RIETI: ACCESSO ALLE CURE SEMPRE PIÙ DIFFICILE PER I PAZIENTI NON-COVID

Le associazioni che si occupano di pazienti fragili lanciano l’allarme: la situazione sanitaria è insostenibile

L’accesso alle cure sta diventando sempre più problematico. Secondo le stime dell’Aiom, Associazione italiana di oncologia medica, nei primi 5 mesi del 2020, in Italia, sono stati eseguiti circa 1 milione e 400 mila screening in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo dato è la conseguenza della prima ondata del Covid, e desta preoccupazione tra i medici, i quali denunciano il rischio di diagnosi tardive, che potrebbero aumentare la mortalità per cancro nei prossimi anni. L’Aiom, durante il congresso dell’Esmo, European society for medical oncology, svoltosi lo scorso 24 settembre, ha evidenziato che le neoplasie che non vengono rilevate oggi, saranno più difficili da trattare domani e richiederanno costi maggiori; per tale motivo, in quell’occasione, proponeva il potenziamento della telemedicina per le visite di controllo e il monitoraggio delle persone che seguono la terapia domiciliare, e suggeriva investimenti per incentivare un modello nazionale, che consentisse ai pazienti oncologici non solo di risparmiare soldi e tempo dei viaggi all’ospedale, ma permettesse di ridurre anche l’esposizione al contagio Covid, che rappresenta un rischio concreto in alcune strutture.

I pazienti più a rischio

I malati oncologici sono tra i pazienti più a rischio e dunque tra i pazienti che devono essere più tutelati in questo periodo, ma sembra che la seconda ondata, in alcune zone d’Italia, abbia colpito più inaspettatamente della prima e che molte strutture, trovatesi travolte, stiano gestendo l’emergenza Covid senza una programmazione chiara e capace. Si è saputo, ad esempio, che a Nuoro la dirigenza dell’ospedale San Francesco aveva programmato lo smantellamento del reparto di oncologia per far spazio ai malati Covid, evento scongiurato dalle proteste dei malati che si sono incatenati all’ospedale.

Quello di Nuoro potrebbe suonare come un caso estremo, ma se la regione Sardegna piange, il Lazio di certo non ride, oltretutto parliamo di due delle tre regioni rimaste in fascia gialla e quindi quelle con una situazione epidemica meno grave rispetto al resto d’Italia. I tagli alla sanità degli ultimi anni (circa 37 miliardi di euro dal 2010 al 2019 come riporta il Rapporto Gimbe sul De finanziamento del Ssn) hanno colpito soprattutto le città di provincia, che stanno annaspando durante la seconda ondata Covid.

La situazione a Rieti

A Rieti, per esempio, le associazioni del territorio denunciano gravi carenze nella gestione delle patologie non Covid e nell’accesso alle cure, segnalando la mancanza di un piano organizzativo efficace che programmasse, già da giugno, periodo in cui Rieti è stata dichiarata covid free, un piano per gestire la seconda ondata. Anche qui, come a Nuoro, sono i pazienti oncologici quelli più a rischio e le non profit della zona dichiarano che l’assistenza domiciliare sta arrancando, e spesso i volontari intervengono, laddove possono, a colmare le inefficienze del sistema.

Sebbene l’Asl reatina continui a sostenere che i servizi sul territorio non siano sospesi, di fatto il personale medico sta lavorando in condizioni estreme. All’ospedale Camillo De Lellis, unico presidio della città, il personale sanitario del reparto di oncologia è stato messo a supporto dei reparti Covid e di conseguenza il reparto è momentaneamente chiuso. I malati sono così stati spostati in altro reparto e dunque alcuni pazienti hanno iniziato a migrare verso Roma, altri rimandano le visite e altri, nonostante il rischio contagio, si recano all’ospedale.

Non solo, i volontari fanno presente che nell’ospedale reatino gli interventi vengono spesso rinviati a data da destinarsi e che per i malati oncologici questi rinvii possono rivelarsi letteralmente fatali. «Attualmente», fanno presente i pazienti, «sono una decina le donne affette da tumore, in attesa dell’operazione al seno, ma la sala operatoria opera solo un giorno a settimana».

Un problema, quello dell’accesso alle cure, che preoccupa da un lato i pazienti e dall’altro i volontari che, lavorando senza sosta, iniziano a sentire la fatica di gestire una situazione estremamente complessa con pochi mezzi e pochissimi spazi di manovra. Anni di tagli alla sanità fatti con l’accetta, e non con il bisturi, come proclamavano i ministri Balduzzi e Lorenzin quando firmavano le leggi che portano i loro nomi, stanno chiedendo il conto, e a pagare, come sempre sono i più fragili.

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