
VOGLIAMO ESSERE QUEL CHE SIAMO. NON BAMBINI SPECIALI
«Storti, sbilenchi, sordi, ipovedenti. Un esercito sgangherato e irriverente di corpi e menti non conformi che vuole riappropriarsi del diritto di raccontarsi per quello che è, al di là della disabilità». Valentina Perniciaro racconta così la campagna di Fondazione Tetrabondi che sceglie l’irriverenza per superare il pietismo legato alla disabilità
21 Maggio 2025
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«A volte la disabilità è l’ultimo dei problemi»: è lo slogan scelto dalla Fondazione Tetrabondi per la campagna di sensibilizzazione definita «politicamente scorretta, per superare il pietismo legato alla disabilità», che unisce le storie della 14enne Gaia, della 21enne Mara, di Oly e Theo (8 anni) e dell’undicenne Sirio. «Storti, sbilenchi, sordi, ipovedenti, sono solo un piccolo pezzettino di un esercito sgangherato e irriverente di corpi e menti non conformi che vuole riappropriarsi del diritto di raccontarsi per quello che è, al di là della disabilità», spiega Valentina Perniciaro, madre di Sirio, fondatrice e portavoce della Fondazione Tetrabondi che porta nel nome la fusione di tetraplegico e vagabondo.
Ragazze e ragazzi raccontati nella loro quotidianità, che è quella di tutti i coetanei
«Ironia, irriverenza e provocazione» le cifre di una comunicazione «fuori dagli stereotipi dei “bambini speciali”», che «sceglie di dar voce a chi voce non ha con la giusta dose di ironia e irriverenza. La campagna parla della quotidianità “normale” di queste ragazze e ragazzi attraverso le foto di Ilaria Magliocchetti Lombi, brevi video e spot radio a cui dà voce l’attore Valerio Mastrandrea. È stata ideata e realizzata gratuitamente dall’agenzia SuperHumans, che ha lavorato a una rappresentazione della disabilità che non fosse pietosa e pietistica, che superasse lo stigma per fare emergere le persone, con tutta la loro complessità e unicità, al di là dell’etichetta della loro diagnosi o condizione», aggiunge Perniciaro.
I cinque protagonisti «sono intelligenti e curiosi, hanno fame di amicizie e occasioni, come e più dei loro coetanei. Le loro diagnosi? Paralisi celebrale, tracheostomia, sordità, tetraparesi spastica. La realtà dietro a queste parole? Studenti con hobby e passioni, cittadini, futuri adulti di questa società, che scoppiano di vita, irriverenza e voglia di prendersi tutto. Ragazzini e ragazze con molti bisogni complessi, e non “persone speciali”». Quindi «sbilenchi e sgangherati, ma liberi e autodeterminati», «da sempre esclusi, mai rappresentati, mai vicini al diritto anche minimo di autorappresentarsi, raccontarsi, essere osservati per quello che sono, al di là della loro disabilità, alle prese con le “sfighe” della quotidianità, che sono esattamente quelle di tutti i coetanei: Sirio non ha studiato per la verifica, e per giustificarsi “farà morire il nonno un’altra volta”; i gemelli Oly e Theo sono nei guai perché hanno rubato la palla a un bambino che è andato a piangere dalla mamma; Mara si è presa una cotta per il migliore amico del suo ex; Gaia non può uscire a skaterare con la sua sedia a rotelle perché piove; di nuovo Mara ha allegato per errore al CV le foto “sconvenienti” della sera precedente. Per tutti loro “a volte la disabilità è l’ultimo dei problemi”».
Il politicamente corretto rafforza lo stigma
Parlare di disabilità «non è mai facile e lo è ancora meno in una società in cui si tende a usare un linguaggio velato, che finisce per rafforzare lo stigma in nome del cosiddetto politicamente corretto. Qui si ricorre a parole volutamente provocatorie, con l’obiettivo di distruggere i luoghi comuni melensi e pietistici che spesso accompagnano la narrazione delle persone con disabilità», rimarca Perniciaro. «La necessità di questa campagna nasce dalla consapevolezza che spesso le persone con disabilità sono cittadini di serie B, vite destinate solo alla cura e all’assistenza che attraversano la società come fantasmi, senza la possibilità di essere parte attiva del mondo. Vogliamo raccontare persone con desideri, aspettative, diritti, bellezza, felicità. E non sono solo tetraplegici. Non sono solo sordi, ipovedenti, storti, pieni di paralisi o di distonie, con quel rivoletto di bava sempre pronto a scendere sul viso e poi sui vestiti: sono bambini e bambine, adolescenti, giovani e futuri adulti di una società che deve imparare a guardarli per quello che sono. Oltre le condizioni fisiche o mentali, oltre le menomazioni, le malformazioni ci sono persone consapevoli non solo dei loro diritti civili, tutti, ma del loro diritto alla felicità, all’autodeterminazione, alla collettività, all’adrenalina». Finora la campagna della Fondazione Tetrabondi è stata rilanciata gratuitamente sulle testate e sulle radio del gruppo Gedi, e sul settimanale Internazionale.
