SERVIZIO CIVILE, UNO SPAZIO PER I RAGAZZI

I ragazzi in Servizio Civile e l'esperienza che spazi di protagonismo vanno via via aprendosi. Dovrà esserci chi impari a riempirli

I giorni che sono trascorsi, densi e stancanti, ci hanno visto vagabondare nello spazio e nel tempo. La città, per fortuna, si è lasciata esplorare, dal centro alla periferia, consegnandoci momenti inaspettatamente saturi. Noi ci siamo fatti porosi e abbiamo osservato ogni simbolo sventolato sul palco o nascosto timidamente su una spilla e abbiamo ascoltato ogni parola, che fosse inedita o già sentita decine di volte. Ora sta a noi mettere insieme i pezzi e tirare le somme.

In questi giorni i ragazzi di Servizio Civile si sono raccontati e si sono lasciati raccontare diventando i protagonisti di ogni incontro, a partire da quello del 14 dicembre con papa Francesco fino all’incontro del giorno dopo con il Ministro Andrea Abodi, passando per le intense ore di convegno CNESC sui 50 anni di obiezione per la pace. Tutti questi momenti vissuti a poca distanza l’uno dall’altro, non hanno fatto altro che confermare quell’idea, che già si era andata costruendo nell’esperienza di alcuni di noi, secondo cui il Servizio Civile è un’entità che a seconda della luce che la illumina mostra una faccia diversa.

Il Servizio Civile è prismatico

Mostra una faccia quando è raccontata da quegli enti di Terzo Settore che lo vivono giornalmente come strumento di operatività e come stimolo all’auto-consapevolezza. Mostra un’altra faccia quando è descritta dai funzionari del Dipartimento dello Sport e dei giovani come rampa di lancio al mondo delle opportunità e dell’impiego. Ancora, assume la forma di un tesoro ereditato quando a parlarne sono gli obiettori di coscienza che hanno contribuito a rendere possibile la sua formulazione come strumento di difesa non armata della Patria. Nel frattempo, assume un volto ancora confuso, ancora in fase di costruzione e di decifrazione quando i ragazzi e le ragazze si raccontano tra di loro, sinceramente e sentitamente, nei luoghi informali. Le giornate appena passate hanno formato un prisma nella cui trasparenza, oggi possiamo guardare tutte queste facce contemporaneamente e grazie al quale possiamo chiederci quale di queste narrazioni rispecchi di più il nostro vissuto, quale voce riesca a parlare di noi come noi stessi vorremmo fare. Tra le tante che abbiamo ascoltato in questi giorni ce ne sono state alcune, soprattutto durante gli incontri di Borgo ragazzi Don Bosco che ha ospitato per due giorni la conferenza Cnesc, che hanno dimostrato che ancora un dialogo tra generazioni è possibile e che c’è ancora qualcuno che parlando dei più giovani si mette in dubbio e soprattutto in ascolto.  Tra tutti, Titti Postiglione ci ha consegnato una testimonianza tanto inattesa quanto preziosa che in poche semplici frasi è riuscita a far dialogare passato, presente e futuro.

Spazio di libertà

La vice capo Dipartimento della Protezione Civile ha voluto soffermarsi sull’idea di un Servizio Civile come fabbrica di valori, inteso cioè come spazio di libertà in cui i giovani, senza rinunciare all’insegnamento della memoria e dalla tradizione, possano definire e scegliere consapevolmente i loro princìpi e la loro direzione. Direzione che non si può e non si deve dare per scontata, soprattutto in una dimensione post-pandemica in cui con sempre maggiore evidenza il presente sta paralizzando i migliori propositi e allontanando sempre più giovani da un’idea sana di futuro. In un contesto come questo e in un Paese come questo, sentire le parole di chi da un palco invita i più adulti a lasciare spazio a valori nuovi che possano anche non essere in linea con i propri è certamente rasserenante. Soprattutto perché queste parole dimostrano che esistono realtà in cui si lavora non solo con i giovani, ma anche per loro. Dimostrano che c’è chi è disposto ad accettare che i ragazzi e le ragazze delle nuove generazioni formulino le proprie definizioni e che chi ripete la tanto spesso abusata frase ‘’I giovani sono una risorsa’’ si chiede anche, finalmente, ‘’ma noi, l’abbiamo capita questa risorsa?’’. Questa nuova, rassicurante consapevolezza non deve però significare una cessione totale di responsabilità. Se esistono terreni pronti a ospitare l’ascolto, saranno sicuramente anche inclini ad accogliere le voci dei ragazzi, che siano queste propositive o confuse, entusiaste o ancora disorientate. Le parole di altri, seppur aderenti alle nostre necessità, non sono di certo ancora le nostre, che troppo spesso faticano a emergere. L’impegno, per essere valido, deve essere reciproco e deve esigere il confronto e lo scambio. Insomma, se c’è qualcuno che sta imparando a fare spazio, dovrà esserci anche qualcuno che impari a riempirlo.

SERVIZIO CIVILE, UNO SPAZIO PER I RAGAZZI

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