TANGO DELLA VITA: IL BALLO, RESISTENZA ALLA MALATTIA

Tango della vita, il film di Erica Liffredo e Krista Burāne, è la storia di Claudio, Ivana e del loro sogno di ballare a Buenos Aires. Claudio ha il Parkinson, ma proprio il tango lo sta tenendo vivo e attivo

Due persone ballano il tango. Sullo schermo, all’inizio, vediamo solo i loro piedi. Poi, finalmente, i loro volti, belli, orgogliosi, e carichi di empatia. Siamo a Centallo, in provincia di Cuneo. È qui che nasce la storia di Tango della vita, il film di Erica Liffredo e Krista Burāne, che il 27 marzo inizia il suo tour al cinema, fino al 21 aprile. È la storia di Claudio, un contadino del cuneese, e di sua moglie Ivana, una sarta. Sono appassionati ballerini di tango e hanno un grande sogno: ballare a Buenos Aires. Claudio però ha il Parkinson, e vent’anni fa i dottori gli hanno detto che nell’arco di due anni sarebbe finito su una sedia a rotelle. Vent’anni dopo Claudio non solo cammina e lavora nei campi, ma continua a ballare e si dedica a promuovere la ricerca sui benefici del tango per i malati di Parkinson. La storia di Claudio e Ivana ha ispirato il compositore lettone Arturs Maskats a comporre un tango insieme alla star della fisarmonica Ksenija Sidorova.

tango della vita
Claudio ha convinto i medici che il tango sia terapeutico. E così è nata la tangoterapia.

Tango della vita segue Claudio e Ivana nel ballo e nella loro vita quotidiana. L’intesa e l’affetto, tra loro, sono palpabili. «Li conosco da tutta la vita, io e Claudio siamo parenti alla lontana» ci racconta Erica Liffredo. «L’idea del film è nata tanti anni fa. All’inizio era legata più all’aspetto scientifico, tanto che avevo contattato la prima ricercatrice americana sul Parkinson. Mi sono fatta accompagnare nello sviluppo della storia dalla Scuola di cinema di Ostana, in provincia di Cuneo, di Giorgio Diritti e Fredo Valli. Prima di loro, nessuno riusciva a vedere in questa storia quello che vedevo io, cioè una grande storia d’amore. Seguita da loro ho presentato questo progetto al Premio Solinas, dove è stato finalista ed è stato scelto per gli Italian Doc Screenings a Palermo. Lì ho conosciuto il produttore, Raffaele Brunetti, e abbiamo cominciato a lavorare insieme. All’epoca Raffaele stava lavorando a The Rossellinis insieme a un produttore lettone: gli ha parlato di Claudio e Ivana e si è innamorato anche lui di questa storia, così è entrato nel progetto. Siccome stava lavorando con un compositore lettone, Arturs Maskats, gli ha parlato di loro e lui ha voluto conoscerli». Tango della vita è un documentario, ma anche un romanzo epistolare, raccontato attraverso le lettere che Claudio e Arturs si scrivono. «È nata un’amicizia: si sentono, si scrivono. È stato un incontro magico. Ma succede sempre con Claudio e Ivana: medici, ballerini di tango, musicisti. Tutti, alla fine, li seguono».

Una storia d’arte, amore e resistenza

Tango della vita è una straordinaria storia di arte, amore e resistenza. È un’idea che oggi ha un’evidenza scientifica, ma che all’inizio poteva sembrare fuori da ogni logica. «Claudio all’inizio credeva di essere matto» ricorda Erica Liffredo. «Diceva: che cosa vado a dire? Che sto meglio se ballo? Quando ha visto che altre persone notavano che, dopo che aveva ballato, si muoveva meglio, si è reso conto che non era matto. La svolta è stata la lettura di un articolo su La Stampa su una ricerca scientifica canadese sul tango e malattie neurologiche. Il titolo era: “Se balli il tango campi cent’anni”. Così ne ha parlato con i suoi medici, che hanno cominciato a seguirlo».

Il tango, cura per il corpo e per l’anima

Il tango è movimento. È cura per il corpo e per l’anima. I medici ci spiegano che ci sono dei movimenti che senza il tango sono impossibili da fare, per cui aiuta molto sul piano fisico. Ma ballare il tango è anche alimentare una passione, vestirsi eleganti, mettersi le scarpe giuste per ballare. In questa cura ci sono tanti aspetti. Il tango è un confronto con l’altra persona. È uno stimolo fisico, ma anche psicologico. «Sono d’accordo» riflette Erica Liffredo. «Il tango ha una sua dimensione particolare, è diverso da tutti gli altri balli. Pensiamo a come il ballerino e la ballerina si relazionano: c’è uno schema di passi ma ci si muove liberamente. E questo fa sì che si attivino parti del cervello, che in chi ha certe patologie non funzionano più bene. E quindi obbliga il cervello a trovare strategie per superare degli ostacoli. E poi c’è la relazione con l’altro».

L’associazione La Parkimaca e la tangoterapia

Claudio ha convinto i medici che il tango sia terapeutico. E così è nata la tangoterapia. E così tutti i parkinsoniani, «un po’ matti come me», come dice Claudio, si riuniscono a casa sua. «Se non sono ancora su una sedia a rotelle lo devo a loro» racconta nel film. Così è nata un’associazione, La Parkimaca, che ha una sede e tante attività: la tangoterapia, il Tai-Chi, la fisioterapia. Attorno all’associazione è nato anche un polo medico.

Non è una favola: non sono solo momenti belli

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Le riprese si sono fermate nella primavera del 2021. Oggi Claudio sta abbastanza bene. Non riesce a ballare tanto come prima, ma balla ancora.

Nel film non ci sono solo i momenti belli, non è una favola. Vediamo anche i momenti in cui Claudio non ce la fa, non riesce a ballare, in cui il medico gli dice che c’è bisogno di un ricovero. La malattia c’è e comunque avanza. Non si può nasconderlo. «Era fondamentale non creare un’illusione sbagliata» spiega la regista. «Parliamo di una malattia a decorso neurodegenerativo e Claudio ce l’ha, anche se si tende a dimenticarsene. Perché, già prima che arrivasse la produzione avevo girato molto, loro si sono abituati alla troupe e così abbiamo potuto raccontare anche i momenti difficili. Claudio aveva sempre paura, diceva: “se mi vedono che non sto bene, tutti perdono una speranza”, ha un ruolo e una responsabilità involontaria verso tutto il gruppo Parkinson, i malati e i caregiver sono tutti aggrappati a lui. Non è stato semplice far emergere questa parte, che in molti hanno visto per la prima volta alla prima del film a Torino. Ma erano contenti: vedendo la malattia si vede la loro forza».

Il sogno di ballare a Buenos Aires c’è ancora

C’è qualcosa di magico in quelle serate estive, in campagna, passate a ballare all’aperto su quella pedana di legno. E c’è anche in quelle prove d’orchestra in Lettonia, in quella partitura di tango che Arturs sta scrivendo per Claudio. C’è anche tanto cinema già insito in quelle immagini, che la regia ha saputo trovare e tirare fuori. «Ho avuto la fortuna di lavorare con Paolo Ferrari, straordinario direttore della fotografia che ha colto la poesia» spiega la regista. «È stato semplice, c’è in loro, c’è nei posti». Le riprese si sono fermate nella primavera del 2021. Oggi Claudio sta abbastanza bene. Non riesce a ballare tanto come prima, ma balla ancora. Il sogno di andare in Argentina, nella patria del tango, c’è ancora, ed è vivo. E magari proprio lì li porterà questo film.

Tra le date del tour nelle sale italiane confermate finora, al Cinema Farnese a Roma lunedì 8 aprile alle 19.00 è previsto un saluto in sala con la regista Erica Liffredo, i due protagonisti Claudio e Ivana, la montatrice Ilaria de Laurentiis e il produttore Raffaele Brunetti (B&B Film)

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