio, dal 2.009 al 2.012 abbiamo fatto un’ora di silenzio in piazza per un giorno al mese contro i respingimenti degli immigrati. L’azione è nata a seguito di un fatto di cronaca quando, dopo un salvataggio in mare, avevano promesso agli immigrati che li avrebbero portati a Lampedusa invece li hanno ingannati e riportati in Libia.

Oggi sosteniamo alcune iniziative e campagne. Tra queste vogliamo segnalarne un paio: la prima è “Italia, ripensaci”, nata a seguito dal voto contrario dell’Italia alla risoluzione che chiedeva all’Assemblea Generale dell’ONU di approvare uno strumento giuridicamente vincolante che prevedesse la messa al bando e lo smantellamento delle armi nucleari. Un’altra campagna in corso è “Un’altra difesa è possibile”. Si tratta di una proposta di legge popolare per l’istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta della Patria in attuazione dell’art. 52 della Costituzione»

Visto che sono passati 60 anni dalla prima marcia Perugia Assisi, secondo voi è ancora attuale e può avere ancora un senso la marcia?
Adriano Morato. «L’occasione di muovere e fare incontrare migliaia di persone sul tema della pace è senz’altro fondamentale e utile. L’aspetto che noi vorremmo fosse più presente è quello su cui è nata la marcia dell’antimilitarismo e della fratellanza fra i popoli».

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