LEGALITÀ. AD ANDREA TUDISCO UN IMMOBILE SEQUESTRATO ALLA CRIMINALITÀ

Con il progetto “Legàmi” un bene sequestrato sarà una nuova casa per le famiglie costrette alle migrazioni sanitarie. E un bene comune in cui costruire comunità. Vannini: «Il volontariato deve rivendicare la vocazione all’interesse generale»

Sono state sottoscritte a giugno, al Viminale, le prime tre convenzioni per l’assegnazione diretta ad organizzazioni del Terzo settore di immobili sottratti alla criminalità organizzata, affinchè vengano destinati a finalità sociali. Le assegnazioni giungono a valle di uno specifico avviso pubblico dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che ha riguardato oltre 240 immobili su tutto il territorio nazionale. Ne abbiamo parlato con Maurizio Vannini, già vicepresidente CSV Lazio ETS e da molti anni impegnato nell’associazione Andrea Tudisco, una delle tre associazioni che ha sottoscritto, con il direttore dell’Agenzia nazionale, prefetto Bruno Corda, le convenzioni, insieme a Fondazione Progetto Arca Onlus, che ha presentato due progetti, “La Casa della rete per i senza dimora” e “Casa Arca Esposti, co-housing e grave marginalità” da realizzare a Varese e a Roma.
Con il progetto “Legàmi”, l’associazione Andrea Tudisco si propone di offrire supporto ai nuclei familiari che assistono pazienti oncologici o con gravi patologie. L’immobile sarà allora, a Roma, una nuova casa destinata ai bambini e alle loro famiglie costretti a spostarsi per affrontare una malattia. E sarà un bene comune, un luogo di comunità, l’anello di una catena di legalità. Il frutto dell’impegno di un volontariato vocato all’interesse generale e alla collaborazione con l’istituzione pubblica nelle politiche di accoglienza integrata.

Che cosa prevedono, nello specifico, le convenzioni?

Andrea Tudisco
Un momento della firma delle convenzioni al Viminale

«Le tre convenzioni sottoscritte sono relative ai primi tre in graduatoria nazionale che si sono aggiudicati il bando del 2020, prima istruttoria dell’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati – l’agenzia che, avendo in carico tutti i beni sequestrati a livello nazionale, li destina agli enti di secondo livello, le Regioni, le Province o i Comuni – direttamente rivolto agli enti di Terzo settore. Per la prima volta, infatti, l’Agenzia ha messo a bando più di 240 immobili a livello nazionale e il Terzo settore poteva partecipare con progettualità che ne valorizzassero l’uso sociale. Un’assegnazione che dimostra come un processo di questo tipo sia possibile, che ci sono enti di Terzo settore che hanno le qualità e le caratteristiche per valorizzare dei beni sequestrati. L’accoglienza integrata è la nostra missione associativa: l’immobile assegnato all’associazione Andrea Tudisco – terza a livello nazionale – diventerà, quindi, un bene comune, capace di creare legami di comunità, indipendentemente dall’uso destinato ai beneficiari diretti, i minori che vengono a curarsi a Roma. Mentre gli altri due progetti riguardano persone senza fissa dimora. Dalla presentazione dei progetti – a fine 2020 – l’istruttoria è stata, a garanzia di tutti, molto lunga: merito dell’Agenzia nazionale e del prefetto Corda».

La firma delle convenzioni è simbolo di costruzione di legalità. Un’occasione importante per un volontariato e un Terzo settore attori comprimari nella collaborazione con le istituzioni…

Andrea Tudisco
«Secondo l’ultimo rapporto Censis, i migranti sanitari sono 750mila, 71mila dei quali sono bambini. Fenomeni che si concentrano lì dove c’è l’eccellenza sanitaria. In questi casi si spostano famiglie intere, con i genitori che possono dover lasciare il lavoro o le mamme che possono dover restare sole».

«Ma io direi anche primari. Come volontariato dobbiamo rivendicare – e lo facciamo quotidianamente – la vocazione all’interesse generale. L’essere riconosciuti come protagonisti nella collaborazione con la pubblica amministrazione e non solo come destinatari o esecutori di servizi a basso costo, così come la raccolta dei bisogni e la loro traduzione in buone pratiche, anche attraverso l’uso dei beni sequestrati, magnificano un’azione di recupero ad un uso sociale pieno, legato a bisogni reali di un bene destinato ad altro. È qui che abbiamo un ruolo di partenariato stretto con la pubblica amministrazione: per capire dove e come agire e per valutare l’impatto delle nostre azioni, anche rispetto ai processi di educazione alla prosocialità, alla legalità, al bene comune. Perché è di beni comuni che parliamo: quando un’associazione come la nostra prende un bene di questo tipo, dà un segno di legalità nel territorio e diventa una palestra di collaborazione. Andrea Tudisco, ad esempio, collabora da anni con Libera e lo fa attraverso le storie dei bambini che segue. In questo modo aiuta loro a raccontarsi e a confrontarsi e i cittadini a capire che cosa avviene quando si accoglie un bambino costretto alla migrazione sanitaria, sradicato dal suo contesto sociale; che cosa vuol dire avere la capacità di far vivere a lui e alla sua famiglia quel momento di vita – al di là della malattia acuta – come un periodo in cui sentirsi parte di una comunità. Il valore sta nell’usare un bene sequestrato in termini di gratuità per offrire servizi che sono sussidiari: l’ospitalità integrata, il supporto del segretariato sociale, dello psicologo, del legale, dei clown dottori, dell’accompagno in ospedale a chi viene a Roma. Secondo l’ultimo rapporto Censis, i migranti sanitari sono 750mila, 71mila dei quali sono bambini. Fenomeni che si concentrano lì dove c’è l’eccellenza sanitaria. In questi casi si spostano famiglie intere, con i genitori che possono dover lasciare il lavoro o le mamme che possono dover restare sole. Gestire, allora, un bene sequestrato e restituirlo alla comunità, per dare al bisogno una risposta che è parte di un processo partecipativo di un volontariato sussidiario, fa sì che quel bene rappresenti un segno, un memoriale. Trasformare semi bacati in azioni positive che danno frutto vuol dire dare testimonianza di comunità per la comunità, non solo dell’associazione o dell’ente pubblico, ma anche di chi e per chi partecipa. Partendo dalla convinzione che occorra superare la logica della progettualità a favore di una logica di programmazione, dove chi collabora con l’associazione viva tale collaborazione come adesione ad una visione, la nostra esperienza, anche sui beni sequestrati, fa sì che la cittadinanza – singoli, aziende, fondazioni, enti pubblici – acquisisca una consapevolezza comunitaria. Il processo partecipato non sta solo nel dare risposte, ma anche nel creare circuiti virtuosi tra il pubblico, il volontariato, il profit, che valorizzino, promuovano, facciano vivere le esperienze. Tenendo conto che non basta fare, ma bisogna fare bene e raggiungere gli obiettivi: avere, cioè, la capacità di misurare e valorizzare quanto si è fatto in relazione a un territorio, valutando il cambiamento prodotto. Altro progetto riguarda l’apertura di una nuova struttura di accoglienza dell’associazione Andrea Tudisco a Tor Vergata, in virtù della donazione di un terreno. Una casa che costruiremo grazie alla raccolta fondi e ai partenariati. Realizzeremo un bene in un contesto dove non sono presenti spazi collettivi. Il tema, allora, è la visione, la capacità, l’esperienza, le buone pratiche, l’essere mediatori di relazioni, di incontro tra la ricerca scientifica, l’accoglienza, i donatori, l’ente pubblico, i beneficiari finali, che poi restano parte della rete come testimoni. Anche senza contare l’abbattimento dei costi che l’accoglienza consente, il bene vive nella capacità di renderlo patrimonio comune, non solo di chi in quel momento lo usa. Un tema che diventa elemento di guarigione sociale, di restituzione della persona alla comunità, testimone della sua esperienza e dell’uso virtuoso di un bene sottratto alla criminalità. Il tutto in modo gratuito e volontario, in assenza di una normativa che preveda contributi pubblici per le case di accoglienza per i migranti sanitari, previsti invece, ad esempio, per l’handicap o la salute mentale. Il volontariato, quindi, deve essere servizio e gratuità, ma presentarsi come un soggetto che ha la vocazione all’interesse generale, la possibilità e la capacità di generare partenariati tali da poter dare risposte in sussidiarietà, non in sostituzione come avviene per la cooperazione, che si fa carico dei servizi sociali perché l’istituzione territoriale non ha la possibilità o perché il servizio costa meno. Il volontariato è generativo per il circuito delle relazioni, delle comunità, è attivatore per la capacità di realizzare. Attraverso questi processi di partecipazione ed esperienze di buone pratiche nell’utilizzo dei beni comuni, di fatto, si creano legami di comunità».

Oltre al valore di una casa per le famiglie costrette al turismo sanitario, oltre al valore dell’uso sociale di un bene sequestrato c’è anche un valore aggiunto quindi…

«Accogliere vuol dire prendersi cura, in una logica generale, delle persone e dei beni comuni, sostenere e valorizzare quello che si ha. Non solo essere resilienti, ma antifragili, avere cioè la capacità di basare su quello che si fa un futuro possibile. Questo è quello che dobbiamo immaginare quando ci facciamo carico di un bene che è bene pubblico e bene comune. Nei 26 anni dell’associazione Andrea Tudisco, malgrado le tante possibilità di accoglienza, in molte occasioni siamo stati costretti a dire no. Questo bene sequestrato si aggiunge ora al circuito delle case, che diventano sette, alcune per due o tre nuclei familiari, altre anche per 15. Un’esperienza con i beni sequestrati, la nostra, che si condivide, occasione di educazione al civismo, alla legalità, alla partecipazione. Un valore culturale inestimabile».

Come accennava prima, già nel 2022 Andrea Tudisco Odv aveva presentato un progetto riguardo l’apertura di una nuova struttura di accoglienza nel quartiere Tor Vergata, a Roma. Quali sono i prossimi passi?

Andrea Tudisco
Un particolare del progetto della struttura che sorgerà a Roma, nel quartiere Tor Vergata

«A Tor Vergata abbiamo ricevuto un piccolo terreno grazie ad un lascito testamentario e lì abbiamo pensato che valesse la pena costruire una casa, anzi, un giardino che contenesse una casa. Così abbiamo avviato un percorso partecipato, stipulato una convenzione con il Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre e cercato le migliori risorse per pensare una casa sostenibile, sia da un punto di vista sociale che ambientale. Lo scorso anno il progetto pressoché definitivo è stato presentato alla presenza di rappresentanti del volontariato, degli enti pubblici, dell’università, delle fondazioni. Un progetto che interessa un’area non esattamente felice, nella quale questa nuova casa può dare un segno. Ora abbiamo un progetto cantierabile, con spazi a misura delle famiglie e dei bambini, che abbiamo presentato in Municipio. Speriamo di concludere la parte operativa entro fine anno per poi iniziare con la costruzione vera e propria. Un grande impegno rispetto al quale a fare la differenza è stata la capacità della nostra presidente, Fiorella Tosoni, di raccogliere attorno al progetto il pubblico, le aziende, ma anche molti personaggi, come nel caso della Fondazione Fedez, che ha vissuto una giornata nella Casa di Andrea con le famiglie e i volontari e ha deciso di aiutarci nei nostri progetti. Una collaborazione che si è finalizzata con Love Mi, il concertone in Piazza Duomo a Milano, organizzato da Fedez, il cui ricavato è destinato proprio a supportare la nostra associazione. Ecco, l’esperienza con Fondazione Fedez è stata un’occasione: di promozione, per Andrea Tudisco e i suoi progetti e per il volontariato, e di collegamento tra mondi diversi. Come volontariato dobbiamo avere la capacità di portare avanti progettualità, che poi diventano buone pratiche, modelli e generano percorsi partecipati, legami, innovazione. Occorre un volontariato capace di immaginare soluzioni e percorsi laterali rispetto alle risposte standardizzate ai bisogni. In questo senso uno dei vizi peggiori in cui incorrere è l’essere dipendenti da. Occorre un Terzo settore capace di autonomia nel fare, perché il servizio deve essere dipendente solo dalle relazioni, dalla comunità che sostiene. Se vogliamo interpretarci come soggetti attivi, dobbiamo esserlo anche nella capacità di autosostenerci attraverso l’azione, le buone pratiche, i modelli, che fanno sì che una comunità ti sia accanto. Eppoi migliorare la capacità delle associazioni di avere ruoli guida che non siano solo di quelli che hanno deciso di creare un’associazione di volontariato per buona causa o perché un problema li ha toccati personalmente. Occorrono ruoli guida, associazioni, che si collochino dentro un tessuto di civismo, senza isolamenti ed autoreferenzialità, piuttosto con apertura al confronto. Non solo fare rete, insomma, perché i legami sono più forti di un nodo di una rete, più profondi, diventano una condivisione, oltre la collaborazione. Andrea Tudisco è accreditata in Regione Lazio per la sanità partecipata, collabora, quindi, con altre 75 associazioni di pazienti oncologici che portano le loro istanze su base regionale; siamo parte della rete oncologica; siamo accreditati al Comune di Roma per il Forum sui beni sequestrati; abbiamo contribuito alla stesura del primo Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni di Roma Capitale. È in questo che c’è una reale possibilità come associazione o singolo volontario di partecipare, promuovere, concorrere, spendere parte del proprio progetto di vita per far sì che si cresca tutti, non solo il più vicino o il più simile.

Immagini dalla pagina FB dell’associazione Andrea Tudisco

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