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LA Fish ha lanciato la campagna #inmyplace, al mio posto. Un modo per provare ad agire sugli atteggiamenti delle persone comuni verso la disabilità.

Nella saga fantasy “Il trono di spade”, firmata George R. R. Martin, vi è un continente dell’est chiamato Essos, un continente dell’ovest chiamato Westeros, e un continente a nord, dove si trova l’Eterno inverno, abitato da mostri, giganti, bruti e creature più o meno maligne, che ad ogni inverno tentano di raggiungere il continente occidentale. Questo Nord, a nord del continente occidentale, è diviso dal resto del mondo da una barriera di ghiaccio alta 700 piedi (circa 200 metri) e lunga 100 leghe (poco meno di 500 km), impossibile da attraversare, perché dotata sia di poteri magici che di guardiani che impediscono l’attraversamento della barriera. Ora, senza entrare nel merito della storia e del fatto che la maggioranza degli abitanti a Nord della barriera non sono poi così crudeli, la barriera descritta da George R. R. Martin nel trono di spade può essere utilizzata come metafora delle barriere che ciascun disabile si trova ad affrontare ogni giorno: immensa, immobile e impossibile da abbattere.
Se l’imbattibilità della barriera nel libro è dovuta soprattutto alla “magia”, le barriere che le persone con disabilità affrontano ogni giorno della loro vita, sia tra le mura di casa che nel mondo fuori, «sono l’ignoranza, l’incapacità di accettazione, la vergogna, la fatica logorante delle famiglie e soprattutto la paura del diverso». Qualcuno potrà pensare «Ancora? Com’è possibile che ancora oggi, in questa nostra società così moderna e all’avanguardia, dove con un semplice dito poggiato sul cristallo di un telefonino si può conoscere, comprare, vendere, andare dall’altra parte del mondo e tornare? Come è possibile che ancora oggi, dopo anni di lotte contro le barriere fisiche e mentali, e le vittorie più o meno incisive invece di andare avanti sembra essere rimasti indietro?» Ancora sì, come prima e più di prima.

La campagna #Inmyplace

Fish – Federazione Italiana superamento dell’handicap –  in vista dell’ultima giornata internazionale delle persone con disabilità, ha raccolto alcune storie e ha lanciato la campagna #INMYPLACE attraverso il sito inmyplace.it (al mio posto), dove attraverso i social network, facebook e twitter, chiunque può scegliere una storia e condividerla sul proprio profilo social. Come ad esempio quella di Ricky, ventiduenne di Marsala, che prova a prendere la patente dal 2012 ma non ci riesce poiché, dopo aver superato l’esame di teoria, non può fare quello di pratica essendo la scuola guida sprovvista di auto per i disabili; oppure come quella di Benito, 65 anni di Roma, che dopo diversi ictus subiti scrive che «Prendere i mezzi pubblici per me resta un sogno. Io sono disabile perché colpito da diversi ictus e mi muovo solo con accompagnamento di qualcuno. Quando devo spostarmi, non posso contare sull’aiuto delle persone che mi ignorano e sui bus mancano i predellini che arrivino a terra o funzionino». Interessante è anche la storia di Arianna, che evidenzia la differenza tra Italia ed estero in fatto di disabilità: «Fortunatamente mi trovo a Bruxelles e sono tirocinante al Parlamento Europeo. Ho una disabilità visiva ma per cinque mesi non dovrò fare i conti con la barriera più grande, cioè l’ignoranza delle persone, la cultura di un Paese che non accetta la diversità».
Tante le storie raccolte per la campagna #inmyplace, dove l’idea di base è quella di far indossare, seppur in maniera virtuale, i panni delle persone disabili, per far conoscere ai più la barriera di chi ha delle disabilità. Un modo diverso per celebrare la Giornata Internazionale, provando ad agire direttamente sugli atteggiamenti che le persone comuni hanno verso la disabilità.
Per condividere una storia basta andare sul sito www.inmyplace.it, scegliere la storia che vogliamo condividere e metterla sul nostro social prediletto. Basta far scivolare il dito sul cristallo “magico” del proprio telefonino… purtroppo la barriera non si disintegrerà all’istante, ma forse una piccola crepa la si può fare.

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