RIETI: CON IL PROGETTO DISAGRICOLA I RAGAZZI CON AUTISMO RITROVANO LE PROPRIE CAPACITÀ

Il progetto de Il Guazzabuglio e Autismo Lazio ruota attorno a una microfattoria didattica e un orto sociale. È stato premiato dalla Regione Lazio

Il progetto DISagricola nasce da Il Guazzabuglio ODV, organizzazione di volontariato di Rieti, che si occupa di emergenza alimentare, povertà e disabilità. È un progetto innovativo, realizzato grazie a una collaborazione attiva con il gruppo Autismo Lazio, che ha dato vita a un percorso molto speciale, dedicato ai giovani disabili adulti, pensato in modo da poterli inserire con attività socio educative in una microfattoria didattica con un orto sociale. I ragazzi così possono cimentarsi nella raccolta delle verdure e in quella delle olive, possono passare delle ore nella cura di Adelina e Fiorina, i due bovini ospiti del progetto. E hanno anche la possibilità di lavorare all’interno, con piccole serre idroponiche da tavolo, ove assistere alla crescita delle piantine dal seme al travaso.

Perché il progetto DISagricola

Il progetto DISagricola, che era già partito ed è stato rodato, ha poi partecipato a un bando e, vista la completezza e l’innovazione degli schemi proposti, è stato premiato dalla Regione Lazio che lo ha riconosciuto valido e vincente. Grazie al bando vinto, ora tutto sarà potenziato. E si potranno aiutare tutte quelle famiglie che non hanno la possibilità di inserire i loro figli in contesti dove si paga. «Ho scritto questo progetto per partecipare ai bandi regionali», ci ha spiegato Federica Paolucci, per tutti Nanina, presidente de Il Guazzabuglio. «Il progetto della microfattoria didattica era già in itinere, sono contornata da tanti volontari, tra i quali ragazzi diversamente abili e molto vulnerabili… Ho detto tra me e me: scriviamo questo progetto, qualcosa che riguardi il supporto alle disabilità. Di progetti per la disabilità ce ne sono tanti, ma qui non parliamo soltanto del solito laboratorio, di un doposcuola. Parliamo di impiegare socialmente i ragazzi con autismo ad alto e medio funzionamento, e qualche utente a basso funzionamento, in un progetto operativo in cui non ricevano soltanto nozioni o partecipino a percorsi socio-didattici, ma diventino parte integrante del progetto, cioè lavorino finché si realizzi qualcosa».

Nanina ha scelto il nome più semplice possibile per il suo progetto: parliamo di agricoltura e di disabilità. E così, ecco DISagricola.

 

progetto disagricolaL’innovazione: l’agricoltura idroponica

DISagricola è anche un progetto innovativo. Si è deciso infatti di puntare sull’agricoltura idroponica, un sistema di cui oggi si parla molto. «I nostri ragazzi, ovviamente, non possono essere messi a fare agricoltura estensiva», spiega Nanina. «Con il supporto di Autismo Lazio abbiamo realizzato un laboratorio al chiuso con delle microserre idroponiche. In questo modo i ragazzi lavorano seduti intorno al tavolo. Li aiutiamo a prendere il seme, metterlo nell’apposito piccolo contenitore, in cui c’è una torba particolare, infilarlo in queste piccole serre elettriche, dove questi piccoli semi vengono riscaldati dalle luci».

«La meraviglia è che, a un certo punto, dai semini spuntano dei germogli, allora tiriamo fuori queste nuove piantine e le mettiamo in vassoi grandi, nella terra normale, e aspettiamo che crescano, per poi essere messe nella terra vera e propria, quella del nostro orto sociale» continua. «È un percorso per ragazzi che non sono abituati a fare lavori manuali. Sono lavori riportati sul tavolo, ma che riprendono il lavoro che un agricoltore fa sul campo».

La cura degli animali

Accanto a questo lavoro al chiuso, Il Guazzabuglio ha aperto il cancello della sua fattoria a ragazzi diversamente abili. «Abbiamo 10mila metri di terreno, con più di 300 piante di ulivo, abbiamo un bovino grande, la madre, e un vitello, capre e pecore, che realizzano in piccolo un allevamento estensivo grande» , illustra Nanina. «Il disabile che viene in fattoria vuole avere un rapporto diretto con l’animale, per cui abbiamo scelto degli animali mansueti. Così dei ragazzi autistici, cosa davvero rara per loro, hanno toccato gli animali. Prima del lockdown, erano arrivati ad avere un rapporto diretto con gli animali».

Una rigenerazione psico-socio-fisica

In questo modo questi ragazzi fragili e portatori di gravi forme di disabilità trovano in DISagricola una possibilità di rigenerazione psico-socio-fisica. Si tratta di tante piccole cose. Dal leggero movimento all’impegno manuale ed intellettivo, cose che producono nel tempo effetti sorprendenti. È una sorta di risveglio generale dei sensi e delle capacità: anche se sono limitate vengono sollecitate e implementate. Per questo si parla di laboratori potenziati sperimentali. I benefici per i ragazzi con autismo sono grandi.

«Anni di cure, fatto con sacrifico e volontà dalle famiglie, non hanno lo stesso effetto della cura psicologica, aggiunta al percorso quotidiano, che fanno da noi», racconta Nanina. «Questo percorso eleva l’autostima di questi ragazzi, laddove ci siano delle capacità nascoste, il progetto DISagricola va a dissotterrare le qualità di questi ragazzi. Li chiamiamo laboratori potenziati attivi: non ci fermiamo all’evidenza, andiamo a stimolare quello che non vediamo».

 

progetto disagricolaLa storia di Matteo

E così da questi laboratori nascono tante storie, come quella di Matteo. «Quando è arrivato ci sembrava un ragazzo allegro: cantava, ballava, ma la cosa finiva lì», ricorda Federica Paolucci. «Gli abbiamo fatto indossare i guanti, gli abbiamo fatto mettere le mani nella terra. Lo abbiamo fatto anche sbagliare, distruggere le piantine: all’inizio era un disastro, diceva che non era capace di fare nulla. Ha continuato il suo percorso socio-sanitario, ha continuato il suo percorso psicologico, ha implementato percorsi quotidiani con noi. A fine progetto, Matteo era in grado prendere una griglia, riempirla di terra, piantare le sue piantine, annaffiarle, metterle a posto, ed è diventato completamente autonomo in una serie di passaggi».

La missione del progetto DISagricola è proprio questa. «Questo ascensore delle capacità individuali del soggetto ricevente è fondamentale», riflette Nanina. Le stesse famiglie ci hanno ringraziato: avevano figli che non riuscivano a mettere, in giochi semplici, cinque anelli di legno uno sull’altro e, dopo otto mesi, li hanno trovati che lavoravano nell’orto sociale, alimentavano animali in fattoria, piantavano piantine. Sono rimasti sorpresi».

Gli utenti fragili con pendenze penali

Ma l’integrazione e l’inclusione sociale non si fermano a questi aspetti. Nel progetto sono stati accolti anche utenti fragili, con pendenze penali, che tentano di riabilitarsi attraverso itinerari ad hoc di natura sociale. «Essendo convenzionati con il Tribunale di Rieti, abbiamo deciso di chiamare in fattoria persone che provengono da esperienze di detenzione e che abbiano voglia di rimettersi nel circuito sociale», spiega Nanina. «Diamo loro la possibilità di dire: fermi tutti… prima che mi condanniate o mi giudichiate voglio fare qualcosa per gli altri. E qui nasce questa commistione sociali tra operatori e utenti fragili, difficili, con un passato pesante».

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