OBIEZIONE DI COSCIENZA: L’UNICO STRUMENTO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ

Per il Ministro della guerra bisogna reintrodurre il servizio militare anche in Italia. Per il Movimento Nonviolento l'unica risposta possibile è già pronta: la Campagna di Obiezione alla guerra e alla sua preparazione. Mao Valpiana: «L’aria che tira è evidente. È un vento di militarizzazione della società, in tutta Europa. È militarizzazione di informazione, educazione, istruzione, un’operazione culturale che serve a giustificare la scelta di portarci in un’economia di guerra»

di Maurizio Ermisino

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I venti di guerra sull’Europa stanno soffiando già da qualche tempo, freddi e forti. Il Ministro della guerra ha parlato chiaro: bisogna reintrodurre il servizio militare anche in Italia. Si parla, per ora, di una leva “volontaria” di 10mila soldati. Ma il sospetto è che sia solo una mossa per poi passare al servizio militare obbligatorio. Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che «va fatta una riflessione sul numero delle forze armate, sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di situazioni di crisi». Secondo il Movimento Nonviolento, l’unica risposta immediata da dare è già pronta: la Campagna di Obiezione alla guerra e alla sua preparazione. Non servono tanti discorsi, manifestazioni, proteste, dibattiti: ognuno sottoscriva subito la propria dichiarazione di obiezione alla guerra.

obiezione alla guerra

Una militarizzazione della società

Con il servizio di leva obbligatorio si tornerebbe indietro di vent’anni. Ma è proprio l’aria che tira in questo periodo in Europa che è inquietante.  «L’aria che tira è evidente» ci spiega Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento. «È un vento, che soffia in tutta Europa, di militarizzazione della società. Che si manifesta in forme varie, esplicite o subdole, ed entra nel profondo dell’organizzazione sociale. Stiamo assistendo alla militarizzazione dell’informazione, dell’educazione, dell’istruzione. È qualcosa che entra nelle scuole e nelle università in modo prepotente. Entra nella cultura ed entra nella società e pervade tutti. È una generale chiamata alle armi. Lo hanno detto esplicitamente tutti i ministri europei e i capi di Stato: dobbiamo prepararci alla guerra. È questo il refrain che da qualche anno soffia in Europa. Naturalmente è un’operazione culturale che serve a giustificare la scelta di portarci in un’economia di guerra. I grandi piani di riarmo, come Rearm Europe, la soglia del 5 % del Pil da spendere in armamenti per tutti i Paesi della Nato, queste grosse operazioni per sostenere l’industria bellica hanno bisogno di un’approvazione, di un consenso generale della società. E lo si ottiene con queste operazioni culturali».

Servizio di leva volontario? Una contraddizione in termini

Dentro a questo scenario arriva la proposta del servizio militare volontario. «E qui c’è una contraddizione in termini» avverte Valpiana. «Il Ministro Crosetto ha parlato di servizio di leva volontario: il servizio di leva, in italiano, significa servizio obbligatorio. Se si parla di servizio militare volontario, quello esiste già e non c’è niente da aggiungere: chi vuole chiede di essere ammesso. Non si capisce questa nuova proposta che chiede di portare in parlamento, e non ci capisce cosa ci sia sotto». Il sospetto è che si cominci con una legge per il servizio militare volontario per arrivare poi a quello obbligatorio. «È evidentemente questo il fine» commenta il Presidente del Movimento Nonviolento. «Ed è evidente perché molti Paesi europei hanno tracciato questa strada e hanno seguito proprio questo percorso».

Servizio militare volontario: un antipasto di quello obbligatorio

La Francia ha annunciato il ripristino di 10 mesi di leva e la Germania ha messo in campo una serie di novità per potenziare l’esercito, con l’obiettivo di diventare «il più forte in Europa entro il 2029». «C’è un dibattito come in Italia» spiega Valpiana. «In Francia sono più avanti e hanno introdotto degli incentivi per invogliare i giovani: benefit economici, un punteggio maggiore per gli esami all’università, una corsia preferenziale per prendere la patente. Fare il servizio militare volontario fa ricavare di più che fare il servizio civile volontario. Il servizio militare volontario di cui si parla da noi sembra essere un antipasto per poi arrivare alla proposta che temo sia quella vera di un servizio militare generalizzato e obbligatorio. Che non avrà le forme che abbiamo conosciuto noi: sarà difficile non essendoci più le caserme e i distretti militari, ma adeguato ai tempi odierni. Alcuni mesi alternati, ore di militare come materia nelle scuole ci sono varie formule per coinvolgere tutto il mondo giovanile nella preparazione ad entrare nell’esercito e svolgere una funzione lì».

La militarizzazione della scuola

È da tempo ormai che ci siamo accorti di una presenza maggiore nelle scuole, come nelle fiere e nei luoghi di svago. Si sta cercando di diffondere questa cultura anche tra i giovanissimi. «Certo. C’è ed è esplicita» ci spiega Valpiana. «È stata formalizzata una convenzione tra il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Istruzione e del Merito per far entrare i militari nelle scuole. È stata appena firmata una convenzione tra il Ministero dell’Istruzione e l’Associazione Nazionale Alpini perché possano entrare nelle scuole e raccontare quanto è bello fare gli alpini, presentandolo in modo subdolo: gli alpini come quelli che aiutano e fanno la protezione civile. Ma sono tutte forme di militarizzazione della scuola».

Alle fiere lo stand più frequentato è quello dei militari

A questo si aggiunge il discorso delle fiere. «Nell’ultima fiera fatta a Verona, Jobs, una fiera nazionale che presenta ai giovani tutte le opportunità di lavoro lo stand più forte e più frequentato è stato quello dei militari» commenta Valpiana. «Attiravano i giovani perché nello stand si poteva entrare, mettere i visori 3D e provare quanto è bello guidare un aereo da caccia. A Napoli abbiamo visto in piazza i bambini che potevano salire sui carri armati. Durante la fiera EOS di Parma ci saranno i poligoni di tiro. La presenza massiccia dell’esercito va nei luoghi deputati a fare scuola militare per i giovani».

L’Europa potrebbe sabotare la pace in Ucraina?

È tutto molto inquietante. Come lo è un’idea che suggerisce un editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. L’idea è che il fatto che la guerra finisca in Ucraina, e quindi in Europa sia sul punto di finire possa non piacere al «partito transnazionale della guerra» che potrebbe «fare di tutto per sabotare il negoziato». Forse è fantapolitica. Quello che è vero è che, alla notizia del piano Trump le imprese delle armi sono crollate in borsa. Ma davvero l’Europa potrebbe sabotare la pace? «Non ho i dati per sostenere questa tesi» risponde Valpiana. «Ma è certo che ogni passo che si faccia di militarizzazione anche “solo” culturale è un passo indietro che si fa nella ricerca della pace. Se si entra nelle scuole per mostrare quanto è bello fare gli alpini è un passo indietro, quando invece il lavoro da fare per la pace sarebbe la possibilità di entrare nelle scuole per proporre il servizio civile disarmato ai giovani che – lo dice la legge italiana – dovrebbe essere uno strumento atto alla difesa civile, non armata, non violenta della patria. Ma questo rimane il piano b proposto ai giovani». La strada che stiamo intraprendendo in Italia è quella di tanti Paesi europei. «L’ultimo in ordine di tempo è la Croazia» continua. «Ma il servizio militare obbligatorio è già presente in Svezia, in Norvegia, in Lituania, in Estonia, a Cipro, in Grecia. E il dibattito è molto avanzato in Francia e in Germania. L’Italia è candidata nel giro di un paio d’anni a presentare questa proposta».

La campagna di obiezione alla guerra

Quella per l’obiezione di coscienza è una campagna importante, centrale. «L’intero movimento pacifista dovrebbe assumerla» spiega Valpiana. «La campagna generale è l’obiezione alla guerra. Ma qui si tratta di sottoscrivere una dichiarazione preventiva di obiezione di coscienza, e lo possono fare tutti i giovani coinvolti, ma anche i più adulti. Riguarda tutti perché tutti siamo in qualche modo chiamati alle armi. Proponiamo che chiunque sottoscriva questa dichiarazione di obiezione di coscienza che è un’assunzione personale di responsabilità, non è una petizione qualsiasi. Ma firmi un modulo, ti assumi la tua responsabilità. E noi, che raccogliamo e stampiamo tutti questi moduli, li inviamo alle autorità preposte: il Presidente della Repubblica, che è anche il capo delle forze armate, il Presidente del Consiglio, il Ministro della Difesa e il capo di Stato Maggiore. La richiesta politica è quella di costituire un albo nazionale degli obiettori di coscienza, di coloro che non potranno essere richiamati al servizio armato in caso di guerra. Questo albo esiste già, è l’albo di chi, dal 1972 al 2005 ha fatto l’obiettore di coscienza, cioè ha scelto il servizio civile, e che non può essere richiamato in guerra ai servizi armati. Noi chiediamo che si aggiungano tutti coloro che firmano il nostro modulo. Per avere un grande albo nazionale dove sono elencati tutti coloro che fanno obiezione di coscienza in base alla legge vigente e in base alla Costituzione. Che dice, sì, che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino: ma parla di difesa, non di difesa armata. Noi intendiamo che sia compresa la difesa non violenta. E che questa difesa non violenta sia compatibile con l’articolo 11 della Costituzione, cioè il ripudio della guerra. In questo modo chiudiamo il cerchio. E dentro ai principi costituzionali e alle leggi vigenti c’è questo pilastro portante dell’obiezione di coscienza. Che oggi è l’unico strumento che noi cittadini abbiamo in mano per rifiutare la militarizzazione della società».

 

OBIEZIONE DI COSCIENZA: L’UNICO STRUMENTO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ

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