PIERO FUSCO. MOMENTO FAVOREVOLE AL DIALOGO TRA PROFIT E NON PROFIT
Piero Fusco è intervenuto sui rapporti tra profit e non profit nel convegno CSV Lazio. «Per noi la sostenibilità è una leva di business fondamentale, ma è tutto il sistema economico che deve iniziare a partecipare in maniera attiva e determinante alle questioni sociali»
19 Giugno 2023
«Cattolica è storicamente attenta al mondo del volontariato e del Non Profit, realtà con oltre 360mila enti e circa 900mila dipendenti, che impegna oltre 5 milioni di volontari da Nord a Sud e che rappresenta il 5% del PIL italiano». A parlare è Piero Fusco, Responsabile Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore di Cattolica Assicurazioni (Gruppo Generali).
Piero Fusco, che ha portato la sua esperienza e il suo punto di vista all’interno della tavola rotonda sullo scambio di competenze e pratiche tra profit e non profit, nel convegno CSV Lazio di venerdì 16 giugno, ha lavorato nel settore finanziario ed energetico. Alla fine degli anni Novanta ha fatto una scelta di vita: diventare assicuratore per il mondo della Chiesa e del non profit, creando una società agenziale, insieme alla Winterthur, una compagnia svizzera, che si occupava solo ed esclusivamente di questo perimetro. Fusco ha sempre fatto volontariato e la sua scelta professionale è stata coerente con la sua storia personale. È poi approdato in Cattolica Assicurazioni, assumendo in seguito la guida della Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore.
Cattolica è da sempre vicina al mondo del volontariato e del non profit: è infatti l’unica società italiana con una business unit completamente dedicata…
«Proprio l’esperienza di questi anni mi ha dato l’opportunità di crescere del punto di vista professionale insieme ad un mondo che, nell’ultimo periodo, ha conosciuto una rapida evoluzione. La prerogativa è stata capire come relazionarsi con il variegato ambito del Non Profit e del Terzo Settore. Per farlo abbiamo deciso di partire dall’ascolto, che ha portato alla costruzione di un dialogo e di una relazione stabile e collaborativa. Per far questo, soprattutto dopo la Riforma del Codice del Terzo Settore, abbiamo pensato ad un’organizzazione diversa da quelle presenti in ogni altra azienda assicurativa o bancaria. Siamo infatti l’unica società assicurativa italiana dotata di una Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore: una direzione in grado di leggere molto bene le singole ed articolate esigenze assicurative espresse da questo mondo. Nella struttura operano persone in grado di curare le relazioni con questo mondo, operando sul territorio e restando in costante ascolto, cogliendo così le necessità espresse in termini di coperture assicurative, che vengono poi tradotte in soluzioni adeguate e distintive. Siamo quindi in grado di offrire un vero e proprio servizio di gestione dei sinistri, consulenza, formazione e informazioni per la gestione degli Enti, grazie all’expertise di professionisti qualificati. Abbiamo inoltre al nostro interno un Osservatorio recentemente rinnovato che può contare sui contributi dei massimi esperti in materia».
Tra gli effetti della Riforma del Terzo Settore, c’è l’obbligo per enti non profit e del Terzo settore di rispettare alcuni requisiti di professionalità, tra i quali l’assicurazione obbligatoria. Infatti al nuovo quadro normativo che ridisegna gli obblighi assicurativi sono soggetti i volontari operanti in tutti gli enti iscritti al Runts. Quale è la situazione attuale? È vero che il terzo settore risulta sotto assicurato?
«Possiamo dirlo. Proprio perché la Riforma del Terzo Settore introduce, tra le tante novità, anche la copertura obbligatoria per tutti i volontari, che prima era prevista solo per i volontari delle OdV. C’è stato sicuramente un cambio importante. La testimonia anche Il Non Profit in evoluzione, ricerca che Cattolica ha realizzato in collaborazione con il Cesen, Centro Studi sugli Enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, basata su un campione di 500 organizzazioni. L’indagine ha fotografato un Terzo Settore attraversato da una profonda trasformazione: quasi il 18% delle realtà potenzialmente soggette al Registro Unico del Terzo Settore non sono assicurate e non assicurano i loro volontari. Inoltre, la ricerca evidenzia una forte prevalenza delle sole coperture obbligatorie a favore dei volontari (Rc ed Infortuni/Malattia) ed una sottoassicurazione a protezione dei fabbisogni assicurativi degli Enti, ad esempio, solo il 4,5% è assicurato per il cyber risk, un rischio non banale per enti che registrano e conservano i nominativi dei propri volontari e che hanno quindi dati sensibili all’interno dei loro server. Il fatto che la Riforma preveda un obbligo assicurativo generico può rappresentare l’opportunità di offrire soluzioni assicurative che prevedano massimali, somme assicurate, garanzie personalizzate e calibrate sull’effettiva dimensione degli enti che, all’interno del Terzo Settore, rappresentano una moltitudine variegata per dimensioni, sfere di attività, personale impiegato».
Il convegno puntava anche ad accendere una luce sul volontariato in cambiamento e sull’emersione di nuove forme di attivismo che sono fuori dai dettami della Riforma. Vede in questo un problema? C’è una soluzione per quelle forme di volontariato non formalizzato che sono fuori dalla Riforma?
«Ho parlato di “volontariato liquido” nel 2016, in tempi non sospetti. All’epoca non era ancora un fenomeno così diffuso. Oggi si dice che su ogni 3 volontari organizzati 2 sono liquidi e non appartengono a un ente preciso. Proprio per rispondere a questa tendenza abbiamo voluto estendere la copertura RC del Capo famiglia anche ad attività di volontariato occasionale. La soluzione non può però essere solo di tipo assicurativo ma deve essere affrontata soprattutto da un punto di vista organizzativo. Basti pensare al coordinamento e alle questioni relative alla sicurezza dei tanti volontari che sempre più di frequente offrono il proprio contributo in occasioni di catastrofi naturali o nella gestione di grandi eventi e manifestazioni. Questi volontari incorrono negli stessi rischi, o forse maggiori, dei volontari strutturati poiché potrebbero non essere in grado di svolgere le loro attività in totale sicurezza in quanto non formati o addestrati».
Lei ha portato la sua esperienza nel panel dedicato ai rapporti tra profit e non profit nel convegno CSV Lazio di venerdì 16 giugno. Ecco, quali sono le potenzialità di una contaminazione?
«Credo che questo sia un momento storico favorevole al dialogo fra le realtà profit e quelle non profit. Da una parte perché, finalmente, le aziende profit – e noi siamo un esempio che spero possa contaminare altre aziende – iniziano ad aver bisogno di essere coinvolte in una progettazione sociale. Per noi la sostenibilità è una leva di business fondamentale, ma è tutto il sistema economico che deve iniziare a pensare di partecipare in maniera attiva e determinante alle questioni sociali. Dall’altra parte mi sembra, finalmente, che per effetto della Riforma, si cominci a parlare sempre di più di co-progettazione e co-programmazione e che, da parte degli enti di Terzo Settore, ci sia un’apertura al dialogo sempre più importante. Mi sembra sia arrivato il momento di fare un cammino insieme, per rendere servizi a quel mondo sempre più efficaci, più adatti a ciascuna attività che gli enti svolgono: dobbiamo lavorare in maniera chirurgica, essere bravi a rispondere a ogni attività che i 363mila enti svolgono per il sociale in Italia. Come società cerchiamo di portare la nostra esperienza, che ci rende protagonisti e presenti nei cambiamenti del mondo. Non a caso la BUERTS ha avviato il proprio Osservatorio Enti Religiosi e Non Profit che ci aiuta a leggere questi cambiamenti culturali e sociali».
Fondazione Cattolica si presenta come un ente che ha superato la logica dell’elargizione filantropica, scommettendo sulla generatività e sulla progettualità di impatto duraturo e sostenibile. Sono queste parole chiave di un più efficace rapporto tra profit e non profit?
«Vi racconto un’esperienza profit, la nostra. Come Business Unit Enti Religiosi e Terzo Settore abbiamo un tema identitario, che si declina su tre aspetti: stabilità, efficacia e gestione del rischio. Sono fortemente convinto che la gestione del rischio debba essere demandata necessariamente all’assicuratore in quanto può rendere un ente stabile ed efficace sia nella gestione degli aspetti normativi e giuridici, sia nella gestione delle proprie attività. Allo stesso modo la Fondazione, da ormai 12 anni, aiuta quegli enti che possono essere sostenibili nel tempo. A settembre dell’anno scorso abbiamo dato vita a un bando, Una mano a chi sostiene, che aveva prerogative importanti: che venissero votati direttamente dagli utenti e dai propri stakeholder i progetti ritenuti più validi. Le persone, basandosi sulla propria esperienza e conoscenza, hanno decretato i migliori progetti che poi sono stati premiati. Il sito www.cattolica.unamanoachisostiene.it ha ricevuto un milione di visite e 150mila voti. Ventisei enti hanno vinto una cifra fino a 20mila euro ciascuno. Con questo bando abbiamo anche voluto riattivare e riqualificare le comunità che, anche a causa della Pandemia, si erano un po’ perse».
A questo link l’intervista a Enrico Serpieri, che ha introdotto il primo world cafè, a questo l’intervista a Gianluca Cantisani, che ha introdotto il secondo. Qui l’intervista doppia ad Annalisa Casino e Monica Di Sisto, che hanno introdotto il terzo. Qui l’intervista a Rose Marie Scappin, che, insieme a Beatrice Tabacco, qui l’intervista, è intervenuta nel panel dedicato alle nuove forme di attivismo civico. Qui, invece, l’intervista a Mauro Del Barba, dedicata alle società benefit e al rapporto tra profit e non profit. Qui l’intervista a Franco Parasassi, che ha portato il suo contributo sui rapporti tra profit e non profit, e qui a Fabio Giglioni, sulla collaborazione tra associazioni e istituzioni. Qui l’intervista a Sisto Russo, intervenuto su volontariato in cambiamento e nuove forme di attivismo civico.