I LIBRI LIBERANO CHI STA IN CARCERE O IN SITUAZIONI DI DISAGIO

L'esperienza dell'associazione Oltre l'Occidente a Frosinone, che porta la cultura nel carcere, nelle REMS, nel Centro di salute mentale...

Incontriamo l’associazione Oltre l’Occidente di Frosinone, ospitata nello spazio della Regione Lazio di Più Libri più Liberi, Fiera nazionale della piccola e media editoria, per presentare il progetto Costruire Memoria, nato per portare la lettura e la scrittura tra le persone svantaggiate e finanziato con fondi del bando “Io Leggo” della stessa Regione Lazio. Incontriamo il presidente, Paolo Iafrate, che ci racconta l’attività della biblioteca di Oltre l’Occidente: una biblioteca privata, ma che rientra nell’OBR (organizzazione bibliotecaria regionale) e svolge attività presso i settori emarginati del territorio di riferimento.

 

LA BIBLIOTECA E IL TERRITORIO. «L’associazione», racconta Iafrate, ha sede nel centro storico di Frosinone, ed è un punto di riferimento da 25 anni per le persone che vogliono trascorrere delle ore insieme o fare attività culturali». Negli anni l’associazione è diventata una biblioteca con oltre 20.000 monografie, materiale sulle scienze sociali e la storia e un fondo locale di circa 1500 testi, ma è importante il fatto che, «nel corso del tempo, ha sviluppato una serie di relazioni con il territorio: inizialmente con il Centro di salute mentale, in particolare con il centro diurno dell’Asl di Frosinone, con il quale da sempre collabora sia attraverso delle attività, come il cineforum, sia attraverso l’integrazione di alcune persone all’interno dell’associazione, per attuare dei progetti o micro progetti lavorativi. Inoltre nel 2017, quando è stata riconosciuta regionalmente, la biblioteca ha iniziato delle progettualità con la REMS di Ceccano e con la casa circondariale di Frosinone».

 

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I LIBRI IN CARCERE. Nello stesso anno l’associazione ha infatti proposto al carcere di Frosinone di svolgere al proprio interno una parte del  progetto Costruire Memoria. «È così, che ci è stato proposto di ricostituire la biblioteca di circa 6 mila volumi, che si trovava nel carcere, ma non era  utilizzata. Da lì è nata una collaborazione, continua e valorizzata», continua Iafrate.  «L’obiettivo nostro sarebbe di riuscire a realizzare quello che hanno fatto a Roma con la biblioteca del carcere, che è stata riconosciuta all’interno del circuito delle biblioteche romane e in cui ci si può avvalere anche del prestito dello scambio dei libri con l’esterno».

Grande aiuto è stato dato dalle volontarie del Servizio civile nazionale che hanno collaborato sia alla Rems, sia nel carcere, sia nel centro diurno. «L’attività principale nella casa circondariale è stata svolta intorno alla rinascita della biblioteca della struttura stessa», racconta Marta Mancini, volontaria in servizio civile, con competenza in Sociologia della devianza. «Ovviamente con tutte le problematiche alle autorizzazioni che, come potete immaginare, in un ambiente del genere non è semplice ottenere. Abbiamo catalogato i libri presenti all’interno, per arrivare alla fine alla stampa del catalogo. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione di detenuti volontari, che si sono occupati e si occupano tuttora anche del servizio del prestito e di ritiro dei testi. Quello che noi abbiamo fatto, è stato di entrare all’interno della casa circondariale in punta di piedi e cercare di abbracciare una realtà detentiva, che fa riferimento alle persone private della libertà personale. La biblioteca è stata potenziata e oltre a questa, abbiamo riattivato anche altri due punti lettura già esistenti ma non funzionanti, all’interno di altri due reparti. Abbiamo creato un prestito interbibliotecario, affinché tutti i detenuti potessero avere accesso ai libri».

L’attività in carcere prevede anche alcuni laboratori artigianali che, spiega Mancini, «mettono in risalto le qualità artistiche dei detenuti, oltre a un laboratorio di musica, poesia e teatro. Questi laboratori sono per i detenuti momenti di socializzazione, così come la biblioteca». Oltre a questo, le volontarie in servizio civile si sono occupate anche della stesura di libri perché, spiega «in carcere ci sono molti detenuti lettori accaniti, che hanno loro stessi scritto libri, che riguardano proprio la loro vita da detenuti».

 

LA CONTINUITÀ. «Il nostro è sì un approccio volontario, legato a una spinta che coltiviamo all’interno della nostra associazione Oltre l’Occidente», aggiunge Paolo Iafrate, però il valore e il riconoscimento di quello che facciamo è dato anche dalla  continuità del lavoro, che abbiamo svolto con queste strutture. Queste sono strutture chiuse: non è semplice farsi aprire le porte e non solo in senso figurato.  Vi faccio un esempio: l’unica attività reale è la scuola, che però può accogliere solo una piccola parte dei 700 detenuti e chi richiedere di seguirla, deve superare una selezione da parte del personale. All’interno del carcere, c’è una direzione amministrativa, un’area educativa e un’amministrazione. Quale è stato il riconoscimento che va dato a Marta e alle varie persone che hanno collaborato? il fatto di riuscire oggi ad essere interlocutori della struttura carceraria».

 

OLTRE L'OCCIDENTE
Paolo Iafrate con le volontarie in servizio civile dell’associazione Oltre l’Occidente

LE ATTIVITÀ NELLA REMS. «Amo questo tipo di lavoro», spiega Marta, «che è in realtà uno stile di vita, in quanto per me è fondamentale la libertà e l’idea di socializzazione e di reinserimento attraverso attività creative». Lei e le altre collaborano anche con la Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), dove svolgono corsi di rialfabetizzazione per gli adulti ospiti della struttura, italiani e soprattutto migranti. «Svolgiamo materie non soltanto relative alla didattica italiana e alla letteratura, ma anche altre di argomenti quali l’inglese la matematica, che sono le materie di cui gli ospiti hanno molto piacere ad interessarsi. È proprio durante il corso di alfabetizzazione, che abbiamo notato il bisogno di un supporto multimediale. Così, grazie a contributi arrivati su bandi della regione Lazio, abbiamo potuto donare alla struttura strumenti multimediali ed informatici oltre che ludici, come ad esempio una play station, un biliardino, un videoproiettore. Per la socializzazione è importante la fruizione di questi strumenti da parte degli ospiti anche quando i volontari non sono presenti, nostro compito è attivare processi di stabilizzazione delle attività e strumenti proposti, anche se non disertiamo la partecipazione al karaoke mensile».

Conclude Paolo Iafrate: «Una REMS non è un carcere, è una struttura residenziale. In provincia di Frosinone ce ne sono due: una a Ceccano, che ospita almeno 20 uomini, e una a Pontecorvo, che ospita 12 donne. La Rems è una struttura accogliente, diciamo così: non ci sono le guardie  penitenziarie,  ci sono dei vigilanti privati che svolgono in maniera discreta quelle le attività di sorveglianza , non ci sono eccessivi muri, ma ci sono ovviamente delle recinzioni. Siamo però in presenza di situazioni abbastanza articolate e molto gravi, non solo perché ci sono alcuni reati di un certo rilievo, ma anche perché le persone sono abbandonate in queste strutture da decenni. Abbiamo trovato persone, che hanno vissuto tanta parte la loro vita in queste strutture, che hanno strumenti culturali, ma una capacità di socializzazione ormai molto attenuata».

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