RIFUGIATI: IL CLIMA OSTILE FA PIÙ DANNI DELLA PANDEMIA

Il rapporto del Centro Astalli denuncia: tra gli effetti del lockdown ci sono sfruttamento, lavoro irregolare, povertà, mancanza di tutela sanitaria

di Giorgio Marota

«Peggio di questa crisi c’è il dramma di sprecarla». Sono state le parole di Papa Francesco a ispirare l’edizione 2021 del Rapporto del Centro Astalli  (che si può scaricare qui), la sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati che opera quotidianamente a Roma, Bologna, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Trento, Vicenza e Padova, assistendo oltre 17mila rifugiati e richiedenti asilo. Un volume che spiega come sta cambiando l’immigrazione al tempo della pandemia.

Secondo l’UNHCR, nel 2020 più di 80 milioni di persone sono fuggite dalla propria casa a causa di guerre, violenze, dittature e cambiamenti climatici. Nonostante le richieste d’asilo siano diminuite del 33%, uomini e donne continuano a migrare (34 mila via mare verso l’Italia, dato in aumento dopo i 23 mila del 2018 e gli 11 mila del 2019) e, ancora di più rispetto al passato, hanno trovato le frontiere chiuse. A causa dell’emergenza sanitaria, infatti, 168 Paesi nel mondo hanno sbarrato i loro confini e 90 di questi hanno interdetto l’accesso anche alle persone in cerca di protezione internazionale.

Da dove vengono i rifugiati

Il Rapporto del Centro Astalli è stato presentato nel corso di un evento online sul canale YouTube dell’organizzazione. Sono intervenuti David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo, il cardinale Luis Antonio Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli. Tra un intervento e l’altro, le testimonianze di padre Stanko Perica, direttore JRS Europa Sud Est e di Umba Mpemba, rifugiata congolese in Italia.

rapporto del Centro Astalli
Sette rifugiati su 10 vengono da Siria, Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar

Il Centro ha rilevato che 7 rifugiati su 10 scappano principalmente da 5 Paesi: Siria, Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan e Myanmar. Cinque Stati in perenne conflitto, con la Siria triste capofila visti i 10 anni di guerra che hanno determinato 6,6 milioni di rifugiati e quasi 7 milioni di sfollati.

La fine del 2020 ha inoltre riportato al centro del dibattito pubblico la rotta balcanica che costringe migliaia di migranti a sopravvivere nel tentativo di superare i confini tra Bosnia, Croazia, Slovenia e Italia. L’attraversamento delle frontiere, per queste persone, significa rischiare di essere rimandati indietro o peggio ancora di essere percossi e maltrattati dalla polizia.

L’erosione dei diritti

«Per molte persone la pandemia non è stato il male principale», ha dichiarato Camillo Ripamonti, «ma la causa di sofferenze ancora peggiori. Assistiamo sempre di più a un’erosione del diritto d’asilo. Per noi il distanziamento sociale non è sinonimo di indifferenza. Questa emergenza sanitaria ha reso visibili gli invisibili, estremizzando la loro condizione di ultimi. Possiamo dire con orgoglio che la porta di via degli Astalli non è mai rimasta chiusa, ma da soli non ce la faremo. Occorre il sostegno da parte delle istituzioni, di qualsiasi colore politico».

«L’Europa ha un compito», le parole di David Sassoli: «offrire solidarietà e responsabilità. Servono regole che umanizzino l’accoglienza».

In Italia, anni di politiche finalizzate alla creazione di un clima ostile nei confronti degli stranieri hanno determinato effetti drammatici nei mesi del lockdown: sfruttamento, lavoro irregolare, povertà e mancanza di tutele sanitarie hanno raggiunto soglie preoccupanti, anche perché il mondo del Terzo settore e del volontariato – limitato fortemente dalle misure di contenimento del virus – ha agito con meno frequenza sui territori. Al tempo stesso, scomparendo questa rete di protezione sociale, mafie e criminalità hanno preso piede ripristinando situazioni di degrado e illegalità.

I numeri del Rapporto del Centro Astalli

Il lavoro portato avanti con fatica negli anni rischiava di vacillare e per questo motivo il Centro Astalli ha raddoppiato gli sforzi: i 407 volontari hanno assistito 17 mila persone, 10 mila solo nella Capitale. In totale, sono state accolte dal centro dei Gesuiti 882 persone, di cui 225 a Roma.

Rapporto del Centro Astalli
Il Centro Astalli ha assistito 10mila persone solo a Roma

I servizi si sono sviluppati secondo tre direzioni: i servizi di prima e seconda accoglienza (accettazione, mensa, centri, case famiglia, ambulatori, accompagnamento delle persone fragili, orientamento legale), i progetti sul territorio (ben 22, tra cui “Re-Start”, “Antidoti di solidarietà”, “Passo dopo passo e “In prima linea”) e le attività culturali (progetti per le scuole con 15 mila studenti, formazione volontari, campagne e advocacy, rapporti internazionali e con i media).

Astalli ha registrato un aumento degli ostacoli frapposti all’ottenimento di una protezione effettiva, un intensificarsi del disagio sociale e della marginalizzazione dei rifugiati. La mensa di Roma ha raggiunto ad esempio 3500 utenti (2198 richiedenti o titolari di protezione, gli altri sono italiani) e, di questi, il 30% è risultato senza dimora.

Dopo i decreti sicurezza

Tra chi ha difficoltà a farsi accettare una volta giunto nei Paesi di destinazione e chi trova la morte lungo il tragitto, ci sono “i dimenticati”, i cosiddetti “rifugiati interni”: persone bloccate nei confini degli Stati da cui scappano. Nel 2020 sono stati oltre 11.000 i migranti soccorsi o intercettati nel Mediterraneo e riportati in Libia, dove le autorità locali li hanno detenuti, tra violenze e torture, in condizione che le Nazioni Unite definiscono «inaccettabili».

Rapporto del Centro Astalli
Dopo i decreti sicurezza, il sistema di accoglienza è in crisi

Gli ostacoli successivi ai decreti sicurezza, in aggiunta alle difficoltà burocratiche dovute all’emergenza sanitaria, hanno creato una vera e propria situazione di impasse nel sistema di accoglienza tra impossibilità di ottenere il permesso di soggiorno e l’abolizione della protezione umanitaria che veniva riconosciuta agli immigrati con vulnerabilità. Un dato su tutti: il 36% delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio del Centro Astalli Palermo non risultava iscritta al Servizio Sanitario Nazionale.

Dal rapporto emerge quindi una fotografia drammatica, in cui la pandemia ha messo in evidenza le lacune del sistema sanitario e del welfare territoriale, su cui (per troppi anni) non si è investito e si è continuato a tagliare risorse vitali.

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