ISRAELE – GAZA: A ESSERE SCONFITTI SONO I DIRITTI UMANI

L’escalation di violenza in Israele e a Gaza non ha precedenti: sono già migliaia le vittime civili da entrambe le parti e la situazione umanitaria è drammatica. Riccardo Noury: «Liberare subito e senza condizioni i civili presi in ostaggio e porre fine al blocco illegale di Gaza »

Le tensioni che da anni sono in atto tra Israele e Palestina sono deflagrate nella recente serie di rappresaglie che hanno riacceso un conflitto che sembra non avere fine. L’attuale escalation di violenza in Israele e a Gaza è senza precedenti: sono già migliaia le vittime civili da entrambe le parti e la situazione umanitaria è drammatica. È quello che denuncia Amnesty International. In una nota, infatti scrive: «Seguendo i nostri principi di imparzialità e indipendenza, stiamo monitorando le attività di tutte le parti in conflitto e continueremo a pubblicare le nostre indagini sulle violazioni dei diritti umani nell’area». Abbiamo quindi deciso di rivolgerci proprio ad Amnesty International per provare a spiegare, in maniera imparziale, alcuni punti chiave di questo conflitto. Perché, in questi casi, si rischia troppo facilmente di semplificare, di prendere una parte, di issare una bandiera, di diventare tifosi, e in quanto tale emotivi, e di non capire cosa c’è dietro una storia come questa. L’altro rischio è credere che in guerra sia permesso tutto, e che sia automatico che il conflitto porti brutalità. Una sorta di assuefazione al dolore e alle notizie. C’è invece un diritto internazionale umanitario che tutela i diritti umani. E sono proprio i diritti umani ad essere sconfitti in questo conflitto. Tra i report che arrivano da Amnesty International dalle zone di guerra sono stati verificati sei video di un attacco delle forze israeliane, avvenuto il 13 ottobre su Salah al-Deen, una strada che Israele aveva descritto come “sicura” per i civili in fuga dopo l’ordine dato loro di lasciare il nord di Gaza. Nell’attacco ci sono state vittime civili. E apprendiamo che si sta indagando sull’uso di proiettili al fosforo bianco a Gaza, incluso un attacco vicino a un hotel sulla spiaggia di Gaza City. Il Crisis Evidence Lab di Amnesty ha verificato che le unità militari israeliane impegnate nell’area sono equipaggiate con proiettili di questo tipo. Ne abbiamo parlato con Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

Massima priorità alla protezione della popolazione civile

Israele
Nella sua nota, Amnesty International dichiara che continuerà a fare pressione affinché le autorità israeliane e i gruppi armati palestinesi rispettino il diritto internazionale umanitario

Nella sua nota, Amnesty International dichiara che continuerà a fare pressione affinché le autorità israeliane e i gruppi armati palestinesi rispettino il diritto internazionale umanitario. In particolare si chiede ai gruppi armati palestinesi e alle autorità di Israele di dare la massima priorità alla protezione della popolazione civile. «Questo è un conflitto ancora più brutale dei precedenti, perché si basa su vendette contrapposte» ci spiega Riccardo Noury, portavoce Amnesty International Italia.  «La motivazione che ha dato Hamas per i suoi crimini di guerra è stata vendicare la propria nazione dei luoghi sacri. Subito dopo è scattata la rappresaglia di Israele. È evidente che non c’è alcun rispetto delle norme del diritto umanitario, che prevedono che i civili siano risparmiati dagli scontri. Invece abbiamo visto, da una parte e dell’altra, civili presi volutamente di mira, uccisi nel sud di Israele da parte di Hamas e altri gruppi armati palestinesi, in maniera celata, bombardati senza pietà dall’aviazione israeliana. E chissà cosa verrà dopo. La cosa preoccupante è che non c’è in vista alcun segnale che tutto questo si possa fermare».

Liberare immediatamente e senza condizioni tutti gli ostaggi civili

Amnesty International chiede inoltre a tutti i gruppi amati palestinesi di liberare immediatamente e senza condizioni tutti i civili presi in ostaggio. «Ci sono, secondo gli ultimi dati, quasi 200 ostaggi nelle mani di Hamas e degli altri gruppi armati palestinesi» conferma Noury. «È evidente: questo è stato un atto deliberato ed è altrettanto evidente che si tratti di un crimine di guerra, perché tra le varie regole di cui parlavamo prima c’è quella che i civili non devono essere oggetto di attacchi intenzionali, ma non devono neanche essere presi in ostaggio. La richiesta che abbiamo fatto da subito è stata quella di liberare tutti i civili israeliani in incolumità, per permettere tutte le cure mediche necessarie, e di farlo senza condizioni, cioè non porre il tema degli ostaggi in cambio di qualcosa. Vanno liberati, punto e basta».

Porre fine al blocco illegale di Gaza, in vigore da 16 anni

Ma tra le richieste presenti nell’appello di Amnesty International c’è anche la richiesta a Israele di porre fine al blocco illegale di Gaza, in vigore da 16 anni, e di porre fine agli attacchi illegali. E qui si entra nel cuore della questione, nella Storia recente. Ed è da questo che si capiscono molte cose. «Fatta la premessa, e l’abbiamo fatta, che entrambe le parti si stanno macchiando di crimini di guerra, mettiamo un punto e andiamo a capo» precisa Riccardo Noury. «E iniziamo a parlare delle cause di fondo e del contesto. È bene farlo da una prospettiva storica. Per quanto riguarda Gaza, questo blocco è stato istituito dopo che nel 2005 Israele si era ritirato dalla Striscia di Gaza, di fatto continuando ad avere questo ruolo di potenza occupante, come la descrive il diritto internazionale umanitario. Quindi questo blocco, che è stato istituito nel 2007, di fatto prevede Israele controlli via terra, via cielo e via mare non soltanto i movimenti della popolazione palestinese, ma anche l’ingresso di materiali essenziali. Che Israele sia una potenza occupante lo dice il fatto che gestisce a suo piacimento la fornitura di servizi essenziali come il carburante, l’elettricità, l’acqua, il cibo. E questo blocco ha creato una crisi umanitaria, nei precedenti sedici anni, di dimensioni notevoli che ora si è ulteriormente acuita. Quando è stato annunciato e poi posto in essere il blocco delle forniture di cose essenziali è evidente che la crisi umanitaria si è acuita: privare Gaza di elettricità vuol dire anche privare gli ospedali – già al collasso – della possibilità di operare».

 Rispetto senza compromessi del diritto internazionale

Amnesty International sollecita anche i leader dell’Unione europea a pretendere il rispetto senza compromessi del diritto internazionale e di attivare tutti i canali necessari per giungere ad un cessate il fuoco. E chiede alla Corte penale internazionale di accelerare i passi avanti nell’indagine aperta nel 2021 sulla situazione nello Stato di Palestina e di includervi i crimini recentemente commessi da tutte le parti in conflitto. «La Corte penale internazionale che ha avviato l’indagine nel 2021 e ha detto che riguarderà anche i crimini in corso ha un’efficacia determinata dalla volontà degli Stati leader della comunità internazionale» ci spiega il portavoce di Amnesty. «Quindi è il migliore organo di giustizia che abbiamo ma è anche quello che funziona o non funziona a seconda della volontà, della capacità di finanziarla, di appoggiarla politicamente da parte degli Stati». Ma è il discorso sull’Unione Europea ad essere più delicato. «Quello che abbiamo visto finora lascia molto preoccupati» afferma Noury. «L’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno di fronte a loro due opzioni opposte. O rafforzare il diritto internazionale umanitario chiedendo a tutte le parti in conflitto di applicarlo integralmente e condannando quando ciò non viene fatto. E stabilire che le vite umane valgono una quanto l’altra. Oppure l’opzione opposta: esprimere acriticamente il sostegno a Israele, usare standard per cui la vita di un israeliano vale molto di più della vita di un palestinese, prendere provvedimenti restrittivi nei confronti del diritto di protesta pacifica, come è avvenuto in Francia con il divieto di manifestazioni pro Palestina. A seconda dell’opzione che verrà presa, l’Unione Europea darà al mondo un messaggio molto chiaro: se intende stare dalla parte del diritto o di una delle parti in conflitto».

L’unica bandiera a cui ci dovremmo uniformare è quella della pace

Israele
Roma. Un’immagine da una manifestazione per la pace

L’associazione Ulaia ArteSud Odv conosce molto bene la questione ed è stata molto vicina al popolo palestinese, con una presenza assidua nei campi profughi in Libano. «Credo che non si possa dare un’opinione senza andare alle ragioni» ci ha spiegato la presidente, Olga Ambrosanio. «Io penso che non ci sia una soluzione militare a quello che è il problema. Ma non l’hanno capito nemmeno i contendenti. Non l’ha capito Hamas che ha agito in questo modo, non l’ha capito Israele che reagisce in un modo peggiore, non l’ha capito l’Occidente che si permette di esporre solo una bandiera sugli edifici istituzionali. Non lo capiscono i paesi arabi che festeggiano l’impresa di Hamas. L’unica bandiera a cui ci dovremmo uniformare tutti quanti è la pace. Cominciare a smetterla con un occhio per occhio dente per dente, che è quello che sta accadendo adesso: io faccio questo e c’è una reazione. Bisogna che ci si segga tutti quanti intono a un tavolo sgombrando il passato e arrivando a delle concessioni a entrambe le parti: Israele non può continuare a opprimere Gaza come ha fatto in questi anni» continua Olga Ambrosanio. «Ci sono ragazzi che sono nati lì e non sono mai usciti da questa prigione. Quello palestinese è un popolo oppresso, schiavo. Ce lo dice anche Francesca Albanese, Relatrice Speciale Onu sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi. Anche oggi assistiamo a una cosa assurda: si ordina a un popolo di Gaza City, un milione e cento persone di andarsene al sud per un corridoio umanitario che non esiste. Quella che è stata indicata come via di fuga è una strada, tutta acciottolata, non certo un corridoio umanitario. Israele deve smetterla con il suo pallino di pulizia etnica, perché è questo che sta facendo. Non può volere la sicurezza e continuare a opprimere un popolo in questo modo».

In copertina foto di hosny salah da Pixabay

 

 

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