PARALIMPIADI 2024: UN’EDIZIONE DA RECORD. È IL MOMENTO DI PROGETTI CONCRETI
Con 24 ori, 15 argenti e 32 bronzi, l'Italia chiude le Paralimpiadi 2024. Iannuzzi: «Ora dobbiamo far arrivare lo sport anche dove le persone con disabilità non hanno possibilità di praticarlo»
11 Settembre 2024
4 MINUTI di lettura
Un’edizione da record. Un successo sopra le migliori aspettative. Sembrano non esserci aggettivi adeguati per definire i XVII Giochi Paralimpici estivi, su cui è calato il sipario lo scorso 9 settembre con la cerimonia di chiusura allo Stade de France dopo 11 giorni di fiato sospeso e adrenalina, gioie gigantesche e qualche delusione. «Ripetere Tokyo 2020 sembrava un’impresa molto difficile ma ci siamo riusciti», ha detto durante la conferenza stampa di chiusura il presidente del Comitato Italiano Paralimpico (Cip), Luca Pancalli. «Tante le emozioni vissute in questi giorni, sicuramente nella mia valigia riporto anche emozioni amare, come quella di Giacomo Perini – perché quella del nostro canottiere rimane per me una medaglia – e poi ovviamente quella di Ambra Sabatini nella finale dei 100 metri». E sì, perché malgrado il bronzo sospeso al canottiere azzurro per aver dimenticato il cellulare nella borsa personale portata sulla canoa e la caduta-choc della velocista record mondiale dei 100 metri mentre era in testa alla gara, gli azzurri hanno conquistato 71 medaglie, 2 in più rispetto all’edizione Tokyo 2020. Con 24 ori (10 in più rispetto al Giappone), 15 argenti e 32 bronzi, l’Italia ha chiuso con un sesto posto assoluto, portando a casa un risultato per nulla scontato. A Parigi ha gareggiato la delegazione paralimpica più numerosa di sempre: 141 atleti di cui 52 esordienti, che si sono cimentati in 17 discipline diverse, rispetto alle 15 di Tokyo 2020. Inoltre, sono state 11 le discipline andate a medaglia: nuoto, atletica, ciclismo, tennistavolo, tiro con l’arco, scherma, triathlon, equitazione, pesistica, taekwondo, tiro a segno. Mentre a portare la bandiera italiana durante la cerimonia di chiusura sono stati i due atleti più giovani ad aver ottenuto il quarto posto: Ndiaga Dieng per l’atletica e per il nuoto Domiziana Mecenate, atleta romana classe 2002. «Le Paralimpiadi sono andate benissimo e non solo in termini di medaglie», dice a Reti Solidali Marco Iannuzzi, ex atleta paralimpico e presidente del Cip Lazio. «La regione Lazio ha partecipato con 14 atleti, di cui alcuni sono saliti sul podio. Ma la cosa più bella è che i nostri atleti sono arrivati tra i primi 8 in tutte le gare». Tra gli atleti che sono riusciti a mettersi al collo la medaglia, Alessia Scortechini (bronzo nei 100m stile libero S10), Edoardo Giordan (bronzo nella sciabola categoria B), Loredana Trigilia (bronzo nel fioretto a squadre femminile) e Manuel Bortuzzo (bronzo nei 100 metri rana SB4) al suo esordio paralimpico dopo un lungo periodo di riabilitazione per via di una lesione spinale causata da un proiettile che lo ha colpito per errore durante una sparatoria. Tra i medagliati anche Rigivan Ganeshamoorthy, che si è aggiudicato l’oro nel lancio del disco F52, stabilendo il record del mondo di 27,06 metri con una performance straordinaria. Classe 1999, romano nato da genitori dello Sri Lanka “Rigi” è diventato presto famoso non solo per aver superato in una notte tre record del mondo, ma anche per la sua spontaneità e simpatia.
Rigi: «sono solo un ragazzo di 25 anni che ha preso in mano la sua nuova vita»
«In questi giorni molte persone mi hanno dato del “supereroe”», ha scritto Rigi su Facebook qualche giorno dopo. «Ecco, io non mi sento affatto un supereroe. Sono solo un ragazzo di 25 anni che ha preso in mano la sua “nuova vita” e ha deciso di cogliere tutte le opportunità. Tra queste lo sport, piuttosto che chiudersi in casa per non avere addosso lo sguardo di compassione delle altre persone. Ovviamente tutto questo non è stato immediato, ma ha richiesto tempo e le persone giuste al mio fianco. Più che un supereroe, quindi, penso di essere una persona forte e fortunata perché ho avuto accanto delle persone che mi hanno aiutato moltissimo, supportato e fatto forza. Senza di loro non ce l’avrei mai fatta!». Nello stesso post l’atleta romano ha dedicato la medaglia non solo a tutte le persone con disabilità, ma soprattutto a quelle che si sentono “limitate” dalla propria condizione. «Se c’è una cosa che mi ha insegnato la disabilità», ha concluso, «è che dietro a ogni limite si nasconde l’opportunità di trovare una soluzione e che i limiti esistono per essere superati».
Portare lo sport dove le persone con disabilità non possono praticarlo
«Dietro ogni atleta c’è un mondo», sottolinea il presidente del Cip Lazio, Iannuzzi: «ci sono le società sportive, i tecnici, i mental coach, gli psicologi, i nutrizionisti. Ormai i nostri atleti sono seguiti a tutto tondo, esattamente come i colleghi olimpici». Ma soprattutto, ci sono i familiari. «Mi piacerebbe organizzare un evento per ringraziare le famiglie, che svolgono un ruolo pazzesco nella preparazione di un atleta», prosegue Iannuzzi. «Il primo step è capire che i loro ragazzi sono in grado di fare sport, comprendendo quanto soddisfazioni può dare l’attività sportiva nella vita. E questo passaggio non è facile, soprattutto nel momento in cui la capacità sportiva non è ancora emersa e la famiglia deve mettere in campo un grande sforzo organizzativo per permettere ai propri figli di seguire gli allenamenti». E per il futuro? «Noi dirigenti siamo contenti e orgogliosi di fare parte del movimento paralimpico», tira le somme il presidente del Cip. «Ora dobbiamo puntare a fare arrivare lo sport anche dove le persone con disabilità non hanno possibilità di praticarlo, perché non cerchiamo solo campioni ma giovani che possano fare attività e divertirsi. Dobbiamo approfittare di questo momento di grande euforia per mettere a terra progetti concreti di avviamento e promozione per aiutare le società sportive ad aprirsi al mondo paralimpico, abbattendo le barriere architettoniche e facendo corsi di formazione gratuiti per formare i tecnici. Il paralimpismo ha anche il dovere di fare cultura, e fare sport tutti insieme, tra persone con e senza disabilità, aiuta sicuramente ad abbattere le differenze».