AGENDA 2030. I GIOVANI LA CONOSCONO POCO, MA SONO DISPOSTI A COINVOLGERSI

“Pensare il futuro. I 17 obiettivi dell’Agenda visti dai giovani e raccontati dai giornalisti": la ricerca ci dice che serve più informazione, per condividere gli obiettivi

La maggioranza dei giovani (51,5%) non conosce l’Agenda 2030 e i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile. E probabilmente la percentuale è sottostimata, perché nasce da un’indagine basata non su un campione rappresentativo, ma di convenienza. Nello stesso tempo, i giovani ritengono che l’informazione non parli abbastanza dell’Agenda.

Il dato emerge da una duplice ricerca – condotta dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Salesiana, e dall’UCSI (associazione di giornalisti cattolici) – che ha indagato da una parte se i giovani conoscono l’Agenda e che idea hanno di sviluppo sostenibile; dall’altra se e come l’informazione le dà spazio al proprio interno. Ai giovani (tra i 18 e i 32 anni) è stato somministrato un questionario on line: si può dunque pensare che abbiano scelto di compilarlo quelli che hanno un qualche interesse per i temi dell’Agenda: è questo a rendere ancora più importante quel dato. Ora i risultati della ricerca sono stati pubblicati nel volumePensare il futuro. I 17 obiettivi dell’Agenda visti dai giovani e raccontati dai giornalisti” (ed. LAS 2021).

Un’Agenda per pensare il futuro

Il fatto che le nuove generazioni non conoscano l’Agenda, non vuol dire che siano disinteressate al tema dello sviluppo sostenibile: ci sono arrivate per altre strade, come ad esempio quella dei Fridays for Future. Ma l’Agenda non è solo un contenitore di temi: è uno strumento che indica obiettivi e permette di misurarli. È un punto di riferimento per rendere un po’ più oggettive le percezioni sul percorso che stiamo facendo – se lo stiamo facendo. Ci stiamo avvicinando o no agli obiettivi che anche il nostro Paese ha sottoscritto? L’ultimo rapporto ASVIS ci dice che da alcuni ci stiamo allontanando.

Ora, i giovani dicono che l’informazione maistream si occupa troppo poco dell’Agenda e questo è confermato anche dall’altra parte della ricerca, quella appunto svolta attraverso i giornalisti. Però dicono anche che per informarsi usano prevalentemente i social network, seguiti dai telegiornali, mentre al terzo posto della loro classifica torna il web. Dunque usano prevalentemente strumenti non maistream, di cui peraltro non si fidano: usano i social e il web perché li considerano accessibili e aggiornati, ma dichiarano di considerare più affidabili la stampa quotidiana e periodica, insieme alle tv all news e ai giornali radio. Inoltre, se invece degli strumenti di comunicazione si considerano le fonti, dichiarano di fidarsi di più, nell’ordine, di ricerche e scienziati, libri e docenti, parenti, amici e molto meno di politici e partiti, ma anche degli influencer.

I goals dell’Agenda 2030

Le responsabilità personali e quelle della politica

Per loro, il concetto di “sostenibilità” è connesso prima di tutto con le tematiche ambientali, in secondo luogo con quelle di tipo economico e solo in terza battura con quelle sociali (l’equità, giustizia, disuguaglianze). E ovviamene i temi che più li interessano sono quelli che li toccano personalmente: Istruzione di qualità (indicato dal 49,2% di chi ha risposto al questionario), Salute e benessere (36,6%) e Parità di genere (29,4%).

È interessante il fatto che tendano a equiparare le responsabilità personali con quelle politiche: responsabili dei problemi che oggi rendono insostenibile lo sviluppo sono, secondo loro, il comportamento delle persone (8.97 punti su 10) e quasi altrettanto la politica (8,89 su 10); seguono le multinazionali (8,71), le guerre (8.57), la criminalità organizzata e l’economia (che si trovano a pari merito con l’8,52).

L’impegno e l’ansia

Coerentemente con queste indicazioni, sono disponibili a fare scelte personali di impegno quotidiano, soprattutto praticare correttamente la raccolta differenziata (9,09 su 10), evitare l’uso della plastica (8,89), se possibile muoversi in bicicletta (8.45), mangiare prodotti locali (8,44), utilizzate l’automobile il meno possibile e condividerla (8,39). Si intravvede qui la generazione del carsharing e di AirBnb, per la quale possedere le cose è meno importante che usarle.

Ma  “pensare il futuro” significa anche affrontare le ansie che suscita in  noi: per la stragrande maggioranza dei giovani (92%) la preoccupazione è di non riuscire a trovare (o mantenere) un lavoro. Al secondo posto indicano l’inquinamento ambientale (53,0%); al terzo la violenza/delinquenza presente nella società (bullismo, mafia, criminalità, terrorismo…) (43,8%); al quarto la crisi economica mondiale (43,2%).

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