IL TANGO DELL’INTERCULTURA: UN REGALO DI NATALE DI MATEMÙ

Il Tango dell’Intercultura è il nuovo singolo del Centro MaTeMù. Il crowdfunding è aperto, per la realizzazione dell'album

Si chiama Il Tango dell’Intercultura, e dal titolo già ci piace. E la canzone è davvero bella. È il nuovo singolo del Centro MaTeMù, è appena uscito, pronto da scartare come un regalo di Natale. Racconta questo posto magico dove si incontrano ragazze e ragazzi da tutto il mondo, da tutti i quartieri di Roma, di tutte le estrazioni sociali. Tutti diversi e tutti ugualmente coinvolti in un tango fatto di arti, lingua e intercultura, giochi, studio e esplorazioni fuori e dentro di sé. Tutte e tutti alla ricerca del loro “demone”, quello che si muove dentro di noi, quello che ti scuote e ci fa sentire vivi, quello che abbiamo tutti: basta andarlo a cercare o semplicemente farlo emergere e l’arte può fare proprio questo. Tutti noi possiamo decidere di far parte di questo mondo: basta poco e questo singolo potrà avere un seguito e diventare un album.

 

Il crowdfunding è aperto e potete sostenere il progetto andando su questo sito

MaTeMù è il Centro Giovani e Scuola d’Arte che si trova nel Municipio Roma I, creato e gestito da CIES Onlus dal 2010. È un punto di incontro, di crescita artistica e culturale, di ascolto, aiuto, orientamento e divertimento. È un laboratorio di idee e iniziative, dove godere di spazi liberi per stare insieme e dar vita ad attività espressive, ludiche, di supporto scolastico, di aiuto nei momenti di difficoltà.

MaTeMù è completamente gratuito, organizza attività rivolte ad adolescenti e giovani, ma è anche uno spazio dove associazioni, singoli abitanti che vivono il quartiere da “cittadini attivi”, o artisti, possono trovare un punto di riferimento per incontrarsi e lavorare con e per i ragazzi o per la città. Ogni giorno ospita più di 60 tra ragazze e ragazzi, con più di 2000 utenti attivi dalla nascita del Centro.

La musica come conoscenza di sé

La musica è stata presente sin dal primo anno di Matemù, da 11 anni. «La scuola di musica è stata subito caratterizzata dalla possibilità di avere più discipline possibili, in modo che i ragazzi che venivano qui non fossero costretti a suonare un solo strumento: non fossero stati portati per la chitarra, avrebbero suonato la batteria, e così via», spiega Andrea Pantaleone, insegnante della scuola di musica e autore de Il Tango dell’Intercultura. «Abbiamo fatto in modo che la varietà disciplinare portasse meno frustrazione possibile nei ragazzi. È sempre stato un modo per stimolare la curiosità e per parare la possibile frustrazione a livello emotivo».

Foto dalla pagina Facebook di Matemù

Si tratta di molto di più del fatto di imparare a suonare uno strumento. «La musica è sempre stata usata come conoscenza di sé, come un mezzo per sperimentare i propri limiti», spiega il maestro. «La musica impone di iniziare quotidianamente dai limiti del giorno prima: contribuisce a formare il carattere, indipendentemente dall’età, e impone un limite che ridimensiona la visione generale. Il lavoro quotidiano è l’antidoto al “pago quindi pretendo”, che hai nelle scuole di musica.

La filosofia dello scardinare il “pago quindi pretendo” passa attraverso una gestione completamente orizzontale: la lezione si fa necessariamente in due, io ho il mio ruolo tu il tuo, ma io vengo qua e mi diverto». È per questo che a MaTeMù si segue una metodologia che Pantaleone ha trovato in orchestre come  Musicians For Human Rights e Musicians Without Borders. «È una metodologia ludica, dove si ride, dove si suona insieme, un metodo completamente esperienziale», spiega.

Gli allievi della scuola di musica vanno dai 9 ai 26 anni. E portano con sé tante storie. «La musica è un mezzo di conoscenza, per la persona e per la comunità, è un modo per fare relazioni», spiega Pantaleone. «Tra i ragazzi c’è chi è arrivato qui dai barconi, con la solita Odissea, e ora lavora alla Questura di Torino, come aiuto e supporto ai migranti. Molti dei miei allievi hanno intrapreso una carriera musicale da professionisti. Ma qual è lo strumento più gettonato? «Ovviamente la batteria… io sono un batterista», scherza Andrea. «Ma anche chitarra, canto, breakdance».

Da Bestiaccia a Il Tango dell’Intercultura

Sarà la musica che gira intorno, cantava Eugenio Finardi. E la musica di MaTeMù, fin dal primo anno, con la MaTeMusik Band ha girato per bellissimi e importanti teatri, dall’Ambra Jovinelli al Teatro Vascello fino al Teatro India, mettendo in scena ogni anno un nuovo spettacolo teatrale e musicale. «Il Tango dell’Intercultura è il nostro secondo singolo», racconta Panataleone. «C’è stato un primo singolo, Come te, che è nato per uno spettacolo che si chiama Bestiaccia, che, attraverso musica e testo, vuole andare a cercare non il male fuori, ma quello che abbiamo dentro, la bestiaccia che abbiamo dentro di noi. È un dialogo tra l’Io razionale e questa bestia. Tra gli autori delle musiche di bestiaccia c’è anche Carletto Conti».

Ora è il momento del secondo singolo, in attesa dell’album, Il Tango dell’Intercultura. «Il Tango dell’Intercultura nasce da un’esperienza fatta molti anni fa, con la primissima generazione dei ragazzi che è venuta a MaTeMù, e vedeva Roma come nemica. Allora io e Fabrizio Coresi, che ha scritto la poesia da cui è liberamente tratto il testo, ci siamo posti il problema di spiegare a un ragazzo che viene dal Pakistan come da qualsiasi altro posto che Roma è così per tutti. È sopravvivenza a prescindere. Non è nemica, ma è madre. L’Imperatore Claudio diceva: “anche tu eri sabino, anche tu eri gallo e ora siedi in senato, ora sei romano”. L’apertura che questa città ha nella sua natura un po’ è nascosta dall’ideologica fascista che si è accaparrata l’Impero, appropriandosene in maniera antistorica. Quello che chiediamo noi con il Tango è una legge sullo Ius Soli: a Roma non sono mai esistiti i meteci, quelli che in Grecia non avevano diritto alla vita politica. A quelli che si sentono dire “andatene a casa vostra” vogliamo dire “è questa casa vostra, da duemila e cento anni”. È per questo che abbiamo utilizzato il dialetto romanesco».

L’arrangiamento è nato da una questione di logistica. «Avevamo la possibilità di pagare un solo giorno di studio di registrazione e io ho detto: “possiamo registrare questa canzone in quattro”. Ho scelto un arrangiamento da club newyorchese, ho scelto la squadra e ho cercato di portare a casa il risultato».

 

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