“UN RIFUGIO PER LA LIBERTÀ”, A SOSTEGNO DELLE DONNE AFGHANE

D.i.Re ha lanciato la campagna e la raccolta fondi, perché i centri antiviolenza possano accogliere le donne afghane

L’associazione DIRE – Donne in rete contro la violenza ha creato il Fondo donne afghane e lanciato una campagna di crowdfunding su Eppela per alimentarlo e mettere i centri antiviolenza in condizione di poter accogliere effettivamente le donne afghane in arrivo, rifugiate o richiedenti asilo. Per assicurare dei percorsi “dall’accoglienza all’autonomia”, come è da sempre per tutte le donne nei centri antiviolenza D.i.Re e come prevede la stessa Convenzione di Istanbul. Ne abbiamo parlato con Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.

donne afghaneQual è l’obiettivo di “Un rifugio per la libertà”?

«Questa campagna nasce all’indomani della nuova presa del potere da parte dei Talebani in Afghanistan. È apparso evidente che la condizione delle donne sarebbe peggiorata drammaticamente. E questa volta sarebbe stato anche peggio, perché negli ultimi 20 anni la condizione delle donne è andata progressivamente migliorando, si sono aperti dei margini per l’affermazione di fondamentali diritti umani, a cominciare dall’istruzione, che porta con sé consapevolezza e voglia di lottare per i propri diritti, come si è visto immediatamente con le manifestazioni delle donne. D.i.Re. ha chiesto da subito l’attivazione di corridoi umanitari per facilitare l’uscita dal Paese di tutte le donne che lo richiedono, mettendo a disposizione le case rifugio per ospitarle, e le operatrici dei centri antiviolenza per supportarle nell’affrontare i loro primi bisogni. Per questo abbiamo creato il Fondo donne afghane e lanciato la campagna intitolata “Un rifugio per la libertà”».

Chi può accedere al Fondo e quali spese copre?

«Al Fondo possono accedere tutti i centri antiviolenza della rete D.i.Re., che sono attualmente 111, gestiti da 84 organizzazioni di donne presenti in 19 regioni. Ogni centro antiviolenza può fare richiesta per una sola donna, fino a esaurimento dei fondi; può usare queste risorse per coprire le spese di vitto e alloggio, le visite specialistiche, ma anche e soprattutto per retribuire le mediatrici culturali, senza le quali è impossibile assicurare un supporto a chi non solo non parla – ancora – italiano, ma viene da un contesto culturale e sociale completamente diverso».

donne afghaneIn concreto, come pensate di aiutare le donne destinatarie dei fondi?

«Dal 2017 D.i.Re. ha avviato, in partnership con Unhcr, l’Agenzia ONU per i rifugiati, il progetto Leaving violence. Living safe, nel quale è coinvolta oggi circa la metà delle organizzazioni che aderiscono a D.i.Re. È un progetto che ci ha consentito di rivedere la metodologia di accoglienza dei nostri centri antiviolenza, per adattarla ai bisogni specifici di chi è richiedente asilo o rifugiata. Significa essere in grado non solo di supportare la donna in un percorso di fuoriuscita dalla violenza, ma anche di accompagnarla nella procedura per l’ottenimento della protezione internazionale, supportare le Commissioni territoriali attraverso relazioni dei centri antiviolenza, intervenire con mediatrici culturali formate sulla violenza. Significa lavorare in una rete territoriale ancora più ampia di quelle che già abitualmente i centri antiviolenza della rete D.i.Re. costruiscono con le istituzioni locali – le questure, i servizi sociali e sanitari, i servizi per l’inserimento lavorativo – così da rispondere a nuovi bisogni, quali l’apprendimento della lingua italiana, il riconoscimento del titolo di studio ecc. Sono queste competenze che permetteranno di assicurare anche alle donne afghane dei percorsi “dall’accoglienza all’autonomia”, come è da sempre per tutte le donne nei centri antiviolenza D.i.Re e come prevede d’altronde la stessa Convenzione di Istanbul».

In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne del 25 novembre, avete lanciato la campagna “Componi LA LIBERTÀ”. Di cosa si tratta?

«“Componi LA LIBERTÀ” è attiva dal 21 al 28 novembre con un numero solidale, il 45591, al quale si possono donare 2 euro con un sms, oppure 5 o 10 euro con una telefonata da numero fisso. La campagna nasce in un momento particolarmente complicato. Il nuovo Piano nazionale antiviolenza è stato approvato il 18 novembre dal Consiglio dei ministri, ma gli ultimi finanziamenti che sono stati ripartiti alle Regioni per poi arrivare a centri antiviolenza e case rifugio accreditate risalgono al 2020. Ogni anno i finanziamenti arrivano con grande ritardo. Non solo: alcune Regioni hanno meccanismi di ripartizione che passano attraverso i cosiddetti Ambiti territoriali, dove arrivano prima al Comune capofila e poi vengono trasferiti da questo alle altre amministrazioni aggregate, per poi essere finalmente attribuiti ai centri antiviolenza del territorio. Possiamo immaginare che, fosse approvata oggi la Finanziaria con lo stanziamento per il nuovo Piano nazionale antiviolenza, ci vorranno comunque molti mesi prima che tutto questo processo sia completato. E comunque questi finanziamenti non coprono quello che è uno dei momenti più delicati del percorso di fuoriuscita dalla violenza, ovvero il momento in cui le donne iniziano la loro nuova vita indipendente. Per questo D.i.Re ha attivo da tempo il Fondo Autonomia, sul quale convergeranno le donazioni raccolte con la campagna Componi LA LIBERTÀ».

Leggi anche: ACTIONAID: SOLO IL 2% DEI FONDI ARRIVA AI CENTRI ANTIVIOLENZA (retisolidali.it)

 

“UN RIFUGIO PER LA LIBERTÀ”, A SOSTEGNO DELLE DONNE AFGHANE

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